Stand by legge elettorale. Pressing Napolitano-Monti

Bersani-Alfano Schifani, accordo Abc o rischi per Monti 

La legge elettorale non può piegarsi a manovre di partito. A metterlo in chiaro è ancora Giorgio Napolitano che a distanza di un giorno torna ad alzare la voce chiedendo che su temi così delicati, come quello dello scioglimento delle Camere ci sia “la massima responsabilità” delle forze politiche. E rimarcando, a scanso di equivoci, che dal Colle non si è mai parlando di elezioni anticipate. Ma piuttosto occorrono massima cautela e responsabilità nell’affrontare una materia così delicata che non può piegarsi a posizioni di parte ed a manovre politiche, richiedendo valutazioni che spettano solo al presidente della Repubblica.

Un monito che il premier Mario Monti fa suo ribadendo la necessità che i partiti vadano avanti con la riforma e di pari passo “con la disciplina di rigore chiesta dall’Europa”. Con una precisazione: sarebbe lo scenario “peggiore” l’andare al voto, anche a maggio, senza una nuova legge.

Quindi l’avvertimento: “Se si arrivasse alle elezioni senza la riforma della legge elettorale in un clima di rissa tra partiti, la combinazione di queste cose darebbe ai cittadini italiani la sensazione che la politica ha fatto grandi sforzi per sostenere questo governo ma non ha fatto i compiti in casa propria nel senso delle riforme da fare”. Per Monti, se questo dovesse accadere, “i mercati internazionali sarebbero legittimati a nutrire scetticismo su quel che succederà dopo questo Governo”. E per questo si dovrebbe “seguire il monito del capo dello Stato a fare la riforma elettorale e a rendere esplicito l’impegno a voler proseguire con la disciplina di rigore indicata dall’Europa”.

Un pressing messo in atto dal Quirinale e dal Professore a cui si unisce anche Renato Schifani. Il presidente del Senato mette in guardia dal “rischio” che un mancato accordo “tra le forze che compongono la maggioranza possa avere ripercussioni sul governo”, ecco perché insiste per il raggiungimento di un’intesa “in Parlamento” e “non nelle segrete stanze” e, se occorre, il presidente di palazzo Madama ribadisce la necessità di andare avanti “anche a maggioranza”.

Ma le acque della politica sembrano ancora ferme e i tempi slittano ancora. Il comitato ristretto che oggi avrebbe dovuto affrontare oggi la questione al Senato è stato rinviato a domani mattina. In quella sede, come annunciato da giorni, il Pdl metterà sul tavolo un suo testo chiedendo agli altri partiti di fare altrettanto. I punti sono stati limati oggi nel corso di una lunga a riunione a via dell’Umiltà dove il vertice del partito ha messo nero su bianco i propri obiettivi: la reintroduzione delle preferenze per la scelta dei 2/3 dei candidati ed il restante con un listino bloccato ed il premio di maggioranza al 10% da assegnare al partito che ottiene più voti.

Su un binario parallelo però viaggiano i contatti tra gli sherpa che, senza sosta, continuano a trattare per trovare un’intesa, al momento lontana per le resistenze dei due partiti maggiori. Il problema principale, spiegano gli sherpa di Pd e Pdl, riguarda proprio l’assegnazione del premio alla coalizione o al partito vincente. Su questo punto sia Berlusconi che Bersani sembrano irremovibili. Il Pdl insiste sulla necessità che sia attribuito al partito che prende più voti, mentre il segretario del Pd è altrettanto fermo nella convinzione che vada assegnato alla coalizione. Insomma, gli incastri al momento non si trovano, ecco perché c’é molto scetticismo sull’esito della riunione di domani al Senato.

Testi condivisi non ce ne sono, al massimo spiegano dal Senato, si troverà un’intesa su un calendario con cui organizzare i lavori che dovrebbero entrare nel vivo da fine agosto. Gli emissari del Cavaliere avrebbero rassicurato il resto dei partiti sulle intenzione dell’ex capo del governo di non ostacolare il cammino della riforma. Quello che l’ex premier chiede però è che ci sia più tempo per la trattativa. Strategia che cela la necessità del Cavaliere di continuare a prendere del tempo non avendo ancora le idee ben chiare sul futuro. Al momento Berlusconi frena all’ipotesi di un voto anticipato anche se, spiegano ex ministri pidiellini, l’ipotesi di una fine anticipata della legislatura continua ad entrare nei colloqui dell’ex premier con diversi parlamentari a cui l’ex capo del governo. Chi in realtà continua ad essere convinto che un accordo sia stato già raggiunto è il leader dell’Idv Antonio Di Pietro: “Si tratta di un patto segreto – spiega – riservato e criminale per mettere fuori dal Parlamento i partiti che non si sono adeguati a questa maggioranza”. Va all’attacco anche Beppe Grillo che dalle colonne del suo blog propone un “referendum” con cui i cittadini possano scegliere il sistema con cui andare a votare. Un invito ad abbassare i toni invece arriva dal leader Udc Pier Ferdiando Casini che fa appello a Pd e Pdl affinché si “ammainino le bandiere per trovare un’intesa comune”.

 

Yasmin Inangiray, Ansa

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