Proposta di parere dell’On. De Micheli sull’atto del Governo nr.327

 

l’abrogazione della legge 27 dicembre 1977, n. 1084, di ratifica della Convenzione internazionale sul contratto di viaggio (CCV), prevista dal combinato disposto degli articoli 3 e 34 dell’allegato I del provvedimento in esame, comporterebbe una grave lacuna legislativa in tema di disciplina dei contratti di viaggio e, in particolare, in materia di ripartizione delle rispettive responsabilità tra il venditore e l’organizzatore del viaggio (agenzie di viaggi e tour operator), con la conseguenza di esporre questi ultimi ad una responsabilità illimitata;

nell’allegato I, Titolo I Capo I, l’articolo 3, che si occupa del turismo accessibile risulta vago e generico, come rileva anche il Consiglio di Stato «essendo stata la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità già recepita e non disponendo la norma in esame di alcun concreto precetto ad eccezione della promozione della fattiva collaborazione», e che dovrebbero essere assicurati strumenti di effettiva tutela dei diritti delle persone disabili nei casi in cui la Convenzione non sia rispettata, prevedendo altresì che le tutele siano previste anche per le persone temporaneamente afflitte da mobilità ridotta;

al Capo II, l’articolo 4 riporta una definizione generica di “impresa turistica”, che non consente di avviare un’attiva politica di settore diretta al sostegno dei prodotti turistici che si vogliono rilanciare e sviluppare, in considerazione soprattutto della scarsa disponibilità di risorse pubbliche, che richiede invece un’analitica individuazione delle imprese beneficiarie;

resterebbero pertanto esclusi una serie di servizi che devono essere contemplati perché contribuiscono a completare il quadro del prodotto turistico nazionale, e che gli scarsi benefici di cui il settore gode, stando all’impianto del decreto in esame, saranno destinati solo alle imprese esplicitamente contemplate, ossia quelle della ricettività e dell’intermediazione, che concorrono solo in parte alla formazione del prodotto turistico;

il decreto ha la pretesa di assurgere a “Codice del turismo”, ma non si spiega la ratio in base alla quale, pur disciplinando nel dettaglio specifici settori del turismo, non vi è alcun riferimento al “turismo balneare” e a tutte le imprese e le strutture turistico-ricreative che lo costituiscono;

gli stabilimenti balneari ricoprono un ruolo rilevante e specifico nel comparto turistico e, pertanto, devono essere nuovamente introdotti nella definizione di impresa turistica. Si tratta di un settore fondamentale del nostro turismo che necessita di una disciplina chiara e puntuale, assolutamente assente in questo codice e che non può essere ricondotta alla generica e vuota espressione “turismo del mare”, riportata al titolo III e non corredata da disposizioni che consentano di individuare regole, soggetti e contenuti, lasciando spazio a molteplici interpretazioni foriere di incertezza e confusione;

manca un richiamo esplicito al settore della ristorazione e a quelli ad esso strettamente collegati, oltre ai settori dell’intrattenimento, e che sarebbe dunque auspicabile introdurre un’esplicita disciplina di classificazione dei pubblici esercizi allo scopo di fornire ai turisti la possibilità di una preventiva valutazione dei singoli segmenti di offerta idonei all’effettuazione di scelte funzionali alle proprie esigenze;

l’articolo 5 del Capo II, rubricato sotto la dizione “imprese turistiche senza scopo di lucro”, a differenza dell’attuale disciplina (articolo 7, comma 9 della legge n. 135 del 2001 e legge n. 1084 del 1977) che si vuole abrogare, non prevede l’obbligo per le stesse di uniformarsi a tutti gli oneri cui, invece, sono soggette le imprese turistiche, relativi alle agenzie di viaggio, all’obbligo assicurativo, ai requisiti professionali, e così via;

ciò determinerebbe gravi conseguenze, quali, la violazione delle garanzie di sicurezza e della qualità del servizio poste a tutela del turista, nonché concorrenza sleale. Sotto quest’ultimo profilo, infatti, la mancata definizione di questa tipologia di impresa e, comunque la mancata previsione della soggezione alle medesime regole e condizioni cui sono sottoposte le imprese turistiche che operano in regime ordinario, comporterebbe per le associazioni che operano come imprese turistiche senza scopo di lucro il godimento dei benefici di cui all’articolo 4, comma 2 (agevolazioni, sovvenzioni, contributi, eccetera);

il Titolo II, Capo I, che riguarda le professioni turistiche, si concentra esclusivamente sulle guide turistiche e sui maestri di sci e guide alpine, lasciando aperta una serie di dubbi sul destino di tutte le altre professioni turistiche, visto che l’articolo 3 del decreto in esame sopprime l’intera legge n. 135 del 2001, con la sola esclusione dell’articolo 6 relativo al Fondo di cofinanziamento dell’offerta turistica;

