La Camera dei deputati ha approvato definitivamente una proposta di legge che favorisce la parità di genere nei consigli comunali.
Il 13 novembre 2012 la Camera ha approvato definitivamente la proposta di legge A.C. 3466-B volta a promuovere la parità effettiva di donne e uomini nell’accesso alle cariche elettive e ai pubblici uffici delle autonomie territoriali.
In particolare, il provvedimento introduce nella legislazione elettorale dei consigli comunali con popolazione superiore ai 5.000 abitanti e dei consigli circoscrizionali, due misure rilevanti: una quota di lista, in virtù della quale nessuno dei due sessi può essere rappresentato nelle liste in misura superiore ai due terzi dei candidati; la c.d. doppia preferenza di genere, ossia la possibilità di esprimere due preferenze per i candidati a consigliere comunale: una per un candidato di sesso maschile e l’altra per un candidato di sesso femminile della stessa lista. In caso di mancato rispetto della disposizione, si prevede l’annullamento della seconda preferenza.
Per quanto riguarda le giunte degli enti locali ed i consigli regionali, non sono previste singole misure, ma è fissato il principio per cui l’atto di nomina o la legge elettorale regionale devono garantire la presenza di entrambi i sessi.
La proposta di legge introduce, inoltre, disposizioni in materia di comunicazione politica e di parità nelle commissioni di concorso per l’accesso al lavoro nelle pubbliche amministrazioni.
La proposta ha origine da alcuni progetti di legge, di cui uno di iniziativa governativa, approvati dalla Camera in prima lettura l’8 maggio 2012. Il 10 ottobre 2012 il Senato ha approvato la proposta di legge (A.S. 3290) con alcune modifiche e pertanto il testo ritornato all’esame della Camera in seconda lettura. Una prima modifica apportata dal Senato consiste nella estensione dell’obbligo della presenza di entrambi i sessi, oltre che nelle giunte, anche negli organi collegiali non elettivi del comune della provincia nonché degli enti, aziende ed istituzioni da essi dipendenti. La seconda modifica riguarda le conseguenze, nei comuni con popolazione compresa fra 5.000 e 15.000 abitanti, della presentazione di una lista elettorale in cui un genere è rappresentato in misura superiore a due terzi in contrasto con le disposizioni del nuovo comma 3-bis dell’art. 71 TUEL. Il testo approvato dalla Camera prevedeva che, in tal caso, la Commissione elettorale provvedesse a cancellare i nomi dei candidati del genere sovrarappresentato, iniziando dall’ultimo della lista; qualora, dopo tale operazione, il numero dei candidati rimasti in lista fosse risultato inferiore a quello minimo prescritto, la lista sarebbe stata ricusata. Nel testo del Senato viene meno la sanzione della ricusazione della lista, prevedendosi invece che la riduzione della lista non può, in ogni caso determinare un numero di candidati inferiore al minimo prescritto per l’ammissione della lista.
Per quanto riguarda la disciplina dei partiti, l’Assemblea della Camera, nell’ambito della proposta di legge approvata definitivamente il 5 luglio 2012 (legge n. 96 del 2012), in materia di finanziamento dei partiti e movimenti politici ha introdotto un emendamento (em. 1.212, Amici ed altri), in base al quale i contributi pubblici spettanti a ciascun partito o movimento politico sono diminuiti del 5 per cento qualora il partito o il movimento politico abbia presentato nel complesso dei candidati ad esso riconducibili per l’elezione dell’assemblea di riferimento un numero di candidati del medesimo genere superiore ai due terzi del totale, con arrotondamento all’unità superiore.
Parallelamente, prosegue presso la Commissione affari costituzionali della Camera l’esame di alcune proposte di legge finalizzate ad introdurre una disciplina organica dei partiti politici, in attuazione dell’articolo 49 della Costituzione. Alcune di queste prevedono misure di riequilibrio della rappresentanza di genere negli organi dirigenti del partito; di particolare rilievo la previsione del limite della rappresentanza di ciascun genere fissato a due terzi (A.C. 244 e A.C. 506) o al 55% (A.C. 4194). Una proposta (A.C. 1722) reca anche l’obbligo di formare le liste di candidati per qualsiasi elezione in misura eguale di uomini e donne.
Infine, si segnala che diverse delle proposte di legge di riforma del sistema elettorale nazionale presentate in Parlamento nel corso della legislatura prevedono misure volte a promuovere le pari opportunità nell’accesso alle cariche elettive (le c.d. quote rosa). Alcune proposte hanno questo unico obiettivo e non intervengono a modificare altre parti della legge elettorale (A.C. 687 e A.C. 1410 alla Camera e A.S. 2, A.S. 17, A.S. 93, A.S. 104, A.S. 257 e A.S. 708 al Senato). Altre proposte prevedono misure di riequilibrio della rappresentanza nell’ambito di interventi complessivi sul sistema elettorale.
