Il ministro della Giustizia Paola Severino ha replicato duramente alle polemiche sollevate alla Camera dalla Lega e da settori del Pdl sul ddl per la messa alla prova e le misure alternative al carcere.
«Signor Presidente, devo dire che assistendo ieri alla gran parte del dibattito che si è svolto e avendo letto i resoconti della seconda parte del dibattito, quella dalla quale mi sono dovuta assentare per impegni ai quali non potevo sottrarmi (ma seguendo il dibattito attraverso il resoconto puntuale che mi è stato fatto), mi sembrava di assistere ad un déjà vu; infatti esattamente le stesse considerazioni …
… esattamente lo stesso senso di catastrofismo erano emersi in alcuni settori del Parlamento quando venne approvata la legge poi ribattezzata «salvacarceri», quella che prevedeva l’istituzione delle «porte girevoli» e l’allungamento dei tempi per la concessione degli arresti domiciliari.
Bene, sono passati un bel po’ di mesi dall’entrata in vigore di quella legge e, come era prevedibile (ma era prevedibile non perché qualcuno di noi abbia la sfera di cristallo e altri non ce l’abbiano, era prevedibile per il meccanismo di quella legge), nessun elemento ci può portare a ritenere che le persone che non sono entrate in carcere in virtù di quel provvedimento o le persone che hanno avuto gli arresti domiciliari negli ultimi 18 mesi di pena da scontare abbiano commesso quei delitti che dovrebbero provocare quel grande allarme sociale di cui si parlava in quella prima discussione.
Allora, forse questo primo elemento dovrebbe indurre a qualche ragionamento, perché quel primo provvedimento rappresentava la prima tappa di un progetto, completo, che il Governo aveva già in mente fin dal gennaio dello scorso anno e al quale ha dato puntualmente seguito con altri due provvedimenti, quelli relativi al mantenimento del piano carceri, dunque alla edificazione di altre carceri. E mi dispiace che oggi non ci sia chi diceva che il problema dell’affollamento carcerario si risolve costruendo altre carceri, perché è esattamente quello che abbiamo fatto insieme ad altre misure, la terza delle quali è quella di cui stiamo parlando oggi, che non è – come qualcuno ha detto – il segno del fallimento della politica del Governo in materia di sovraffollamento carcerario, è il segno della linearità che il Governo ha avuto in questa materia, proseguendo sulla stessa linea, quella che chiamerei la terza puntata.
Un provvedimento che è diventato la terza puntata, badate bene, soltanto perché è stato calendarizzato più tardi degli altri. È dal gennaio di quest’anno che ho chiesto la calendarizzazione di questo provvedimento. Siamo arrivati alla soglia di dicembre e ancora siamo nell’Aula della Camera e dobbiamo passare all’Aula del Senato. Tutto questo certo non significa che questo provvedimento, come si è voluto dire, sia il segnale del fallimento della linea del Governo. La linea del Governo è stata sempre questa e oggi si dovrebbe completare, spero, con il voto del Parlamento, con questo importante completamento che segue esattamente la stessa logica del primo provvedimento salva carceri. Già da ieri, forse, si sarebbe potuti intervenire. Non l’ho voluto fare e non ho chiesto al sottosegretario di farlo perché credo sempre nella pienezza del dibattito parlamentare. Credo che tutte le voci debbano essere ascoltate perché tutte le voci devono contribuire a formate un’idea, ma se si dicono delle cose che non trovano corrispondenza nel provvedimento è bene anche che queste cose vengano corrette.
Allora, dibattito sì, però i necessari chiarimenti che ci sono stati chiesti e, come vedete, siamo prontissimi a darli. Infatti, questo è un Governo nel quale la risposta al Parlamento è sempre pronta. Se avete dei dubbi chiamateci e saremo pronti a venire a rispondere. Se rispondo questa mattina e non ieri è semplicemente perché avevo, come ho già detto, un impegno al quale non potevo sottrarmi. Uno dei temi più discussi nella giornata ieri è stato il tema del braccialetto. In realtà, l’onorevole Mantovano, a conclusione della giornata, ha posto tre questioni: esecuzione della pena nei confronti dei cittadini stranieri, tema dello stato dell’arte in materia di braccialetto elettronico e questione degli organici di polizia. Siamo qui pronti a rispondere a tutte e tre le questioni ed anche alle altre che sono state sollevate.
