Pubblichiamo da “Il Messaggero” l’intervista a Pier Ferdinando Casini.
Presidente Casini, Polverini ha fatto bene a dimettersi?
«E’ uno dei pochi presidenti che non ha un avviso di garanzia e come tale non aveva nessun obbligo di dimettersi, ma ne ha fatto un obbligo di dignità e di responsabilità. Questi atti in politica prima o poi danno ragione a chi li compie, anche se oggi comprendo l’amarezza per il commiato. La vita è lunga e se una persona è onesta e ha propositi limpidi e puliti, prima o poi riemerge».
Non pensa sia stata una decisione un po’ tardiva?
«Prima di lasciare ha fatto fare dei seri tagli ai costi della politica al Consiglio regionale. Poteva dimettersi un giorno o due prima, ma questo non cambiava molto».
Ha fallito una persona presa dalla società civile o hanno fallito i partiti?
«Sono stati i partiti ad aver fallito. La prima Repubblica aveva grandi partiti con costosi apparati ed è caduta proprio sulla critica a queste strutture. Un sistema che andava cambiato, ma ora siamo a dei partiti di plastica. Nella migliore delle ipotesi a partiti personali, nella peggiore a comitati d’affari. Oggi non facciamo lo sbaglio di venti anni fa e nel momento in cui si apre una nuova fase politica rendiamoci conto che senza partiti non si va da nessuna parte e non si seleziona classe dirigente».
Come se ne esce e come pensano i partiti di recuperare il discredito?
«Stabiliamo controlli rigorosi per i finanziamenti che i partiti usano. Diamo competenze alla Corte dei Conti e stabiliamo che servono statuti per regolare la democrazia interna, ma guai a ritenere che i partiti non servono. Nel Lazio, invece, i consiglieri rispondevano a mala pena a se stessi e hanno pensato che avessero licenza di razziare. Questa è stata la vergogna. Se io penso alla dignità di persone come Citaristi (tesoriere della Dc – ndr), penso che stiamo messi molto peggio di prima».
Fiorito ha già detto che si ricandida. Tra sei mesi si tornerà a votare, ci sarà il tempo per fare pulizia?
«Intanto dovrà trovare un partito che lo ricandidi, a meno che non faccia una lista propria. Chi lo farà sarà giudicato dagli elettori e pagherà un prezzo».
L’Udc nel Lazio governava con il Pdl. Pensate di riproporre l’intesa?
«Non è il momento per fare queste valutazioni. E’ chiaro che ci sarà un election day con il Comune di Roma e bisognerà fare una riflessione molto seria. Ritengo comunque che tra Regione e Comune è necessario un salto di qualità».
La Polverini ha detto che tutto è nato per una faida interna al Pdl. Il partito di Alfano è più in crisi a livello locale o nazionale?
«Il livello nazionale è anche la sommatoria di ciò che accade sul territorio e io mi auguro che ciò che è accaduto nel Lazio non si ripeta altrove altrimenti lo sbando di quel partito è completo. La Polverini è diventata il parafulmine delle contraddizioni interne al Pdl che si scaricavano tutte su di lei. La causa vera di questa sconfitta è stata quella di non avere un’interlocuzione seria a livello nazionale».
Colpa di Alfano o delle lobby locali?
«Non credo che Alfano possa essere chiamato a rispondere di una cosa che si è prodotta due anni e mezzo fa».
Si riferisce alla mancata lista del Pdl alle elezioni?
«Certo, quello è stato il vizio iniziale. L’assenza del Pdl ufficiale ha rappresentato sicuramente un problema. Ci sarebbero state in Consiglio ben altre persone di altro spessore. Inoltre, non dimentichiamo che la giunta ha fatto anche tante cose positive e mi riferisco all’impegno che gli assessori dell’Udc hanno messo in questi mesi. Forte e Ciocchetti hanno lavorato bene e io non ha nulla da rimproverare loro».
Ciò che è accaduto nel Lazio può mettere in crisi la convivenza all’interno del Pdl?
«Non lo so, non sono un esperto delle geografie interne al Pdl. Mi sembra però di poter dire che in questa vicenda Alfano si sia comportato in maniera ragionevole».
La Polverini ha detto di voler continuare il suo impegno in politica. Che cosa farà?
«Deciderà lei, ma certamente dalle elezioni anticipate non potrà che trarre nuovo giovamento e legittimità. Il gesto che ha compiuto ieri conferma che è una persona per bene e che non va confusa con le persone e i fatti vergognosi di questi giorni. Questo gesto restituisce l’onore politico a tanta gente che fa politica seriamente».
Non pensa che in questi anni ci si sia troppo concentrati sulla casta centrale dei parlamentari dimenticando quelle locali?
«E’ devastante il livello di sprechi che esiste nelle Regioni e non solo nel Lazio. Ricordo che quando tutti, intellettuali e giornalisti, facevano il peana al federalismo, noi siamo stati l’unico partito che ha votato contro in Parlamento denunciando quello che sarebbe capitato. Non c’è ancora il federalismo, ma abbiamo già il peggio».
Va rivista la riforma del titolo V della Costituzione?
«Assolutamente sì, ma non solo la riforma voluta dalla sinistra e dalla Lega. Anche i decreti del governo Berlusconi vanno riscritti. Fermiamoci fino a quando siamo in tempo».
Dovrebbe essere un impegno del nuovo governo?
«Penso che una riflessione vada fatta subito. Anche a fine legislatura. Abbiamo scassato lo Stato mettendo in piedi una pletora di organismi più burocratici dello Stato stesso. E questo ha determinato la proliferazione di un ceto politico impresentabile».
Potrebbe esserci un effetto a catena anche in altre Regioni?
«Se sprechi analoghi ci sono anche in altre Regioni, sarebbe meglio si cambiasse musica prendendo gli adeguati provvedimenti».
E’ d’accordo a mettere un tetto agli stipendi di consiglieri e governatori?
«Posso anche essere d’accordo, ma stiamo affrontando un altro problema. Nella vicenda del Lazio gli stipendi c’entrano poco, si tratta invece di fondi che dovevano essere destinati all’attività politica dei partiti e dei gruppi consiliari ed invece sono stati utilizzati come appropriazione indebita per le persone. Possiamo fissare tutti i tetti che vogliamo, ma se poi si usano soldi a scopi personali il problema resta. E’ per questo che alla Camera noi dell’Udc abbiamo lavorato affinché ci fosse la certificazione esterna dei bilanci».
Questa vicenda nuoce alla vostra richiesta di reintroduzione delle preferenze?
«Qui si tratta anche di persone messe nel listino. E comunque non vedo quali possano essere le conseguenze. Che facciamo, non si fa un’opera pubblica al Sud perché c’è la mafia o la camorra? Non possiamo andare avanti decidendo di legiferare sulla possibilità dei reati. Mettiamo un tetto alle spese, aumentiamo i controlli, ma non possiamo negare ai cittadini la possibilità di scegliere i parlamentari».