È ancora avvolto nella nebbia il destino del Corridoio Sud, la rotta – al momento virtuale – ideata dall’Unione europea per trasportare il gas naturale del Mar Caspio ai mercati europei aggirando il territorio russo.
Benché si stia inesorabilmente avvicinando il momento in cui il consorzio che gestisce il principale giacimento di gas del Mar Caspio – quello di Shah Deniz in Azerbaigian – dovrà prendere una decisione sui contratti di fornitura legati alla nuova fase estrattiva (Shah Deniz II), tentennamenti e nuove iniziative da parte di compagnie energetiche e governi nazionali contribuiscono ad alimentare un’incertezza che potrebbe costare cara all’Ue.
In questo contesto, l’Italia si trova a giocare un ruolo fondamentale a difesa non solo dei propri interessi energetici, ma anche di quelli europei.
Prime scelte per il gas azero
Il primo verdetto, il consorzio, capitanato dalla britannica Bp, l’ha emesso lo scorso 21 febbraio. Il progetto Trans Adriatic Pipeline (Tap), guidata dalla svizzera Egl con la partecipazione della tedesca E.on e della norvegese Statoil, è stato preferito all’Interconnettore Turchia-Grecia-Italia (Itgi), promosso da Edison e dalle greche Depa e Desfa, per il trasporto del gas di Shah Deniz II nel caso si decida di puntare sulla rotta meridionale del Corridoio. Per intenderci, quella che arriva in Italia.
È una scelta indicativa delle intenzioni del consorzio Shah Deniz II, che però non ha ancora preso una decisione sul destino della rotta settentrionale, quella che dovrebbe raggiungere l’Europa centro-orientale attraverso Bulgaria e Romania. Il consorzio non ha infatti espresso alcun tipo di preferenza tra Nabucco e la South East Europe Pipeline (Seep), lasciando formalmente aperte, o forse semichiuse, le porte a entrambi i progetti.
Alla base del maggiore interesse nei confronti della rotta meridionale ci sono ragioni commerciali. L’Italia, infatti, è il secondo importatore netto di gas in Europa: nonostante la crisi economica abbia temporaneamente appiattito i consumi interni, i prezzi al di sopra della media europea e la composizione del mix energetico nazionale – in particolare in seguito alla bocciatura del nucleare – rendono il mercato italiano particolarmente appetibile.
L’Italia potrebbe infatti assorbire, in toto o in larga parte, i volumi di gas inizialmente prodotti da Shah Deniz II. A rafforzare l’interesse di Bp & soci per la tratta sud sono anche le incerte previsioni sulla crescita dei consumi in Bulgaria e Romania che, secondo stime di mercato, non dovrebbero superare i 3/3,5 miliardi di metri cubi (Bcm) nel 2017.
Pantano Nabucco
Ma la titubanza di Shah Deniz II nei confronti della rotta settentrionale è anche determinata dalla confusione che regna attorno a Nabucco. L’inadeguatezza del progetto così com’era stato lanciato dalla Commissione europea nel 2003 è stata sancita in modo definitivo sul finire dello scorso anno: il lancio di Seep da parte di Bp, e il Memorandum d’intesa tra Azerbaigian e Turchia per la realizzazione della Trans-Anatolian pipeline (TAnaP), avevano infatti messo in forte dubbio il futuro di Nabucco, portando ad un serio (seppur tardivo) processo di ripensamento dell’ambizioso progetto europeo.
Dopo quasi un decennio, infatti, la Commissione e gli azionisti hanno finalmente deciso di rivedere al ribasso gli ambiziosi parametri tecnici di Nabucco. Constatata l’impossibilità di realizzarlo così com’era stato ottimisticamente ideato nel 2003, è stata recentemente lanciata l’iniziativa Nabucco-West, una versione ridotta – in termini di lunghezza e capacità (e possibilmente costi) – del vecchio progetto europeo. Il nuovo gasdotto dovrebbe pertanto diventare la continuazione europea di TAnaP – dal confine tra Turchia e Bulgaria a Baumgarten, con una capacità totale di 16 Bcm in grado di accomodare i primi volumi prodotti da Shah Deniz II.
Sebbene Nabucco-West rappresenti, in termini di fattibilità, un significativo passo avanti rispetto al suo predecessore, e per questo motivo sia stato subito apprezzato in Europa e negli Usa, restano ancora alcuni dubbi sul futuro dell’iniziativa. A partire dai suoi tempi di realizzazione: poiché i partner hanno fissato il termine per la decisione finale d’investimento per la fine del 2013, vi è il rischio che l’avvio delle forniture di gas azero verso l’Europa debba essere posticipato oltre il 2017, con evidenti contraccolpi sia per le casse del consorzio Shah Deniz II che per i paesi consumatori.
Il tempo stringe
L’Italia ha un interesse strategico nel Corridoio Sud. Aprire le proprie porte al gas del Mar Caspio permetterebbe infatti al nostro paese di ridurre l’eccessiva dipendenza dalle forniture provenienti da Algeria e Russia – che oggi soddisfano oltre il 50% dei consumi totali – e diventare uno snodo cruciale per il transito di gas verso i mercati dell’Europa centro-occidentale. La scelta del consorzio Shah Deniz II di avviare negoziati esclusivi con i partner del progetto Tap per il trasporto del gas naturale azero in Italia non può essere sottovalutata.
Fino ad oggi, però, il governo italiano ha continuato a sostenere la candidatura di Itgi – bocciato senza appello lo scorso febbraio – come l’unico strumento per fare dell’Italia l’hub europeo del gas naturale. Pur senza entrare nel merito delle scelte di Shah Deniz II e del valore rispettivo dei due progetti, appare chiaro che questa situazione di stallo rischia di danneggiare prima di tutto la sicurezza energetica del paese.
Va notato, peraltro, che l’interesse dei partner di Shah Deniz II verso il nostro paese è genuino. Basti pensare che membri del consorzio prendono regolarmente parte agli incontri tra gli emissari di Tap e il governo italiano. Per convincere Roma, Bp & soci potrebbero addirittura mettersi in gioco in prima persona, decidendo di entrare a far parte dell’azionariato del gasdotto transadriatico.
Messaggi importanti arrivano anche dal mondo imprenditoriale italiano. In seguito all’interessamento espresso dall’amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti, verso il gasdotto guidato da Egl, il leader nazionale dell’energia elettrica potrebbe avviare presto negoziati per entrare nel consorzio Tap.
Il governo italiano deve prendere l’iniziativa in tempi rapidi. Troppe esitazioni da parte italiana rischiano di favorire chi vorrebbe che i flussi di gas azero si indirizzassero verso l’Europa sudorientale – se non verso la Russia – con buona pace degli ambiziosi obiettivi energetici nazionali.
Nicolò Sartori, della Rivista Affarinternazionali, è ricercatore presso l’Area Sicurezza e Difesa dello Iai.