Dai farmaci venduti in sovradosaggio ai ricoveri prolungati senza motivo, sono tante le voci di spesa della sanità che si potrebbero ridurre.
È una delle voci di spesa più alte e, troppo spesso, anche quella in cui si riscontra il maggior numero di sprechi. La sanità sembra essere un buco nero per le finanze pubbliche, ma basterebbe applicare qualche accorgimento in più e controlli più rigidi per risparmiare anche ingenti cifre di denaro.
Ricoveri. Degenze troppo lunghe anche per interventi che richiedono ricoveri di pochi giorni: così le spese pubbliche lievitano a dismisura. “Nella ‘fiorente’ Lombardia dove tutto sembra funzioni a meraviglia – racconta Fabio Papi – mia mamma, chiamata dopo otto mesi di attesa per un semplice intervento chirurgico all’anca è stata ricoverata in ospedale il 30 gennaio 2012 e, anziché essere operata il giorno dopo (dovrebbe essere la regola), è stata operata il 10 febbraio. 12 giorni di degenza al costo di … boh moltiplicato per chissa quanti casi…”. A problemi e denunce simili a questa si aggiungo le riflessioni di chi, per esperienza diretta, racconta di sprechi legati a rigidi protocolli. “Quando una persona è in coma o quando sta per morire, come mio fratello – si chiede Francesco Papaleo -, a cosa serve portare il pranzo o la cena? Questo non è spreco?”.
Farmaci e ausilii. Medicinali troppo costosi e venduti in confezioni troppo grandi rispetto alle prescrizioni mediche, ausili forniti in quantità eccessive e poi getteti via senza essere usati. Rigo Bedoni scrive: “Chi ha la sfortuna di avere un parente che ha bisogno di pannoloni perché è incontinente si sarà reso conto della montagna di materiale fornito in sovrapiù. E se si osa dire di volerne di meno, si rischia di non riceverne proprio più. Credo che dietro ci sia l’interesse di chi fa gli acquisti per l’Usl”. Intere confezioni di farmaci costosissimi finiscono nella spazzatura e non basta chiederne di meno per evitare lo spreco, racconta Rosalba Crosetto: “Mi sono dovuta sottoporre a 21 cicli di chemioterapia dopo un intervento per eliminare un carcinoma. Ad ogni seduta la ASL (parlo di Torino) mi forniva un nutrito corredo di farmaci costosissimi che dovevano aiutarmi a combattere gli effetti collaterali della chemio. Parlo di 3-400.000 delle vecchie lire a confezione. Sacrosanto, certamente. Però, per mia grande fortuna, non ho avuto praticamente nessun effetto collaterale e di conseguenza credo di aver usato un paio di pastiglie su centinaia e centinaia che me ne sono state date. Ad ogni chemio io arrivavo con le mie scatole intonse e pregavo di non averne altre, ma la prassi era quella e bisognava seguirla. Mi sono ritrovata a fine trattamento con un bauletto pieno di medicinali mai utilizzati, che l’oncologa che mi aveva in cura non ha voluto indietro, non potevano riprenderli, per un valore complessivo credo di almeno una decina di milioni che a tempo debito sono finiti nei cassonetti dei farmaci scaduti. Oltretutto si trattava di medicine molto particolari che non potevo riciclare, regalandole ad amici e parenti come fossero stati antidolorifici o antibiotici da tenere di scorta in casa. Una cosa scandalosa”.
Etichette e tessere sanitarie. Centinaia di etichette vengono stampate insieme ai ricettari, per consentire ai medici di coprire i nomi dei pazienti e tutelarne la privacy. Ma quasi mai vengono utilizzate. Ci sono poi le tessere magnetiche, che vengono rinnovate a scadenze regolari, anche se i dati restano sempre gli stessi. Possono sembrare piccole gocce nel mare degli sprechi, ma forse il risparmio potrebbe iniziare proprio da lì. È il suggerimento di Fausto Felli, medico di base: “Ritengo che i micro sprechi, essendo numerosissimi, abbiano dignità anch’essi – scrive nella mail -. Sono un medico di famiglia: insieme ai ricettari riceviamo pacchi di etichette adesive originariamente destinate a coprire il nome del malato sulla ricetta per proteggere la privacy del paziente che va in farmacia. Queste etichette vanno regolarmente nei rifiuti. Non so calcolare l’ammontare di tale spreco, ma voglio tuttavia segnalarlo”.
Laura Boi, invece, punta l’attenzione sulle tessere sanitarie: “Le nuove tessere sanitarie/codice fiscale in plastica scadono ogni 10 anni per motivi ignoti – osserva -. Infatti le informazioni in esse contenute non dovrebbero scadere: il codice fiscale nasce e muore con la persona a cui è associato e il numero di tessera sanitaria dovrebbe variare solo se si cambia regione. Essendo dotate di banda magnetica, l’unico motivo per cui andrebbero sostituite è il deterioramento di quest’ultima. La banda magnetica però, di fatto non è utilizzata. Le farmacie infatti, leggono il codice a barre riportato sulla tessera. Al momento non mi risulta esistano altre informazioni memorizzate e utilizzate su tale tesserino che potrebbe essere riemesso solo in caso di necessità effettiva evitando il costo delle tesserine e la relativa spedizione a domicilio”.
PIERA MATTEUCCI, La Repubblica