Tutte le armi in mano a Bce e Ue

BCE-UE 

La grave accelerazione della crisi del debito sovrano europeo impone l’attuazione da parte delle istituzioni europee di quello che i mercati amano chiamare «quick fix»: una soluzione efficace, immediata e definitiva, quel colpo di spugna che il potere di intervento illimitato della Bce sarebbe in grado di realizzare in stile quantitative easing per allontanare i rendimenti dei titoli di Stato spagnoli e italiani dalla soglia dell’insostenibilità e sgombrare il campo estivo dal rischio della richiesta di aiuto a Ue e Fmi da parte di Madrid o Roma.

Tornata la paura dell’uscita della Grecia dall’euro, i problemi della Spagna si sono avvitati: deficit sforato, recessione severa, maxi-ricapitalizzazione delle banche, regioni sull’orlo del default. Tutto questo alza la posta su risorse e tempi necessari per porre fine alla crisi. Di colpi in canna l’Europa ancora ne ha, tra Efsf/Esm e Bce: non tutti gli interventi potenziali però sono eccezionali per entità, efficienza e velocità.

L’Efsf, unico firewall operativo, può attivarsi in tempi strettissimi – ma solo su richiesta – con un salvataggio a tutto tondo oppure con lo scudo anti-spread cioè acquistando titoli di Stato su primario e/o secondario. Può operare a leva tramite speciali fondi di investimento Cif con l’ausilio di fondi sovrani e istituti come Cdp, Kfw e Cdc: per ora, lettera morta. Può anche erogare certificati di garanzia sui titoli di Stato collocati in asta per accollarsi il 20% della prima perdita nel caso di default: strumento rimasto chiuso nel cassetto.

L’Efsf ha ancora a disposizione 218 miliardi (440 – 192 impegnati per Grecia, Irlanda e Portogallo – 30 per le banche spagnole) oppure 148 (calcolando 100 miliardi per le banche spagnole). Queste risorse bastano per acquistare Bonos sul secondario e per sostituirsi alle aste spagnole residue 2012 sul medio-lungo termine stimate fino a 50 miliardi (27 miliardi di Bonos ancora da collocare, più 12 miliardi della linea di liquidità per le regioni scontando 6 miliardi dalle lotterie, più 10 miliardi per coprire l’extra deficit). Con l’arrivo dell’Esm a settembre, la potenza di fuoco dei firewall aumenta quest’anno di 200 miliardi (due quote di capitale paid-in dell’Esm) e a regime fino a un massimo complessivo di 700 miliardi: basta per il fabbisogno della Spagna fino a 300 miliardi per due anni e 450 per tre anni, stando a stime di mercato. Efsf e Esm non riescono a intervenire in maniera efficace e immediata con programma oppure con scudo su Spagna e Italia. Questo stallo si può sbloccare: un Consiglio europeo e un Eurogruppo convocati d’emergenza in agosto possono annunciare l’utilizzo dell’Esm come banca, azionando una potenzialità che è già prevista nello statuto del fondo, predisposto ma non attivato, spiegavano ieri fonti governative italiane. Dotando l’Esm di licenza bancaria o rendendolo idoneo come controparte dalla Bce, come è accaduto già per Bei e Kfw, il fondo avrebbe capacità di finanziamento presso la Bce e di intervento illimitata (limitata dal collaterale disponibile per partecipare ai rifinanziamenti dell’Eurosistema).

L’Efsf non è creditore privilegiato e questo piace ai mercati. Tuttavia i suoi bond/prestiti aumentano il debito pubblico degli stati garanti pro-quota e, in aggiunta, quello dello stato che chiede aiuto (indebitato direttamente con il fondo). Eurostat, l’ufficio statistico europeo, è orientato a evitare doppioni: se la Spagna dovesse rimanere garante dell’Efsf, il suo debito pubblico non salirebbe pro-quota nel caso di attivazione dello scudo o di programma (per evitare doppi conteggi). Resta tuttavia da chiarire cosa accade al debito dello Stato che chiede lo scudo solo sul secondario: il debito pubblico sale per gli acquisti in asta (che sono equivalenti a prestiti) ma non dovrebbe aumentare per gli acquisti sul secondario (quando la Bce ha acquistato BTp e Bonos, i debiti di questi Stati non sono saliti). L’Esm è in linea di principio creditore privilegiato: può rinunciare a questo status con lo scudo anti-spread, ma serve chiarezza e volontà politica.

La lentezza e la scarsità delle risorse dei firewall, privi di licenza bancaria e senza poter operare come controparti dell’Eurosistema, rimandano il «quick fix» alla Banca centrale europea. Già in occasione della riunione del 2 agosto, la Bce potrebbe abbassare i tassi dello 0,25% (per tagliare il costo del denaro a imprese e famiglie, anche se la cinghia di trasmissione della politica monetaria non funziona bene) e decidere di applicare un rendimento negativo alle deposit facilities (per iniettare nel sistema quella liquidità che resta parcheggiata).

Per comprare tempo, come ha già fatto lo scorso dicembre e febbraio, la Bce può allestire una terza operazione LTRO a tre anni oppure a cinque, per importo illimitato al tasso prevalente: questo finanziamento alimenta gli acquisti dei titoli di Stato in asta e sul secondario da parte delle banche sui rispettivi mercati domestici, un «Qe» (quantitative easing) indiretto. La Bce può decidere, con effetto immediato, l’ampliamento degli asset utilizzabili come collaterale: per allentare la stretta al credito e rilanciare l’economia. La Bce, oltre a operare come banca agente dei firewall negli acquisti dei titoli di Stato su primario e secondario, potrebbe accettare come controparte l’Esm: una brutta copia del “Qe”, ma quanto basta per spaventare la speculazione e mettere sul piatto le risorse necessarie per fissare e difendere un tetto ai rendimenti di BTp e Bonos.

 

 

Isabella Bufacchi, Il Sole 24 Ore

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