Quei pochi articoli che hanno riportato la Protezione civile ai tempi dei Savoia

Alessandra Arachi, del Corriere della Sera, spiega i cambiamenti contentuti nel milleproroghe di un anno fa che hanno trascinato giù dal podio internazionale la Protezione civile italiana.

Non per niente la macchina degli aiuti ha impiegato otto giorni a mettersi in moto quando è naufragata la Costa concordia nella tragedia dell’isola del Giglio.

 

 

Pochi articoli infilati nel decreto Milleproroghe di un anno fa. E la Protezione civile è precipitata ai tempi del terremoto di Casamicciola. Roba di fine Ottocento. Roba di quando era il re a vistare le spese delle emergenze.

Adesso, dopo la legge 10 del 2011, le spese le vistano il ministero dell’ Economia e la Corte dei Conti. Ma la lunghezza burocratica è rimasta invariata. Adesso i tempi per le emergenze sono diventati biblici.

Prendiamo il caso della nave affondata al Giglio, per farci un’ idea. In gennaio il sindaco del Giglio ha dovuto rivolgersi al presidente della regione Toscana, che si è rivolto al presidente del consiglio chiedendo di dichiarare lo stato di emergenza. Il presidente del consiglio si è rivolto al sottosegretario Antonio Catricalà che ha investito il capo del dipartimento della Protezione civile Franco Gabrielli che ha scritto l’ ordinanza e ha dovuto sottoporla al vaglio del ministero dell’ Economia e della Corte dei Conti. Avuto l’ ok, Gabrielli ha potuto avere anche la nomina a commissario per l’ emergenza. Nel frattempo erano passati otto giorni.

E prima della legge 10? Ai tempi di Bertolaso non ci sarebbe stata nessuna trafila. Intanto perché con l’ ultimo governo Berlusconi Guido Bertolaso aveva avuto la delega permanente dal presidente del consiglio e quindi il presidente della Toscana si sarebbe potuto rivolgere direttamente a lui, senza passare da palazzo Chigi. E poi perché senza la legge 10 il capo della Protezione civile avrebbe potuto rendere operativa l’ ordinanza (e dunque anche la sua nomina) senza dover render conto a nessuno.

Per capire: non sappiamo quanto ci avrebbe messo Bertolaso a diventare commissario straordinario per coordinare i soccorsi della nave del Giglio. Ma sappiamo quanto ci mise a diventarlo per il terremoto dell’ Aquila del 6 aprile del 2009: una manciata di ore, durante la notte. E adesso con queste bufere di neve che succede? Con queste tempeste bianche la legge 10 è andata a colpire dritta nei portafogli dei governatori. Nessuna delle regioni coinvolte ha infatti chiesto lo stato di emergenza nazionale.

Nessuna ha voluto aumentare il prezzo della benzina o le tasse regionali, come la legge 10 prevede. E come fece invece la regione Marche lo scorso anno, quando in marzo venne travolta dall’ alluvione: fu la prima regione a sperimentare la legge 10. Il governatore Gian Mario Spacca decise di aumentare la benzina, sperando di recuperare i soldi dal fondo nazionale di Protezione civile. Inutilmente. Perché in quel fondo sembrerebbero rimasti al più pochi centesimi.

Ma torniamo alla neve: senza la proclamazione di stato di emergenza non è stato possibile attivare alcun coordinamento nazionale di protezione civile. Un po’ un cane che si morde la coda, di questa legge 10 che ha messo mano soltanto alla legge 225 del 1992 (quella che istituì la Protezione civile) senza toccare minimamente quell’ altra legge, la 401, quella che nel 2001 riorganizzò la protezione civile. Con quella legge venne abolita l’ Agenzia di Protezione civile (istituita appena due anni prima dalla legge 300) e venne introdotto quel comma (il comma 5 dell’ articolo 5 bis) che tanto ha fatto parlare in questi mesi: i grandi eventi nelle mani dirette della Protezione civile. È rimasto intatto.

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