4. Le risposte della “casta”
Dinanzi alle circostanziate denunce di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, all’ampia letteratura di genere e alle iniziative di Grillo, la “casta” parlamentare ha intensificato un’azione di contenimento di costi e privilegi fornendo anche qualche replica diretta su temi svolti nel libro.
Nel discorso tenuto il 16 luglio 2007, alla Camera dei Deputati, dal Questore anziano on. Gabriele Albonetti si legge che “la comparazione con il funzionamento, l’organizzazione ed i costi delle altre democrazie parlamentari europee è spesso oggetto di luoghi comuni – di idola fori, come avrebbe detto Francesco Bacone – dati per veri, secondo i quali il nostro Parlamento avrebbe costi di gran lunga superiori a quelli del Bundestag tedesco, dell’Assemblea nazionale francese, della Camera dei Comuni inglese, o addirittura paragonabili alla somma di tutti questi. Su questo punto abbiamo svolto nei mesi scorsi un accertamento approfondito che ci ha permesso di verificare che non solo questa affermazione non corrisponde al vero, ma che, se si calcola il costo unitario per giorno o per ora impegnati dall’attività di Assemblea o di Commissione, o per il numero di leggi approvate, la Camera dei deputati ha costi, a seconda dei casi, in linea o decisamente inferiori agli altri Parlamenti considerati: il che denota una molto diversa intensità dei lavori di Assemblea e di Commissione.”
È in atto una campagna e un moto ampio di opinione che tendono a produrre una forte delegittimazione dell’attività politica di rappresentanza a tutti i livelli istituzionali e, quindi, un indebolimento sostanziale della funzione politica democratica. Campagna che, purtroppo per i cittadini, non è sempre fondata su dati certi ma molto spesso su luoghi comuni dati per veri, su leggende metropolitane, su preconcetti ideologici e non su presupposti oggettivi.
Questo fenomeno di crescente ostilità e di colpevolizzazione nei confronti della politica e dei suoi principali attori a partire dai costi del suo funzionamento, non è un fenomeno solo italiano: basti vedere i più recenti sondaggi svolti presso l’opinione pubblica di altri Paesi europei di più antica democrazia.
Per restituire dignità e autorevolezza all’istituzione parlamentare a questo atteggiamento va contrapposta una reazione forte, fatta, da un lato, di difesa delle prerogative e dell’autonomia della rappresentanza parlamentare sancite dai Padri costituenti nella Carta costituzionale, dall’altro, di risposte concrete nella lotta agli sprechi, nel processo di riduzione dei costi della macchina pubblica e nell’eliminazione di elementi non necessari, che possono apparire agli occhi dei cittadini come ingiustificati privilegi di “casta”.
Oltretutto, in nome di un sano principio di trasparenza e per una puntuale riaffermazione della verità, rispetto a semplicistiche quanto superficiali demagogie che viaggiano sul web e su altre reti di comunicazione alimentando un improduttivo quanto vuoto moto di indignazione dell’opinione pubblica, nella relazione del questore Albonetti alla Camera viene messo in luce che “sul complesso dell’indennità riconosciuta ai singoli parlamentari va sfatato il pregiudizio ricorrente secondo il quale i deputati italiani ricevono emolumenti molto più alti rispetto ai loro colleghi tedeschi, francesi e britannici, poiché al trattamento monetario andrebbero aggiunti, per una veridica comparazione, anche i servizi reali maggiori che quelle assemblee elettive forniscono ai loro membri: personale di supporto, alloggi, eccetera. Inoltre, com’è nel caso dell’Assemblea nazionale francese, andrebbe ricordato che spesso i deputati sono anche sindaci, presidenti di regione, consiglieri, senza alcun vincolo di incompatibilità.”
Come è noto l’indennità parlamentare è prevista dall’articolo 69 della Costituzione e corrisponde a due finalità particolarmente rilevanti: da un lato, evitare che le condizioni economiche dei cittadini possano costituire un impedimento all’accesso della rappresentanza nazionale, cioè al diritto per chiunque di poter essere eletto deputato o senatore; dall’altro, garantire l’esercizio del mandato parlamentare in condizioni di indipendenza economica, assicurandone, anche per tale via, la pienezza e la libertà. Oltretutto, l’indennità dei parlamentari è agganciata alle retribuzioni dei magistrati, meccanismo creato dal legislatore nel 1965, proprio per evitare che fossero i parlamentari a stabilire la misura della propria indennità e che non vi possano essere, aumenti dell’indennità parlamentare che non siano frutto del meccanismo di adeguamento previsto dalla legge.
È utile ricordare che a seguito di quanto disposto dalla legge finanziaria per il 2006, è stato già ridotto del 10 per cento l’importo dell’indennità mensile parlamentare e l’importo degli assegni vitalizi di nuova liquidazione, da corrispondere ai deputati cessati dal mandato ed ai loro aventi causa e che, inoltre, la legge finanziaria per il 2007, ha limitato al 70 per cento, per gli anni 2007-2008, gli adeguamenti retributivi dell’indennità parlamentare.
