I giovani senza casa e la legge (bloccata). Dovrebbe far decollare gli investimenti del fondo di Cdp per un piano di edilizia sociale per giovani, coppie e meno abbienti
Lo stallo. A spese dei giovani, dei meno abbienti. In sostanza, del Paese. E’ la metafora più efficace per descrivere l’inusuale stop a un decreto governativo del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Bloccato – pare – da mille rivoli (e controlli) della burocrazia statale, nonostante l’ok della presidenza del Consiglio dei ministri a luglio scorso.
Invischiato tra i pareri e le responsabilità delle amministrazioni centrali, che sembra non vogliano accarezzare l’idea (suggestiva) di far decollare l’housing sociale anche nel nostro Paese, in cui il mercato libero immobiliare è in caduta clamorosa (-26% di compravendite nell’ultimo trimestre, ultimi dati dell’Agenzia del Territorio), data l’inerzia delle banche nel concedere mutui a famiglie con redditi/possibilità economiche in contrazione.
LA COPERTURA – Certo, serve la copertura contabile, e i passaggi in Ragioneria dello Stato e il controllo preventivo della Corte dei Conti, configurano il tradizionale sistema di pesi e contrappesi. Eppure non è contento Giuseppe Guzzetti, presidente di Acri (l’associazione in rappresentanza delle fondazioni bancarie) e numero uno di fondazione Cariplo, che qualche tempo fa sul Corriere della Sera ha parlato di «un’incredibile occasione persa da parte del governo, con circa due miliardi di euro di investimenti da sbloccare e i 20mila-30mila alloggi da offrire in affitto a prezzi vantaggiosi». Ai giovani, soprattutto. E ai meno abbienti, con specifici requisiti reddituali/patrimoniali secondo l’universale coefficiente Isee.
VOLANO PER L’OCCUPAZIONE – Non solo. Sbloccare questo decreto avrebbe anche un effetto-leva sul comparto edilizio, in crisi profondissima con 300mila posti di lavoro persi negli ultimi 5 anni e le imprese edili che muoiono come funghi. Sostiene Paolo Buzzetti a Corriere.it, presidente Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili), la necessità di «un vasto programma di edilizia sociale sulla falsariga del piano Fanfani degli anni ’50, come rilevato mercoledì dal vice-ministro alle Infrastrutture, Mario Ciaccia, in un evento pubblico». «C’è una scarsissima offerta di affitti a canone calmierato per i giovani – aggiunge Buzzetti – e le banche concedono mutui ormai con il contagocce per il costo della raccolta gravato da tassi d’interesse superiori ad altri Paesi, dato l’alto rischio-Italia»
IL QUADRO EUROPEO – Eppure nonostante la platea di illustri sostenitori di un decreto già controfirmato da Monti resta la sensazione d’impotenza quando si confronta l’esperienza italiana a quella di altri Paesi europei, dove questo settore pesa per circa il 20% (Inghilterra e Francia) e 30% (Danimarca e Olanda) del mercato, mentre da noi resta appesa alla vitalità di fondazione Cariplo e del suo presidente Guzzetti. E soprattutto alle risorse del Fondo della sgr Investimenti di Cassa Depositi e Prestiti (compartecipato da banche, assicurazioni e dalle casse previdenziali dei professionisti) che opera come sistema integrato dei fondi, ripartendo a cascata gli investimenti in 16 fondi locali.
LE DELIBERE – Per ora la sgr costituita ad hoc dal braccio operativo del ministro del Tesoro, contenitore della raccolta postale degli italiani, ha assunto per conto del Fondo Investimenti per l’Abitare una decina di delibere di investimenti preliminari (per un montante di circa 520 milioni di euro) ed ha approvato le delibere definitive di (soli) 68 progetti immobiliari in tutto il Paese, per un controvalore di 276 milioni di euro. Briciole, anche a causa del tetto del 40% finora imposto al Fondo di Cassa Depositi e Prestiti alla partecipazione a fondi locali di social housing, di fatto bypassato da questo decreto che aveva l’obiettivo di far decollare queste iniziative all’interno del Piano Città, in una sorta di cabina di regia con i comuni.
LA FORMULA – Ma cos’è l’housing sociale? E’ quella formula che consente di realizzare alloggi e servizi per coloro che non riescono a soddisfare il proprio bisogno abitativo. E alla quale associa progetti di tipo sociale, con lo scopo di far nascere comunità e sviluppare l’integrazione. Una sorta di edilizia low cost, che però si differenzia dall’edilizia popolare pura per la sua declinazione in chiave welfare. Un esempio? S’immagini un condominio in cui il collante sociale è garantito da una serie di servizi legati alla cura della persona (dalla baby sitter per i bambini alla badante per gli anziani), in cui gli affittuari/condomini possano persino aiutarsi l’un l’altro offrendo servizi legati alla cura della persona. Fanta-società? Per ora è di certo un fanta-decreto. A spese del futuro dei giovani e della coesione sociale.
Fabio Savelli, Corriere della Sera