Noi siamo favorevoli al principio di sussidiarietà orizzontale e perciò vorremmo curarne una corretta accezione.
Come noto, il principio di sussidiarietà si è affermato nella letteratura giuridica contemporanea in specie con la promulgazione del Trattato di Mastricht (articolo 3B), ma esso non è ignoto, soprattutto nella sua accezione «orizzontale», anche in passato in autori come Humboldt e Tosato (G. Humboldt, Saggio sui limiti dell’attività dello Stato, trad. it., Roma, 1965; E. Tosato, Sul principio di sussidiarietà dell’intervento statale, in Nuova Antologia, 1959). Esso poi è ben presente nella dottrina della Chiesa Cattolica, per cui si può ricordare l’enciclica Quadragesimo anno, pubblicata da Pio IX il 15 maggio 1931, ove si legge: «Deve tuttavia restare saldo il principio importantissimo nella filosofia sociale: che siccome è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e con l’industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere ad una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare. Ed è questo insieme un grave danno ed uno sconvolgimento del retto ordine della Società; perché l’oggetto naturale di qualsiasi intervento della Società stessa, è quello di aiutare in maniera suppletiva, le membra del corpo sociale, non già distruggerle o assorbirle».
Nella recente enciclica Centesimus Annus, il Papa Giovanni Paolo II affermò che una società, un’organizzazione o un’istituzione di ordine superiore ad un’altra, non deve interferire nell’attività di quest’ultima, ad essa inferiore, limitandola nelle sue competenze, «ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità, ed aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti sociali, in vista del bene comune».
Il principio di sussidiarietà è altresì presente nel movimento sindacale, ad esempio nella Carta del Lavoro del 1927, dichiarazione IX, ove si afferma che «l’intervento dello Stato nella produzione economica ha luogo soltanto quando manchi o sia insufficiente l’iniziativa privata p quando siano in gioco interessi politici dello Stato. Tale intervento può assumere la forma del controllo, dell’incoraggiamento e della gestione diretta».
Tali matrici culturali sono peraltro esplicitate nella relazione di accompagnamento della proposta di legge (atto Camera n. 5017 del 24 giugno 1998, XIII legislatura), con cui si è introdotto nella Costituzione il principio di sussidiarietà, ove si legge che «il principio di sussidiarietà è un incontro tra due culture, quella cattolica e quella liberale, ma solo ampliando il suo ambito, fin qui prettamente territoriale e dunque verticale, si potrà garantire una reale autonomia della società civile. Esso recepisce, contenendole in sé, le istanze federaliste, ma allarga il suo campo di applicazione: il federalismo è sussidiarietà applicata al rapporto tra gli enti locali, ma il concetto di sussidiarietà cu si ispira la presente proposta di legge costituzionale va oltre, andando a regolare anche quei rapporti e quei livelli di autogoverno non territoriale. Dove la libera iniziativa economica è in grado affrontare un problema lo Stato deve astenersi dall’intervenire: dobbiamo dare alla libera auto-organizzazione della Società, in modo da togliere agli interventi coattivi dello Stato sempre più spazio».
Anche la dottrina si è incaricata di sottolineare, tramite autorevoli voci, che la sussidiarietà (orizzontale), come valore di fondo dell’ordinamento democratico, è comunque connessa ad una «visione del mondo» basata sul primato giuridico della libertà e della società civile nei confronti dell’autorità, presupposto di un assetto dei rapporti tra potere pubblico e gruppo sociale fondato sulla logica dell’integrazione: rectius, la funzione del principio di sussidiarietà è proprio quella della tutela degli interessi sociali, economici, morali, degli individui e degli enti privati, nonché delle formazioni sociali, attuata mediante un procedimento di astensione dell’intervento statale, al fine di consentire una piena libertà di iniziativa e di sviluppo delle forze individuali e sociali dotate di autonomia.
Tutto ciò premesso, occorre a nostro avviso favorire la crescita del principio di sussidiarietà orizzontale non attraverso un’apodittica «garanzia» offerta dai pubblici poteri come si afferma, in modo invero contraddittorio con la sostanza del principio, nel disegno di legge costituzionale del Governo, ma attraverso politiche di promozione nel contesto contemporaneo dei mercati dei servizi alla persona, che coinvolgono i settori fondamentali delle organizzazioni del no-profit e del volontariato.
La comunità non deve prevalere sulla società, come è già pericolosamente avvenuto nella storia, ma integrarsi ad essa nella ricerca del bene comune e dell’interesse generale.
Per tali ragioni riteniamo opportuno aggiungere al principio di sussidiarietà il rispetto dei «principi di concorrenza e di merito» perché è solo in questa dimensione che esso può affermarsi utilmente, superando le logiche asfittiche dell’assistenzialismo e del clientelismo implicite in una «sussidiarietà senza mercato».
Le motivazioni etiche devono e possono tornare ad essere elemento centrale del lavoro e della propensione al bene comune, non per mero tornaconto, ma per una più alta consapevolezza dell’agire umano, in grado di dare risposte attuali a bisogni inevasi nell’orizzonte del welfare pluralism.
Riteniamo inoltre utile esplicitare, nell’articolo 118 della Costituzione, un principio che si è già molto affermato nel campo della semplificazione amministrativa e della responsabilità crescente delle professioni, chiamate ad esercitare funzioni certative in sostituzione delle pubbliche amministrazioni.
Basti pensare alle dichiarazioni di inizio attività, che sostituiscono i permessi edilizi, alle quotazioni societarie e a molte e diverse attività in cui i professionisti agiscono in luogo delle pubbliche amministrazioni, in funzione sussidiaria di esse, garantendo il rispetto delle leggi e delle regole tecniche.
Questo fenomeno, integrativo o sostitutivo delle funzioni pubbliche, attraverso certificazioni professionali responsabili, costituisce un modello dinamico di grande rilievo nell’economia della conoscenza, che avvicina la società ai pubblici poteri e offre garanzie spesso di maggiore qualità e snellezza.
Questa nostra proposta di legge è presentata con spirito aperto, come si conviene ad ogni progetto di revisione costituzionale, alla ricerca di contributi e miglioramenti provenienti da tutti i gruppi parlamentari, nello spirito delle larghe intese necessario per le riforme istituzionali e, a nostro avviso, anche per il governo del Paese.one amministrativa».