È compito della politica ridurre le disuguaglianze e i privilegi, ma a partire dai dati reali e dal reciproco rispetto. È assolutamente vero che un parlamentare italiano, attualmente, fra indennità, diaria e rimborsi spese, riceve circa 14.500 euro netti per 12 mesi all’anno, su cui paga tasse e contributi figurativi per il lavoro abbandonato nel corso dell’impegno in Parlamento.
Ma è altrettanto vero che da questa consistente somma, per quanto ancora riducibile, devono essere decurtati i costi fissi per lo svolgimento dell’attività del parlamentare che ne riducono il reale “netto” di oltre la metà: i costi di vitto e alloggio a Roma; i contributi mensili al partito; le spese necessarie al funzionamento di un ufficio nel territorio di appartenenza e di uno su Roma nonchè gli onorari dei collaboratori altamente qualificati che li gestiscono; le ordinarie spese per iniziative politiche e tutta una serie di altri costi sostenuti per restare aggiornato e curare i rapporti con la propria comunità. A conti fatti restano effettivamente disponibili al parlamentare circa 5-6 mila euro mensili: cifra che colloca la retribuzione del parlamentare nella fascia medio bassa della classifica delle retribuzioni della classe dirigente della nazione. Senza poi considerare il fatto che la maggioranza dei parlamentari in carica sono tutti illustri professionisti, molto noti e ricercati nei rispettivi settori, che traevano certamente maggior profitto dallo svolgimento della professione privata che da quella politica.
Una risposta altrettanto puntuale, rispetto leggende metropolitane in materia, è fornita anche per i decantati benefit della “casta” parlamentare ed infatti nella relazione si afferma che “in osservanza del principio costituzionale secondo il quale il parlamentare rappresenta la nazione senza vincolo di mandato e di territorio, l’unico servizio gratuito per i parlamentari sono i trasporti sui treni ed aerei nei confini nazionali e la tessera autostradale, ma non la benzina, come pure è stato sostenuto. Non vi è più la tessera per andare al cinema gratis, non vi è mai stata la tessera per viaggiare su autobus e metropolitana gratis; i francobolli si pagano; non vi sono piscine, palestre o maestri di tennis gratuiti a disposizione. Non ci sono aerei di Stato o auto blu, né senza né con l’autista. L’assistenza sanitaria integrativa è interamente pagata dai contributi dei deputati su un fondo che è in pareggio e, quindi, non pesa sul bilancio pubblico.
Al bar e al ristorante della Camera si paga: al bar con prezzi equivalenti a quelli dei bar del centro di Roma, al ristorante con prezzi per pasto che, dopo la riduzione di due terzi del costo unitario a seguito della decisione sulla esternalizzazione del servizio, si avvicinano al cinquanta per cento della spesa, come accade in qualsiasi mensa aziendale.”
Afferma il Questore Albonetti che “Casomai, il problema reale non è quanto il singolo deputato o senatore percepisce mensilmente o se gli stessi abbiano benefit eccessivi, ma è se il parlamentare merita e suda quei soldi e quelle prerogative, svolgendo bene il proprio lavoro di rappresentanza: ma qui il giudizio è affidato non ai regolamenti del Parlamento, bensì agli elettori che valuteranno l’operato dei singoli rappresentanti all’interno della cabina elettorale.
Quindi il presupposto essenziale da cui far partire la propria analisi di valutazione dei costi della politica è quello non solo di andare alla ricerca di eventuali sprechi da eliminare, ma di adottare logiche e sistemi organizzativi nuovi, con procedure di continua verifica della congruità dei contratti, dell’andamento della gestione, adottando, quando è possibile, il metodo delle gare a pluriservizio.”
Afferma Albonetti: “Ho fatto questa puntigliosa ricostruzione della verità dei fatti non per cedere alla tentazione dell’arroccamento ma per sgombrare il campo dalla molta polvere che è stata sollevata e poter così giungere a distinguere, davvero, quali sono le prerogative parlamentari che non possiamo toccare e quali, invece, gli elementi non essenziali per la nostra attività, su cui possiamo incidere.”
La relazione fa riferimento ad una serie di proposte, che la Camera dei Deputati ha già preso in esame e che ha discusso con il Senato della Repubblica, ben evidenziati dal Questore On. Gabriele Albonetti nell’articolo di risposta agli autori della “Casta” pubblicato sul Corriere della Sera del 25 settembre 2007. Sono molteplici le voci di spesa che è possibile eliminare nella vita delle istituzioni parlamentari e molte che è possibile progressivamente contenere e ridurre. Molte di queste, le più importanti, necessitano di riforme legislative e costituzionali, altre sono possibili in via amministrativa e regolamentare. Il parlamento si sta attivamente occupando di queste ultime e ha assunto delle decisioni (non delle «dichiarazioni di buona volontà» o «pensosi inviti») e altri ne assumerà nei prossimi mesi che, però, cominceranno ad avere i loro effetti sul bilancio del 2008.