Intanto, vorrei dire che quello dei braccialetti è solo una parte del problema di questo provvedimento, ma lo vorrei affrontare subito, perché non c’è nessuna remora nel rispondere. Vorrei partire dalla applicazione del braccialetto e dalla individuazione, con voi, dei motivi per i quali il braccialetto viene poco applicato. Ho chiesto anche alla Ministro Cancellieri di intervenire e la ringrazio della sua immediata disponibilità, perché il tema del braccialetto è un tema condiviso tra Ministero dell’interno e Ministero della giustizia. Il Ministero dell’interno, come molti di voi sanno, è competente per la stipula delle convenzioni e, quindi, per la gestione del braccialetto e questo ha una sua logica, che è una logica che risale al lontano 2001, se non sbaglio. Non è certo una novità introdotta da questo Governo. Fin dal 2001 si ritenne che, poiché il braccialetto rappresentava un mezzo di controllo che poteva dare un certo sollievo alla Polizia di Stato, potesse essere un mezzo utilmente acquisibile attraverso una convenzione da parte del Ministero dell’interno. Tutto qui il tema della divisione, poi, naturalmente, poiché il braccialetto, come istituto che si lega ad altri istituti di alleggerimento carcerario, viene in qualche modo a riverberare i propri effetti sul Ministero della giustizia, perché viene adottato dai magistrati, vi è una residuale competenza del Ministero della giustizia.
E, allora, fatta questa distinzione, credo che il tema sul quale il Ministro della giustizia può rispondere sia quello di cercare di comprendere perché pochi braccialetti vengano usati.
Di comprendere, ma non certo di risolvere il problema in maniera impositiva, perché la scelta del braccialetto è una scelta discrezionale del magistrato. È il magistrato che deve valutare se ritiene quella persona socialmente più o meno pericolosa e idonea ad indossare il braccialetto. È inutile che ci neghiamo che vi sia stata una certa diffidenza nei confronti di questo mezzo, diffidenza certamente non ispirata da motivi riferibili a questo Ministro o al Ministro dell’interno: riferibili alla magistratura, che ha ritenuto di fare prevalente ricorso a mezzi tradizionali di controllo, fors’anche perché lo sviluppo tecnico del braccialetto non era arrivato ad una fase di sufficiente garanzia. E di questo stavamo discutendo con il Ministro dell’interno in questi giorni. Se vogliamo che il braccialetto venga maggiormente utilizzato, noi dobbiamo sviluppare l’aspetto tecnico, la discussione tecnica tra di noi, per poter garantire consapevolmente, come sempre facciamo, che si tratta di un mezzo il cui funzionamento può essere efficace.
Ora, con l’ultima convenzione, come poi vi dirà il Ministro dell’interno, è stato aumentato il numero dei braccialetti dotati di GPS e noi stiamo sperimentando questo numero di braccialetti dotati di GPS per vedere se possono efficacemente produrre dei risultati di controllo, perché a queste condizioni noi ce la sentiremmo di invogliare, suggerire maggiormente ai magistrati di utilizzarlo. Ma sempre di un suggerimento si tratterebbe, non certo di un’imposizione, i cui effetti possano essere fatti ricadere o fatti valere a favore o contro il comportamento del Ministro e del Ministero della giustizia.