Nel complesso, le proposte di legge in materia di riequilibrio di genere presentano soluzioni diverse in ordine all’ambito di applicazione, al rapporto numerico tra i due sessi, all’ordine di successione delle candidature e, infine, alle modalità sanzionatorie. Tali soluzioni possono essere così sintetizzate:
- è previsto l’obbligo di rispettare una proporzione tra i due sessi nelle candidature: le liste devono presentare lo stesso numero di candidati uomini e di candidati donne; ovvero nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai 2/3 o al 60% del totale dei candidati;
- si interviene sull’ordine di successione delle candidature, per rendere effettiva la parità di genere nell’offerta elettorale: le proposte che introducono la rappresentanza paritaria dei due sessi nelle candidature prevedono l’obbligo dell’alternanza dei due generi (un uomo, una donna, un uomo ecc.), mentre le proposte che scelgono una proporzione diversa (2/3, 60%) vietano la successione immediata di più di due candidati dello stesso sesso;
- si prevedono sanzioni nel caso di mancata applicazione delle disposizioni in materia di parità: nella maggior parte dei casi, l’inammissibilità delle liste, oppure la nullità delle candidature, o la riduzione dei rimborsi elettorali.
Parità di accesso agli organi delle società quotate
Il Parlamento ha approvato la legge n. 120/2011, che reca disposizioni in materia di parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati. La nuova legge è volta a superare il problema della scarsa presenza di donne negli organi di vertice delle società commerciali e, in particolare, nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa. A tal fine è previsto un “doppio binario” normativo: per le società non controllate da pubbliche amministrazioni, la disciplina in materia di equilibrio di genere è recata puntualmente dalle disposizioni di rango primario. Tali disposizioni si intendono applicabili anche alle società a controllo pubblico, ma per queste ultime la disciplina di dettaglio è affidata ad un apposito regolamento, con la finalità di garantire una disciplina uniforme per tutte le società interessate. In particolare, si dispone che lo statuto societario deve prevedere che il riparto degli amministratori da eleggere sia effettuato in base a un criterio che assicuri l’equilibrio tra i generi, dovendo il genere meno rappresentato ottenere almeno un terzo degli amministratori eletti. Per un approfondimento, si rinvia al temaParità di accesso agli organi delle società quotate.
Parità in materia di occupazione ed impiego
L’attuazione del principio delle pari opportunità e delle parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione ed impiego è il tema del D.Lgs. 25 gennaio 2010, n. 5, sul quale la XI Commissione Lavoro ha espresso parere favorevole nella seduta del 4 novembre 2009. Il decreto recepisce la direttiva 2006/54/CE che riunifica e sostituisce una serie di precedenti atti in materia di pari opportunità. Il provvedimento interviene innanzitutto con alcuni correttivi al codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al D.Lgs. 198/2006, precisando che esso è finalizzato all’adozione delle misure volte ad eliminare ogni discriminazione basata sul sesso che comprometta o impedisca il riconoscimento, il godimento o l’esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale e civile o in ogni altro campo. Inoltre, la parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compresi quelli dell’occupazione, del lavoro e della retribuzione, come anche in quello della formulazione e attuazione di leggi, regolamenti, atti amministrativi, politiche e attività.
In secondo luogo, viene ampliata la definizione di discriminazione, che riguarda anche ogni trattamento meno favorevole subito in ragione dello stato di gravidanza, di maternità o di paternità, nonché in conseguenza del rifiuto di atti di molestie o di molestie sessuali, mentre il divieto di ogni forma di discriminazione viene esteso alle promozioni professionali. Ulteriori novelle al Codice riguardano il divieto di discriminazione nelle forme pensionistiche complementari collettive, il concetto di vittimizzazione, la possibilità per i contratti collettivi di lavoro prevedere misure specifiche – ivi compresi codici di condotta, linee guida e buone prassi – per la prevenzione delle forme di discriminazione come le molestie e le molestie sessuali.
Il D.Lgs. 5/2010 interviene inoltre (articolo 2) sulle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al D.Lgs. 151/2001, nel senso di vietare qualsiasi discriminazione per ragioni connesse al sesso con particolare riguardo ad ogni trattamento meno favorevole per lo stato di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti. Inoltre, le norme sul divieto di licenziamento delle lavoratrici nel periodo di gravidanza si applicano anche in caso di adozione e di affidamento.
Da ultimo, viene modificata la disciplina dei vari organi impegnati sul fronte delle pari opportunità. In particolare, è aumentato il numero dei componenti designati da alcune parti sociali e sono ampliati i compiti del Comitato nazionale per l’attuazione dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici, istituito presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, mentre si mantiene il mandato quadriennale con un rinnovo limitato a due volte delle consigliere e dei consiglieri di parità. Infine, viene modificata la composizione della Commissione per le pari opportunità di cui al D.P.R. 115/2007 e quella del Comitato per l’imprenditoria femminile.
Azioni positive
L’articolo 38 della legge 18 giugno 2009, n. 69 ha modificato la legge 53/2000, con la quale sono stati introdotti i congedi parentali, prevedendo un maggior coinvolgimento dei padri nella cura dei figli, sottolineato l’importanza di riorganizzare i tempi delle città. L’intervento ha riguardato, in particolare, l’articolo 9 della legge 53/2000, che introduce la sperimentazione di azioni positive per la conciliazione sul luogo di lavoro. La norma, a carattere sperimentale, ha subìto nel tempo alcune modifiche per meglio rispondere ai bisogni di conciliazione emersi nel corso dell’attuazione. La modifica, da ultimo contenuta nel citato art. 38 ha ampliato la platea dei potenziali beneficiari ed aggiornato il novero degli interventi finanziabili, rendendo necessaria la stesura di un nuovo regolamento di attuazione, adottato con D.P.C.M. 23 dicembre 2010, n. 277.