L’insieme dei provvedimenti porteranno a una diminuzione del 10% della spesa per beni e servizi in termini economici e consentiranno di ridurre ulteriormente, rispetto a quella preventivata, di 110 milioni, da qui al 2010, la dotazione richiesta al ministero dell’Economia.
I principali provvedimenti o decisioni assunti o proposti per ridurre costi o privilegi sono i seguenti.
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Esternalizzazione del ristorante interno per deputati e giornalisti con un risparmio di 3.700.000 euro.
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Riconsiderazione dei contratti nel settore informatico con un risparmio annuo di 2.500.000 (per un totale di 7.500.000 al 2010).
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Passaggio ovunque possibile dal cartaceo all’on line con un risparmio di 1.000.000 di euro.
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Eliminazione dal primo gennaio 2008 dei rimborsi spese per i viaggi di studio all’estero dei deputati per un risparmio secco di 2.000.000 già sul primo bilancio.
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Sospensione e congelamento degli aumenti automatici, legati agli stipendi dei magistrati, per quanto riguarda le indennità dei deputati con un risparmio già per il 2007 di circa 1.500.000 euro (non si vede nel bilancio 2007 perché la legge del 1965 ci fa obbligo di prevederli, tuttavia non li abbiamo erogati).
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Blocco selettivo del turn over dei dipendenti (che vuol dire assumere solo in casi motivati e palesi), con l’avvio di una nuova fase di contrattazione con i sindacati che porti fin dal prossimo contratto ad introdurre meccanismi di controllo sulla crescita delle retribuzioni e a rivedere da subito per i nuovi assunti le curve retributive portandole a livelli competitivi ma comparabili con il resto del pubblico impiego e facendo partire dal 2001 il nuovo regime pensionistico fondato sul sistema contributivo. In questo caso non è semplice indicare la cifra del risparmio, poiché gli effetti si vedranno in piccola parte subito e in gran parte sul medio periodo.
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Riforma dei vitalizi dei parlamentari, già deliberata nel luglio scorso, con eliminazione dell’istituto del riscatto (non sarà più possibile percepire il beneficio dopo soli 2 anni e mezzo ma ce ne vorranno almeno cinque e anche in questo caso ci sarà una riduzione al 20% dell’indennità), blocco fino a un massimo del 60% anche per chi farà più legislature, estensione delle non cumulabilità del vitalizio con altre indennità pubbliche nazionali, regionali e locali. Già qualcosa si vedrà sul bilancio 2008, ma molto – circa 40.000.000 di euro – si risparmierà quando il nuovo sistema andrà completamente a regime.
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Revisione degli affitti con la richiesta già inoltrata al ministero dell’Economia per ottenere dall’Agenzia del Demanio una sede in cui collocare molti degli uffici e servizi oggi operanti in sedi in affitto, con un risparmio quando l’operazione sarà completata, di circa 2.500.000 euro.
Ma oltre queste misure occorre considerare quelle, più consistenti sul piano della riduzione dei costi e della spesa, connesse con le riforme “strutturali” oggetto di esame parlamentare o di iniziativa politica o di decisioni già assunte dal governo Prodi.
In primo luogo, la netta riduzione dei membri dei consigli di amministrazione delle società pubbliche (disegno Lanzillotta) che comporta effetti assai rilevanti con la fuoriuscita di migliaia di componenti, in genere di nomina politica.
In secondo luogo, la riduzione del numero dei parlamentari di oltre un terzo (187 senatori, 500 deputati) con la riforma costituzionale del “bicameralismo perfetto”, già approvata dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera e condivisa sul punto.
In terzo luogo, la ripresa del dibattito e delle proposte di legge sulla trasformazione delle province in organi funzionali di governo, come sedi stabili di intese e accordi di programma, a nostro avviso assai migliore e più pratica dell’eliminazione tout court degli enti e più rispondente alla multilevel governance basata sul principio di sussidiarietà verticale.
Il risparmio notevolissimo in termini di spesa corrente dovrebbe essere accresciuto da misure forti per l’unione dei servizi dei comuni minori, vincendo le attuali resistenze localistiche e pseudofederaliste.
Sono favorevole anche alle misure di best practices, ma sorrette da norme giuridiche, suggerite da Piero Fassino12 tra cui l’idea che alle missioni internazionali in campo economico-commerciale non partecipino anche i comuni e le province e che le delegazioni siano costituite da non più di tre rappresentanti istituzionali13.
C’è molto da fare, qualcosa si è già fatto, altro si sta facendo ed è assai importante proseguire con rigore.
Riduzione della spesa pubblica e dei costi degli apparati pubblici, recupero di efficienza e di sobrietà delle istituzioni e della politica sono temi che riguardano il progresso della democrazia e del Paese e che richiedono un impegno che va ben oltre la semplice denuncia delle sue “caste”.