Licenziamenti e costi della flessibilità i nodi che complicano la trattativa

 

licenziamenti Posizioni distanti anche sulle risorse da impegnare

Rendere più dinamico il mondo del lavoro, conciliare una flessibilità buona con un`uscita che non sia bloccata. Sono le parole del ministro Elsa Fornero. Ma conciliare gli interessi contrapposti delle forze sociali, sindacati da un lato e imprese dall`altro con l`ulteriore differenziazione tra grandi e piccole aziende, è tutt`altro che semplice. E alla vigilia del match decisivo, tutto ruota, anche per il suo valore simbolico , attorno all`articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, quello che affida al giudice il reintegro del dipendente licenziato, qualsiasi sia la causa che ha portato al licenziamento.

E` questo il macigno da rimuovere, sapendo che il resto – ammortizzatori, flessibilità, costo della riforma – verrà di conseguenza. Perché è vero che sia la Confindustria che Rete Imprese Italia si lamentano dei maggiori vincoli e dell`aggravio di costi per le aziende ma su questi temi la contrattazione è soprattutto sulle cifre e quindi meno ostico trovare un punto d`incontro.

I sindacati cercano di difendere l`articolo 18 e di cederlo solo dietro contropartite. L`ipotesi lanciata da Raffaele Bonanni inizialmente, quella di adottare il modello tedesco, che lascia al giudice la scelta tra il reintegro e l`indennizzo economico per il lavoratore licenziato (qualunque fosse la ragione all`origine del licenziamento), sembrava la più indolore ai sindacati. Ma è stata giudicata troppo blanda dalle imprese. Anche il governo avrebbe voluto una riforma più incisiva: esclusi i licenziamenti discriminatori, nessun reintegro per gli altri licenziamenti ma solo indennizzi da quantificare. Una stretta che ha messo il sindacato in difficoltà, e in particolare la Cgil che si trova a fronteggiare la posizione rigida della Fiom contraria a qualsiasi modifica dell`articolo 18. L`incontro dell`Abc (Alfano, Bersani e Casini) con Mario Monti ha dato inoltre l`impressione ai sindacati che l`intesa politica li mettesse fuori gioco. Da qui l`irrigidimento del fine settimana a Milano.

Ora si cerca il riavvicinamento. E per capire a che punto siamo è bene ricordare che oggi, il lavoratore che viene licenziato per ragioni disciplinari (giusta causa o fondato motivo) può chiedere il reintegro al giudice. Se questi lo accoglie, il lavoratore viene reintegrato al suo posto. Tuttavia il diretto interessato può rifiutare questa via e incassare un`indennità di 15 mensilità dall`azienda. La Cgil vuole garanzie. Con la Fiom che ha indetto due ore di sciopero, oggi, per protesta, Susanna Camusso cerca di tenere alta la posta. Sa però che il governo vuole presentare la riforma in Parlamento in ogni caso. Fermo restando che tutti sono d`accordo a conservare l`articolo 18 sui licenziamenti discriminatori, Camusso sarebbe disposta a lasciare al giudice la scelta tra reintegro e indennizzo sui licenziamenti di natura economica (ristrutturazioni, riorganizzazioni aziendali, etc.). Ma chiede anche una corsia preferenziale che dia tempi rapidi alle cause sul lavoro. La Uil era molto restia ad accettare una revisione dell`articolo 18 sui licenziamenti soggettivi (i cosiddetti disciplinari). Ma sembra ora più disponibile a patto, però, che siano fissate cause precise per i licenziamenti, in modo di limitarne la discrezionalità del giudice. In pratica: un doppio binario in cui il cartellino rosso è il reintegro e il cartellino giallo l`indennizzo. Quanto? Tra 20 e 24 mensilità, è una delle ipotesi su cui si ragiona.

La Cisl continua a svolgere un ruolo di mediazione: propone di aumentare l`indennizzo rispetto alle 15 mensilità attuali e di indicare al giudice a quali fattispecie deve attenersi, prendendo quelle stabilite nei contratti collettivi di lavoro. Confindustria e le altre associazioni (Confcommercio, Confartigianato) chiedono compensazioni sui costi dei nuovi ammortizzatori. E qualche vincolo in meno sulla flessibilità (per esempio, sulle partite Iva e sull`obbligo di comunicazione nei contratti a chiamata). Inoltre Confindustria ha chiesto, e probabilmente ottenuto, che la riforma vada a regime nel 2017, per scavalcare la crisi. Artigiani e commercianti (che si vedrebbero aumentare l`indennità di disoccupazione dallo 0,18 all`1,3%) chiedono una compensazione dei costi per finanziare l`Aspi. Potrebbe venire dalla riduzione delle aliquote Inail sull`indennità infortuni, visto che le gestioni delle piccole imprese del terziario sono in forte attivo in questo settore.

 

Per la Cisl se decide il giudice indennizzo più alto e cause precise

Confindustria e Rete Imprese chiedono meno oneri per la riforma

 


Confindustria Favorevole ad abolire l`articolo 18 ma non per i licenziamenti discriminatori. Confindustria, con Rete Imprese Italia, giudica però troppo oneroso il finanziamento dell`Aspi attraverso l`aumento dei contributi ed è contraria a cancellare la mobilità. Le posizioni delle parti sociali

CGIL La CGIL non cede sull`arficolo 18 e chiede garanzie sui tempi delle sentenze dei giudici. Rifiuta le modifiche sui licenziamenti disciplinari e discriminatori mentre è disponibile a lasciare al giudice la scelta sul reintegro o indennizzo per quelli economici.

CISL La Cisl propone il modello tedesco che affida al giudice la scelta sul reintegro del lavoratore o sull`indennizzo in caso di licenziamento. Tuttavia suggerisce di ancorare il giudizio del giudice a causali contrattuali. E alza l`asticella dell`indennizzo.

UIL La Uil è restia ad accettare l`ipotesi dell`indennizzo per i licenziamenti disciplinari. Nessuna modifica all`ipotesi di reintegro. Ora chiede di definire meglio le cause dei licenziamenti disciplinari e di fissare un indennizzo che faccia da deterrente.

 

Barbara Corrao, Il Messaggero

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