D’altra parte, la norma, quella richiamata anche dall’attuale provvedimento, è una norma che esiste nel codice di procedura penale. Noi non abbiamo inventato nulla di nuovo, non abbiamo introdotto nulla di nuovo con questo provvedimento. Abbiamo semplicemente richiamato l’articolo 275-bis del codice di procedura penale, che prevede oggi, in relazione agli arresti domiciliari, la possibilità dell’uso del braccialetto elettronico. Tutto qui. Tutto qui, onorevoli parlamentari: una norma che esiste già nel nostro codice, alla quale noi abbiamo aggiunto qualcosa però e anzi dobbiamo sottolineare qualcosa. Infatti, nel richiamare quella norma in questo provvedimento, si è attribuita, in sede di esercizio della delega, la possibilità di contemplare, anche in questi casi che noi abbiamo individuato, di preclusione di arresto domiciliare, l’uso di mezzi elettronici o di altri strumenti tecnici di controllo.
Dunque, noi abbiamo uno strumentario vario con il quale operare, uno strumentario che non si riduce al solo braccialetto elettronico, che è solo una delle possibilità. Allora, introdurre questo tema come se fosse il tema di questo provvedimento è certamente fuorviante, perché il tema richiamato dall’attuale norma è semplicemente un richiamo ad una norma del codice di procedura penale in vigore, di cui mi pare nessuno abbia invocato l’abolizione, e rispetto alla quale noi abbiamo implementato anzi gli altri possibili mezzi di controllo ai quali si può eventualmente ricorrere. E non escludiamo che ulteriori miglioramenti tecnici e che il ricorso ad altri strumenti di controllo possano comunque contribuire all’efficacia di questo provvedimento.
L’altro tema che era stato posto riguardava l’esecuzione della pena nei confronti di cittadini stranieri negli Stati di appartenenza.
Vi devo dire che io ritengo di rispondere a tutto, anche se non comprendo la stretta inerenza del tema con quello di questo provvedimento, tuttavia, siccome il Ministro della giustizia deve essere sempre pronto a rispondere dei suoi atti, rispondo anche di questo.
Come è a voi noto, la convenzione base su cui si deve fare riferimento è quella di Strasburgo del 1983, che è stata firmata da 68 Paesi. Come è, peraltro, parimenti noto, l’esecutività del trasferimento del condannato richiede tre consensi: quello dello Stato dal quale parte il condannato, quello dello Stato nel quale va il condannato e quello del condannato stesso. Se si verificano questi tre consensi, naturalmente, lo straniero andrà nel suo Paese, ma noi non possiamo certo violare una convenzione e mandare la gente nel proprio Paese, se non vi è il consenso. Anche perché vi è una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che ci sanzionerebbe se noi mandassimo detenuti stranieri a ricevere un trattamento peggiorativo nel loro Stato di origine. Dunque, mi pare che il problema sia chiarissimo, ed è un problema rispetto al quale l’Italia, nel frattempo, ha anche firmato delle convenzioni bilaterali – Albania e Romania – per consentire il trasferimento del condannato, ma, ovviamente, alle stesse condizioni alle quali sono sottoposti tutti i trasferimenti di stranieri.
Ancora. Qualcuno ha parlato, ieri, di amnistia strisciante. Bene, che non sia amnistia strisciante lo dimostrano vari fatti. Innanzitutto, che l’onorevole Bernardini, che giustamente è sempre molto attenta a questo tema, lamenta, invece, che si tratti di un tema ad effetto limitato. Dal suo punto di vista, ha perfettamente ragione: questo è un provvedimento che vale soltanto per coloro per i quali un giudice riterrà non presente la pericolosità sociale. Quindi, parlare di amnistia strisciante è tecnicamente scorretto, perché l’amnistia è un provvedimento che riguarda tutti e non consente selezioni da parte del giudice (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Non solo. Ribadisco che si tratta di un provvedimento che viene assunto da un magistrato. Ieri, sentivo dire da qualcuno: io non vorrei che dovessi vedere fuori tutte le persone che ho contribuito a mettere in carcere. Io non so se questo accadrà con riferimento a quelle singole persone; io so soltanto che questo provvedimento prevede un doppio vaglio da parte del giudice: un primo vaglio nel momento in cui il giudice decide che tipo di misura applicare e un secondo vaglio di non pericolosità nel momento in cui la misura deve essere applicata. Quindi, non solo gli elementi dell’articolo 133, che sono già, comunque, completissimi, perché riguardano l’antefatto, il fatto e il post fatto, ma anche gli elementi dedotti dal comportamento e dalla personalità del reo. Ma quale garanzia in più possiamo dare? È un provvedimento discrezionale, un provvedimento che viene assunto dal giudice sulla base di tutti questi elementi, e noi continuiamo a considerarlo o a discuterne come se si trattasse di un provvedimento che, automaticamente, apre le porte del carcere indifferenziatamente a chiunque. Allora, io credo che questo vada detto e vada ribadito, perché l’opinione pubblica e l’intero Parlamento vanno informati di come è questo provvedimento e di cosa vuole.
