Nicolò Sartori, ricercatore presso l’Area Sicurezza e Difesa dello Iai, in un articolo su AffariIternazionali del 2 febbraio 2012, esamina la wexata quaestio della dipendenza italiana dalle forniture energetiche straniere.
I tagli alle forniture di gas verso l’Europa recentemente messi in atto dal gigante energetico russo Gazprom hanno rilanciato l’annoso dibattito sull’indipendenza energetica europea, che negli ultimi mesi sembra aver compiuto alcuni importanti passi indietro.
L’accordo sulla realizzazione della Trans-Anatolian pipeline raggiunto lo scorso dicembre da Azerbaijan e Turchia sembra infatti mettere a serio rischio il futuro del travagliato gasdotto Nabucco.
Pensato da Bruxelles come fondamentale elemento per la creazione del Corridoio Sud – un nuovo percorso per il trasporto del gas naturale del mar Caspio sui mercati europei aggirando il territorio russo – Nabucco è stato a lungo promosso dalla Commissione come la chiave della strategia europea di diversificazione degli approvvigionamenti.
Crescenti difficoltà
Nonostante l’incessante supporto istituzionale, il progetto non è mai riuscito a decollare, alimentando forti perplessità tra le grandi imprese coinvolte nella partita del gas caspico. L’ultima in ordine temporale sembrerebbe essere il gigante tedesco Rwe, già membro del consorzio Nabucco, che ha ventilato l’ipotesi di abbandonare il progetto in seguito al duro colpo inferto dall’accordo turco-azero.
Sebbene il passo falso di Nabucco ridimensioni l’ambizione della Commissione Ue di giocare un ruolo di primo piano nella politica energetica europea, fortunatamente l’attuale incertezza non sembra compromettere il destino degli approvvigionamenti di gas attraverso il corridoio, la cui realizzazione rimane comunque in programma.
Lanciato nel 2003, il progetto Nabucco rappresenta il principale tentativo della Commissione europea di dare una forte dimensione esterna alla politica energetica dell’Unione. Tuttavia, negli anni il progetto ha incontrato notevoli difficoltà, sia dal punto di vista politico che da quello economico-commerciale.
Quello che sarebbe dovuto essere l’elemento strategico del gasdotto, la sua capacità di 31 miliardi di metri cubi (Bcm) di gas annui, è stata probabilmente la sua principale debolezza. Nonostante le aspettative della Commissione, le risorse effettivamente disponibili dalla regione sono infatti limitate. Problematiche di tipo politico impediscono il ricorso a forniture iraniane e irachene, mentre vincoli geografici limitano ancora la possibilità di importare dai ricchi (di gas) paesi centroasiatici, primo fra tutti il Turkmenistan.
Nel breve-medio periodo saranno effettivamente commerciabili soltanto 10 Bcm estratti dal giacimento azero di Shah Deniz II, troppo pochi per garantire l’efficiente funzionamento del gasdotto. Nessuno, tuttavia – né da Bruxelles né tra glishareholders del progetto – sembra aver mai pensato ad una possibile revisione (al ribasso) delle attuali caratteristiche del gasdotto.
Trans-Anatolian pipeline
Questa situazione, e la continua crescita dei costi previsti per la realizzazione – il Commissario europeo per l’energia Oettinger ha annunciato in ottobre che il costo di Nabucco avrebbe potuto raggiungere i 14 miliardi di euro – hanno compromesso la credibilità industriale e la competitività commerciale del progetto agli occhi dei membri del consorzio Shah Deniz II e del governo azero. Le prime avvisaglie si erano avute a settembre quando Bp, l’operatore del giacimento azero, ha proposto un nuovo progetto di gasdotto dalla Bulgaria all’Austria, la South-Eastern Europe Pipeline (Seep): il gasdotto replicherebbe, in sostanza, il tragitto europeo di Nabucco, ma con capacità e costi ridotti.
Il colpo di grazia sembra essere arrivato lo scorso 26 dicembre con il memorandum d’intesa firmato dai governi di Baku e Ankara: la Trans-Anatolian pipeline (già ribattezzata TAnaP) attraverserà interamente il territorio turco ‒ dal confine con la Georgia a quello con la Bulgaria – con una capacità iniziale 16 miliardi di metri cubi di gas (potenzialmente incrementabile a 24 in caso di un aumento delle forniture disponibili dal Mar Caspio). La compagnia energetica azera Socar sarà l’azionista di riferimento del progetto, il cui costo totale dovrebbe aggirarsi tra i 5 e i 7 miliardi di dollari: Socar controllerà l’80% del gasdotto, mentre le turche Botas e Tpao parteciperanno con quote del 10%.
La TAnaP, che secondo (ottimistiche) fonti ufficiali sarà operativa entro cinque anni, andrà a sostituirsi a Nabucco per il trasporto del gas naturale del giacimento azero di Shah Deniz II sul territorio turco. Il consorzio che opera il giacimento azero dovrebbe infatti commercializzare esattamente 16 miliardi di metri cubi di gas proprio a partire dal 2017: sei miliardi verranno venduti in Turchia, mentre i restanti dieci saranno esportati in Europa.
Interessi dell’Italia
Mentre la partita per il transito sul territorio turco sembra ormai archiviata, rimane ancora tutto da definire il percorso che il gas azero sarà destinato a intraprendere una volta arrivato al confine europeo. La sensazione è che attualmente il progetto Seep sia in leggero vantaggio, quantomeno dal punto di vista politico: il gasdotto sponsorizzato da Bp, infatti, andrebbe a rifornire quei mercati dell’Europa sud-orientale altamente dipendenti dalle importazioni russe, motivo per il quale la Commissione in questi anni ha fortemente sostenuto Nabucco.
Per gli interessi dell’Italia, tuttavia, il successo dell’opzione “settentrionale” rappresenterebbe un passo indietro dal punto di vista della sicurezza energetica – resa critica dalla possibile riduzione delle forniture russe ‒ ed uno smacco all’ambizione nazionale di diventare lo snodo strategico del gas europeo. L’incertezza determinata dal fallimento di Nabucco rappresenta quindi un’importante opportunità per l’Italia per attrarre i flussi di gas provenienti della regione caspica.
Due progetti sono attualmente in competizione per raggiungere questo obiettivo: l’Interconnettore Turchia-Grecia-Italia (Itgi) di Edison e Depa, ed il Gasdotto Trans-Adriatico (Trans-Adriatic Pipeline, Tap) di Egl, E.On e Statoil. L’interesse italiano, in sostanza, sta nella capacità di uno di questi due progetti di convincere il consorzio Shah Deniz II ed il governo azero che la loro proposta industriale e commerciale è migliore rispetto a quella (che verrà) presentata da Seep. In questo senso, l’aver già completato gli studi di fattibilità rappresenta un importante valore aggiunto per i due progetti.
Quello che ancora oggi sembra mancare, è la volontà delle autorità italiane di abbandonare vecchie forme di campanilismo che portano ad attribuire una preferenza acritica per il progetto guidato dall’italiana – se ancora è possibile definirla tale ‒ Edison nei confronti del consorzio Tap. Senza addentrarci nell’analisi delle caratteristiche tecniche e senza dare giudizi di valore ai due gasdotti, appare chiaro che sia Itgi che Tap rappresentano oggi due importanti frecce all’arco italiano: per l’interesse energetico del paese e dei suoi cittadini, è importante essere pronti ad usarle entrambe senza preconcetti.