di Giulia Mantini, Adelaide, Australia
Proteggere la biodiversità, conservare a purezza delle specie native, tutelare la flora e la fauna locali, le comunità ecologiche e i luoghi del patrimonio culturale.
Questi gli obbiettivi del “Environmental Protection and Biodiversity Conservation Act 1999 (legge EPBC)”, base fondamentale della legislazione ambientale del governo australiano. Questi e tanti altri. La legge EPBC,infatti, focalizza l’attenzione su un punto di notevole importanza per l’Australian Governing Council: il mantenimento e la protezione della biodiversità locale.
L’Australia, affiancata solo dall’Alaska e da qualche piccolo stato d’America, sembra infatti essere tra i più rigidi a proposito delle norme che regolano la tutela ambientale.
È per questo che varcare i confini australiani per un viaggiatore proveniente da oltreoceano non è poi così facile. La stessa legge EPBC si pronuncia in modo irremovibile sul controllo dei movimenti internazionali di piante, animali e di qualsiasi prodotto da questi derivato. L’obbiettivo è quello di non contaminare la fauna selvatica, potenzialmente minacciata dal commercio internazionale. Pellicce, medicinali, prodotti alimentari e persino la suola sporca di una scarpa chiusa in valigia o nel bagaglio a mano destano sospetto.
Sempre per lo stesso motivo ieri il 31 luglio 2012, nei pressi di Adelaide, capitale dello stato del South Australia, più di venti serpenti sono stati soppressi dalle autorità statali. «Erano Bredli pitoni incorciati con pitoni Coastal-Carpet» – spiega Sonya Nicholls, direttrice della Fauna Permits Unit del Dipartimento ambientale – «Ibridi e quindi pericolosi».
In un momento come questo, in cui il nostro Pianeta sembra essere abbandonato a se stesso e i problemi dell’ecologia mondiale sono alle stelle, è in un certo senso rassicurante sapere che non tutti hanno “gettato la spugna” e che territori come l’Australia mantengano un così forte interesse verso la questione e manifestino la loro preoccupazione per la “purezza” della razza dei pitoni.
Ma fino a che punto tutta questa rigidità è davvero garante della tutela della biodiversità, nel rispetto di tutte le forme di esseri viventi? fino a chge punto sarà sostenibile in un pianeta che in meno di cinquant’anni ha raddoppiato gli esseri di “razza umana” fino a 7 miliardi di persone?
Eppure il rispetto delle biodiversità farebbe assai bene anche alla sovrabbondante specie umana. È un principio di civiltà, di rispetto dell’essere vivente, di democrazia.
L’umanità sarebbe migliore se nel mondo vincessero i principi del “modello australiano”, ma certo senza dover ricorrere alla … pena di morte.