LE REGOLE SULLO STATUS DELLA POLITICA
“Non c’è preoccupazione più assillante e più tormentosa per l’uomo, non appena rimanga libero, che quella di cercarsi al più presto qualcuno innanzi al quale genuflettersi. Ma l’uomo pretende di genuflettersi dinanzi a ciò che è ormai indiscutibile, talmente indiscutibile che innanzi ad esso tutti gli uomini in coro acconsentano ad una generale genuflessioni […]. Ci sono tre forze, soltanto tre forze sulla terra, capaci di vincere e di catturare per sempre la coscienza di questi impotenti ribelli, per la loro stessa felicità: e queste forze sono il miracolo, il mistero e l’autorità”.
Fedor Dostoevsky,
I fratelli Karamazov, (1880).
1. Etica pubblica e politica: temi, orizzonti
“Vi siete liberati dalle ideologie, dagli ideali, dalle convinzioni affinché il vostro rapporto col potere fosse assolutamente puro, non turbato e inquinato da alcun elemento estraneo.
Il potere è la vostra morale e la vostra moralità; esso è la pre-condizione perchè un sistema di valori possa sussistere e informare di sè una determinata società.
Non avete alcun bisogno, Eccellenze, di mascherare questo dato di fatto essenziale, non dovete mostrarvene schivi, tanto meno vergognarvene quasi che fosse una macchia sulle vostre coscienze. Anzitutto, nessuno vi crederebbe; e poi il potere, credetemi, rappresenta il valore primario senza il quale nessuno degli altri potrebbe neppure essere pensato.
Il potere è lo Stato, la legge, la premessa della convivenza, l’uscita dalla ferinità, il notaio del contratto sociale; il potere infine garantisce, al di sopra e al di là della felicità dei singoli, la felicità più duratura della comunità (…).
Vorreste – voi che ne siete i titolari – denegare un ruolo che rappresenta il fondamento stesso del consorzio civile?
Dovete invece rivendicarlo con orgoglio e sforzarvi di esserne degni anche se, lo sappiamo, il servizio che voi prestate ai vostri concittadini amministrando il potere si risolve in prima istanza in un accrescimento della vostra volontà di potenza individuale, in un soddisfacimento del vostro amor proprio, in un’ipertrofia del vostro IO e infine in una maggiore dose della vostra individuale felicità rispetto a quella di tutti gli altri vostri consimili (…)”.
Questo epilogo dell’autore Voltaire, nel bel saggio di Eugenio Scalfari5, può forse dirsi ragionevole, condivisibile? Il potere è necessario; anche la “casta” lo è? Il discorso è lungo, lunghissimo.
Secondo alcune teorie il potere pubblico, come forma terza tra parti private, inizia a strutturarsi storicamente nelle regioni dei grandi fiumi della Mesopotamia, nella regolazione dei benefici delle esondazioni del Nilo, nelle regole comuni del tempo e dello spazio, nelle misure metriche, nel calendario e poi nella moneta e, quindi, nell’amministrazione della forza, della giustizia, delle infrastrutture (ad esempio le grandi vie dei romani).
Ma vi è anche la pista dei codici, dal codice Hammurabi alle tavole di Mosè, ove le origini divine e terrene delle regole si confondono.
E vi sono i rituali di potere, i cerimoniali, lo spazio sacro e quello laico, ove il “corpo del re” è nel contempo legge e reliquia.
Nel faticoso cammino della democrazia, nella progressiva distinzione tra potere politico, religione e scienza, è cresciuta l’idea che il potere politico, nel servire se stesso, possa servire agli altri, alla società, alle libertà della persona. Si è affermata, con lo stato di diritto e la democrazia, una concezione del potere non fine a se stesso ma soggetto all’etica pubblica, il potere che è pubblico perché si fa in pubblico, come ha detto Norberto Bobbio, retto da regole e principi. La funzione strumentale del potere politico era d’altronde riconosciuta anche nella natura del partito politico che, per Max Weber, serve per dare “onore ai propri soci” ma anche per realizzare un programma utile alla società.
La rule of law, scritta nelle costituzioni, negli ordinamenti sovranazionali, nei principi universali dei diritti umani e anche non scritta ove affidata ai giudici, vale per il potere e deve valere anche per chi amministra il potere.
Vi è un riflesso soggettivo, che supera l’oggetto, e riguarda i nuovi cerimoniali del potere, le regole “sulla” politica, il diritto oggettivo della “casta” dei parlamentari e dei politici.
La post ethical society perde quota anche ove è stata celebrata e proliferano i “codici etici” discutibilmente sufficienti anche nel mondo degli affari e dell’economia. È una questione di status dei soggetti che esercitano il potere politico e non di nuovo galateo. Nessuno dovrebbe dubitare che un politico debba condurre il proprio ruolo con sobrietà, nel pieno rispetto delle leggi, con uno stile di vita responsabile ed efficiente, senza eccessi ed ipocrisie. Non sempre agevole è distinguere i confini in una società largamente dominata dalle regole della comunicazione che premiano la trasgressione e lo straordinario.
Ma vi è una dimensione dei problemi che non interpella solo le condotte degli individui e riguarda i soggetti in senso oggettivo: la disciplina dei conflitti di interesse, le insindacabilità e le guarentigie dei parlamentari, le incompatibilità, le regole per i partiti politici. È una parte, solo una parte ma significativa, del diritto pubblico sulle istituzioni politiche, una parte delle “regole dell’onestà”, secondo il titolo di un recente, interessante saggio di B.G. Mattarella6.
Ma potremmo anche dire, in una fase di forte contestazione politica e dei politici, che questo complesso di temi è il “diritto della casta”, secondo un’espressione assai diffusa, anzi il diritto “sulla” casta, per una democrazia efficiente e credibile.