Si diceva ancora che questo provvedimento è stato dovuto al fatto che l’altro provvedimento, il «salva carceri», era fallito e che non abbiamo costruito posti di edilizia penitenziaria. Bene, per dire queste cose occorrono i numeri. Ho già detto quale era la strategia originaria del Governo e come sia stata mantenuta, ma adesso riporto anche i numeri, perché anche sui numeri bisogna dire cose esatte.
Il totale di detenuti al 30 novembre 2011, cioè nel momento in cui il Ministero della giustizia ha varato il provvedimento cosiddetto «salva carceri», era di 68.047 unità; il totale dei detenuti al 31 ottobre 2012 è pari a 60.687 detenuti. Allora, la diminuzione c’è stata. Io ho sentito parlare addirittura, ieri, di aumento del sovraffollamento carcerario. Semplicemente, non è vero: i numeri lo dimostrano. E volendo scorporare questi numeri, vi aggiungerò che il numero dei detenuti usciti dagli istituti ex lege n. 199 del 2010 e n. 9 del 2012, quindi congiungendo il provvedimento Alfano con quello di questo Governo, è stato di 8.363 unità, nel passaggio dai dodici ai diciotto mesi di detenzione finale. Dopodiché, per le porte girevoli, la detenzione nei limiti di tre giorni grazie alla legge è passata da quasi il 27 per cento nel 2009, al 13 per cento al 31 ottobre 2012: dunque il fenomeno si è dimezzato. Se considerate questo un fallimento, non lo so, mi sembra che i numeri parlino abbastanza chiaro.
Per quanto riguarda il piano carceri – e lo sapete perché è una costante di questo Governo tenervi informati di come evolve la situazione del piano carceri, lo facciamo costantemente, periodicamente, ad ogni risposta ad interrogazioni – esso prevede 11.700 posti, vale a dire 2.273 in più rispetto al piano carceri originario e nonostante 228 milioni di euro in meno rispetto agli stanziamenti originari del piano straordinario. I nuovi posti di piano carceri già disponibili al 31 dicembre 2012 sono 2.150, mentre 3.300 saranno disponibili il 31 dicembre 2013 e 6.250 al 31 dicembre 2014. Se anche questo vi sembra un fallimento, ditelo, ma ditelo con questi numeri, tenendo presente questi numeri. Allora, non è stato un fallimento quel provvedimento, non ha causato un’elevazione della criminalità rispetto ai reati per i quali è intervenuto. Questo di oggi, dunque, non è la pezza a colore messa ad un fallimento: è la terza tappa ed è sempre nella linea di quel provvedimento.
Qualcuno ieri mi diceva: che fa, Ministro, sta ad occhi bassi mentre noi parliamo? Sì, sto ad occhi bassi, non perché mi vergogni di questo provvedimento, ma perché è mia abitudine seguire il dibattito leggendo il provvedimento ed è quello che dovrebbero fare tutti quando commentano un provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro per il Terzo Polo). Mano a mano che arrivavano certe considerazioni, io andavo cercando nel provvedimento se vi fosse corrispondenza o meno con quello che veniva detto e ad un certo punto ho incominciato a prendere appunti. Ecco perché non guardavo più le persone che parlavano: ascoltavo e prendevo appunti. E nel prendere appunti, mi sono resa conto che andavano chiarite alcune cose, che forse non erano state abbastanza chiaramente esplicitate e, quindi, sarà stata certamente colpa di chi non ha illustrato preventivamente il provvedimento.
