2.3. La forma di governo e i rapporti tra Governo e Parlamento
Gli articoli 16 e 17 del progetto di legge costituzionale intervengono rispettivamente sugli articoli 92 e 94 della Costituzione, che disciplinano la formazione del Governo e il rapporto di fiducia tra questo e il Parlamento. La finalità perseguita è duplice: valorizzare la posizione del Presidente del Consiglio dei ministri – sia nell’ambito dell’esecutivo, sia nei rapporti con il Parlamento – e superare il bicameralismo perfetto che caratterizza anche la forma di governo parlamentare italiana, differenziando le due Camere sotto il profilo del rapporto fiduciario; ciò in correlazione con gli altri articoli del progetto di legge costituzionale, dei quali si è detto, che investono sia la composizione delle due Camere sia le modalità di esercizio della funzione legislativa.
L’articolo 16 introduce nel secondo comma dell’articolo 92 della Costituzione due sostanziali novità.
La prima consiste nell’esplicito collegamento tra l’esercizio del potere di nomina del Presidente del Consiglio dei ministri da parte del Capo dello Stato e la volontà espressa dal corpo elettorale. Il testo novellato dispone infatti che la nomina abbia luogo «valutati i risultati delle elezioni per la Camera dei deputati».
La formulazione adottata mira a evidenziare e a rendere anche formalmente necessario tale collegamento senza, tuttavia, intaccare le prerogative costituzionali del Capo dello Stato né ridurre la flessibilità necessaria in un così delicato passaggio istituzionale.
Il secondo fattore di novità consiste nel conferimento al Presidente del Consiglio dei ministri del potere di proporre al Capo dello Stato la revoca – oltre che la nomina – dei Ministri.
Il testo non pone limiti espliciti a tale potere: ne consegue il chiaro riconoscimento al Presidente del Consiglio dei ministri della facoltà di proporre la sostituzione di uno o più Ministri non solo quando lo impongano esigenze esterne, ma in ogni caso in cui questi valuti necessario od opportuno un avvicendamento.
La riscrittura dell’articolo 94 della Costituzione, operata dall’articolo 17 del testo, introduce anch’essa due elementi di novità:
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la fiducia è accordata non più al Governo, bensì al Presidente del Consiglio dei ministri, che presenta il suo Governo alla Camera dei deputati;
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la fiducia è accordata o revocata non più da entrambe le Camere, bensì dalla sola Camera dei deputati; è dunque solo con quest’ultima che intercorre il rapporto fiduciario.
Il primo elemento innovativo, al pari del descritto potere di revoca dei Ministri, ha la finalità di rafforzare la posizione del Presidente del Consiglio dei ministri sia nell’ambito della compagine governativa sia nel rapporto con le forze politiche che lo sostengono; il secondo elemento di novità ha l’effetto di escludere il Senato federale dal rapporto di fiducia, coerentemente con la sua nuova composizione che ne fa la sede parlamentare di rappresentanza delle autonomie territoriali.
Un’ulteriore modifica è apportata alla disciplina della mozione di sfiducia, di cui al quinto comma dell’articolo 94 della Costituzione: essa deve essere firmata da almeno un terzo – e non più un decimo – dei componenti la Camera dei deputati e deve essere approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Anche tale modifica mira a rafforzare la stabilità dell’esecutivo.
Tuttavia, riteniamo di dover prevedere anche l’introduzione della sfiducia costruttiva con la seguente formulazione: «La mozione di sfiducia può essere costruttiva ove, con le stesse modalità, indichi un programma e un candidato Presidente del Consiglio dei ministri, ai fini di quanto previsto dall’articolo 92» ossia della nomina da parte del Presidente della Repubblica, arbitro della verifica in caso di crisi politiche di governo. Anche la vicenda politica della XVI legislatura sta a dimostrare l’inevitabile ruolo del Parlamento nelle crisi delle maggioranze di Governo sicché, fermo restando il principio politico del rispetto del voto elettorale, risulta utile la previsione chiara ed esplicita di uno strumento, sia pur eccezionale, per la soluzione delle crisi, evitando le prassi trasformistiche.
Per rafforzare la posizione del Governo in Parlamento, onde consentirgli una più efficiente attuazione del suo programma, è necessario aggiungere un comma all’articolo 72 della Costituzione per consentire al Governo di chiedere che un disegno di legge sia iscritto con priorità all’ordine del giorno e sia votato entro una data determinata.
I limiti e le modalità di esercizio di tale prerogativa sono peraltro rimessi ai Regolamenti delle due Camere, alle quali è garantito in ogni caso il tempo necessario a consentire un adeguato esame del disegno di legge.
Altre disposizioni introducono ulteriori strumenti di garanzia a favore dell’istituzione parlamentare, limitando o sottoponendo a controllo l’esercizio del potere legislativo da parte del Governo nelle due ipotesi in cui la Costituzione lo consente: la delegazione legislativa e la decretazione d’urgenza.
Quanto alla prima, l’articolo 12 aggiunge un comma all’articolo 76 della Costituzione, disponendo che tutti gli schemi di decreti legislativi predisposti dal Governo siano trasmessi alle Camere per essere sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti; è in tal modo generalizzato e costituzionalizzato un obbligo oggi previsto solo in alcuni casi dalle leggi di delega.
Quanto alla seconda, l’articolo 13 riformula l’articolo 77 della Costituzione introducendo espliciti limiti di contenuto al potere del Governo di adottare decreti-legge. In particolare, non è possibile con tale strumento:
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rinnovare disposizioni di decreti-legge non convertiti in legge;
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ripristinare l’efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale;
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conferire deleghe legislative;
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attribuire poteri regolamentari in materie già disciplinate con legge.
Sono in tal modo elevati a rango di norma costituzionale anche alcuni limiti alla decretazione d’urgenza già presenti nell’ordinamento (all’articolo 15 della legge n. 400 del 1988), ma troppo facilmente derogabili in quanto disposti con legge ordinaria.