in particolare gli articoli 7 e 8, introducendo misure di liberalizzazione per le professioni di guide turistiche ed accompagnatori turistici, sembrano ignorare la delega legislativa prevista dall’articolo 10 della legge comunitaria 2010 (atto Camera n. 4059), in discussione alla Camera dei deputati, e diretta al riordino della professione di guida turistica, con particolare riferimento ai titoli e requisiti per il suo esercizio, con l’inevitabile rischio di generare un conflitto tra norme e confusione in sede di applicazione;

la legge comunitaria appare, infatti, la sede più opportuna per dettare una disciplina organica della professione di guida turistica, finalità che necessita di un provvedimento a sé stante, nel quale siano affrontati tutti i molteplici aspetti che ineriscono alla professione in esame, considerando altresì che lo stesso Consiglio di Stato ha rilevato la superfluità di tali disposizioni in quanto potrebbero “essere fonte di equivoci”;

il decreto non reca traccia di politiche del lavoro e di misure a tutela delle risorse umane impegnate nel settore, se si esclude, all’articolo 10 del capo II, dedicato al mercato del lavoro, la disciplina dei percorsi formativi finalizzati all’inserimento lavorativo nel settore turistico di giovani diplomati e laureati;

tra i soggetti deputati alla realizzazione di tali percorsi non figurano le associazioni di categoria e gli operatori del settore che, invece, potrebbero dare un contributo fondamentale in termini di know how e di conoscenza pratica e diretta del mercato;

la classificazione e le definizioni delle strutture ricettive, contenute nel capo III, in tema di mercato del turismo, generano confusione e incertezza interpretativa, nonché problemi anche in termini di elusione fiscale e di concorrenza sleale, laddove è prevista una nuova categoria di struttura ricettiva denominata “paralberghiera”, mai disciplinata in Italia e non contemplata in nessun altro Paese europeo;

la mancanza di una precisa definizione non consente di individuare tale fattispecie e di fissare criteri di demarcazione tra l’una e l’altra categoria, sovrapponendosi inoltre all’attuale definizione di struttura “extralberghiera”;

nella suddetta classificazione figura anche la specifica tipologia del “B&B organizzato in forma imprenditoriale”, che non viene definita in modo preciso, omissione che non consente l’individuazione precisa di tale ambito come accade peraltro per la classificazione inerente le “case per ferie” e le “foresterie per turisti”;

al Titolo III, Capo I, quanto alle “Strutture ricettive ed altre forme di ricettività”, l’articolo 13 in attuazione della disciplina recata dagli articoli 6 e 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 ottobre 2008 istituisce un sistema di rating su base nazionale, associabile alle stelle per la misurazione della qualità dei servizi che viene tuttavia lasciato alla buona volontà degli imprenditori senza peraltro prevedere alcun incentivo alle imprese per avviare concretamente il sistema che dovrebbe consentire al turista una maggiore consapevolezza nell’operare scelte adeguate alle proprie esigenze e alle proprie disponibilità economiche;

proprio allo scopo di realizzare una effettiva semplificazione, per le attività ricettive, si poteva cogliere l’occasione di introdurre la previsione di un’unica licenza che comprenda la somministrazione di alimenti e bevande e la fornitura di altri servizi connessi all’attività principale;

al Titolo III, Capo III gli articoli 19 e 20 richiamano la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) di cui all’art. 19 della legge 241/1990, e lo Sportello unico per le attività produttive, di cui all’art. 38 del D.L. 112/2008, che intervenendo senza disciplinare espressamente le fattispecie concernenti aspetti specifici e peculiari della segnalazione di inizio attività in ambito turistico, ingenera ulteriore confusione;

sull’articolo 19, il Consiglio di Stato ha mosso, peraltro, numerosi rilievi, ritenendo in particolare che tale articolo possa creare un modello ulteriore e specifico di SCIA in materia di strutture turistico ricettive che non appare completamente in linea con la disciplina contenuta nell’art. 19 della L. 241/1990 e che, sovrapponendosi ad esso, finisca per contrastare le finalità di semplificazione normativa;

al titolo IV, Capo I, l’articolo 22 prevede per le agenzie di viaggio e turismo un generico obbligo di assicurazione, determinando, ancora una volta, incertezza e confusione per l’impossibilità di individuare precisi criteri giuridici che definiscano, in concreto, tale obbligo, essendo all’uopo insufficiente l’aggettivo “congrue”, unico riferimento normativo reperibile nel corpo della disposizione, peraltro giuridicamente indeterminabile e astratto;

al Titolo V, Capo I, l’articolo 25 prevede la realizzazione, a sostegno dell’immagine turistica dell’Italia, di circuiti nazionali di eccellenza che corrispondono a contesti turistici omogenei, e di itinerari tematici, entrambi da definirsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con vari Ministeri e d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, misura già contemplata anche dall’articolo 1, comma 1228, della legge n. 296 del 2006, modificata dall’articolo 18 della legge n. 69 del 2009 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), sovrapponendo altresì tale norma a quella relativa ai sistemi turistici locali previsti dalla legge n. 135 del 2001;

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