Avrei potuto farlo anch’io e forse, oggi, avremmo tutti quanti maggiore completezza di cognizione. Poi ognuno prenderà le sue decisioni, ma partendo da una base: e cioè che questo provvedimento è tutto strutturato intorno a reati – poi ne esaminerò qualcuno – che hanno, come pena massima, la pena di quattro anni e per i quali la decisione sulle modalità è assolutamente discrezionale ed è del giudice, con gli elementi che vi ho detto. E comunque è una misura detentiva, perché non manda la gente per strada, come è stato detto; è una misura detentiva domiciliare, che offre un’alternativa al carcere solo per coloro per i quali il giudice ritenga che il carcere non sia la migliore delle misure possibili.
Ma nessuno andrà per strada con questo provvedimento! Allora, partiamo da questo e vediamo quali erronei riferimenti sono stati fatti a norme che non hanno la pena inferiore a quattro anni. Primo erroneo riferimento: corruzione per un atto d’ufficio; ricordo che, ai sensi della normativa vigente, articolo 318 del codice penale, la corruzione per l’esercizio della funzione è punita con una pena da uno a cinque anni, dunque non rientra in questo provvedimento. Secondo: il riferimento al furto in abitazione e al furto con strappo; ricordo a me stessa e a tutti voi che sono puniti con una pena da uno a sei anni e quindi non c’entrano con questo provvedimento. Ancora, erroneo riferimento ai reati tributari; la pena va da un anno e sei mesi a sei anni, non rientra in questo provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Futuro e Libertà per il Terzo Polo).
Veniamo alla pornografia minorile; l’articolo 600-ter contempla sei ipotesi di pornografia minorile, tutte fuori da questo provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Futuro e Libertà per il Terzo Polo). Vi rientra soltanto una ipotesi, quella della cessione gratuita di una immagine di pornografia minorile, che è l’ipotesi minoritaria; basterà questa, ma basterà anche al giudice per decidere se ritiene che per questo reato e per le modalità con cui è stato commesso non debba essere concessa la detenzione domiciliare ma debba essere dato il carcere; il giudice vedrà se si è trattata di una cessione unica, di una cessione casuale oppure riterrà che quella persona deve scontare il carcere.
Questo vuol dire discrezionalità, questo vuol dire fare una selezione di norme che, naturalmente, va fatta con un tetto limite di carattere preventivo; infatti preventivamente è il legislatore, siete voi che avete deciso che i reati da uno a quattro anni sono meno gravi degli altri; non solo, ma siete voi che avete deciso che per i reati da uno a tre anni, come quello di cui vi ho parlato, pornografia minorile, nessuno andrà in carcere perché sono previste tali e tante di quelle misure alternative che, credetemi, non vedrete mai nessuno in carcere per quel singolo reato punito da uno a tre anni del quale sto parlando che è un reato che non piace a nessuno di noi, è un reato che è fortemente immorale, ma rispetto al quale voi sapete che già esistono delle leggi che consentono di non andare in carcere, perché per pene da uno a tre anni, oggi, in Italia, il carcere non lo sconta nessuno. E allora, non è questo un provvedimento che toglie la certezza della pena, questo è un provvedimento che si adagia su un tessuto di norme preesistente e che è stato confezionato e consolidato da anni.
Ancora, ed infine, perché non vorrei distogliervi dai compiti estremamente importanti che oggi avete da svolgere, è stato sollevato il problema del turnover. Anche qui non so che inerenza abbia con il provvedimento però voglio rispondere anche a questa questione relativa al turnover delle forze di polizia, in relazione all’esigenza di disporre di maggiori risorse di personale. Sa la Ministro Cancellieri quanto abbiamo discusso, quanto stiamo soffrendo e combattendo perché questo problema arrivi alla giusta soluzione. Devo sottolineare che rispetto alle originarie previsioni contenute nel decreto-legge n. 95 del 2012 di revisione della spesa, la Camera dei deputati in sede di approvazione del disegno di legge di stabilità per il 2013 ha modificato le originarie percentuali di assunzioni, incrementandole dal 20 al 50 per cento per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e fino al 70 per cento per l’anno 2015 prevedendo, a tal fine, l’istituzione di un apposito fondo presso il Ministero dell’economia e delle finanze. La suddetta modifica consentirà all’amministrazione di fronteggiare, negli anni a venire, le prime necessità connesse a questa materia.
Dunque non solo l’impegno del Governo c’è stato, non solo abbiamo discusso per giorni e giorni della possibilità di incrementare il turnover delle Forze armate ponendoci un problema che è di noi tutti, il problema della sicurezza sociale, ma dovendolo anche coniugare con le difficoltà e la crisi economica del nostro Paese e mi pare che le nostre insistenze siano arrivate comunque ad un risultato, compatibilmente, certo, con quello che si può fare. Era il massimo che si potesse fare, ma l’abbiamo ottenuto e abbiamo insistito perché avvenisse.
Infine, fra le altre misure destinate ad alleviare le difficoltà connesse al sovraffollamento delle carceri ed a consentire l’applicazione di detenuti ad attività lavorative, c’è stato l’inserimento, sempre nella legge di stabilità, del rifinanziamento della legge Smuraglia. Qualcuno ha parlato ieri dei lavori socialmente utili e del fatto che a volte sembrano come porre nella libera disponibilità di alcuni un lavoro che sarebbe ambito da altri. Bene, sul lavoro socialmente utile noi siamo stati attentissimi a selezionare solo lavori che nessun altro voleva fare e a dare una tessera ad ore che chiunque non sia detenuto può chiedere, ed è stato un successo straordinario. I detenuti sono andati a pulire gli argini dei fiumi, quelli che da anni non si pulivano, facendo lavori socialmente utili retribuiti ad una paga disponibile per chiunque altro volesse fare quello stesso lavoro. Dunque non hanno rubato lavoro a nessuno (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Futuro e Libertà per il Terzo Polo). Hanno lavorato in maniera utile per la società e la stessa cosa avverrà con il rifinanziamento della legge Smuraglia, perché vedete, i conti che noi abbiamo fatto istituendo una seria commissione di studio sulla recidiva ci dicono che il detenuto che lavora è un investimento per il Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro per il Terzo Polo e Futuro e Libertà per il Terzo Polo) perché impara a lavorare, si reinserisce nella società e la recidiva, misurata in altri Paesi, sapete a quanto scende? Al 2 per cento. Allora ecco perché questo, è una parte di un piano intero organico che cerca di eliminare il sovraffollamento carcerario non con una misura o un episodico intervento, ma con una serie di interventi che hanno tutti una loro razionalità. Sono interventi che non vogliano creare pericolo sociale e scusate, dimenticavo una cosa, sono interventi che possono essere assunti soltanto previa consultazione della persona offesa, ricordatevelo questo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Popolo della Libertà)! Ricordatevi quando citate le norme che non dovrebbero essere qui dentro perché le persone offese non le vorrebbero, le persone offese vengano consultate dal magistrato prima di applicare questi provvedimenti. Ecco perché io ero con gli occhi bassi, perché mentre si parlava e leggevo queste cose dicevo: ma stiamo parlando di due cose diverse? Quello che leggo qui è quello che sto sentendo dire?
Allora io credo che la mia presenza qui oggi spero sia stata utile semplicemente perché ha dato una lettura di quello che c’è nel provvedimento e l’ha inquadrato in una più ampia cornice che è quella di tutti i provvedimenti del Governo in materia di detenzione carceraria, che sono tutti ispirati allo stesso principio: sfollare le carceri, creare delle alternative, abbattere la recidiva. Questi sono i tre punti per i quali io continuerò a battermi perché li reputo punti di giustizia sociale per tutti, per i colpevoli e per le vittime (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Partito Democratico, Unione di Centro per il Terzo Polo e Futuro e Libertà per il Terzo Polo).
Camera dei Deputati, 29novembre 2012