Il Tribunale speciale delle Nazioni Unite per la Sierra Leone all’Aja ha condannato l’ex presidente della Liberia Charles Taylor a 50 anni di prigione per aver commesso crimini di guerra, in relazione al sostegno fornito ai ribelli del Fronte Rivoluzionario Unito durante il conflitto civile in Sierra Leone.
La condanna a 50 anni di carcere per l’ex-presidente liberiano Charles Taylor non ha destato particolare clamore sulla stampa italiana. Si dice che i media raccontino le storie che “bucano lo schermo” e apparentemente la condanna di un individuo che ha provocato la morte di migliaia di persone non sembra essere di particolare interesse.
Tuttavia, Taylor è il primo capo di stato a subire una condanna da un tribunale internazionale.
Più che una radicale novità del sistema internazionale, la condanna di Taylor rappresenta un punto di arrivo di un’evoluzione, inziata nella metà degli anni novanta, che ha portato alla creazione del principio secondo il quale viene di fatto rimossa l’immunità concessa in passato ai capi di stato per atti commessi nell’esercizio delle proprie funzioni.
La condanna di uomini di stato fu resa possibile dal processo di Norimberga, quando gerarchi nazisti furono portati alla sbarra per crimini commessi dalla Germania di Hitler, ma nella storia sono pochissimi i casi in cui capi di stato abbiano subito processi per azioni compiute durante i loro mandati.
Il caso di Carlo I d’Inghilterra ha inaugurato questa pratica, ma si trattava di un tribunale interno, mentre il caso forse più famoso è quello di Napoleone condannato all’esilio nell’isola di Sant’Elena. Erano altri tempi ed è difficile vedere il Concerto delle Nazioni come un vero e proprio tribunale. E comunque, quell’evento rimase un precedente isolato, come dimostrato dalla conferenza di pace di Versailles, nel 1919, quando neppure il Kaiser fu processato per l’invasione tedesca del Belgio neutrale che aveva scatenato la prima guerra mondiale.
Ed arriviamo al processo di Norimberga, al quale il capo di stato Adolf Hitler non arrivò mai a causa del suicidio commesso nel suo bunker di Berlino, ma il suo successore designato Karl Donitz vi arrivò e ne subì la condanna diventando così il primo capo di stato dell’era moderna a subire una condanna. Norimberga rimase però un caso isolato ed eccezionale visti gli eventi che lo precedettero. La difficoltà di processare i capi di stato si doveva ad un’immunità non scritta che, in qualche modo, giustificava le decisioni prese nell’espletamento delle proprie funzioni in quanto responsabilità dell’istituzione rappresentata e non del singolo individuo.
Nessuna immunità per crimini contro l’umanità
La fine della guerra fredda ha cambiato questa pratica. Tribunali ad hoc hanno iniziato a proliferare come quelli per i crimini commessi in Sierra Leone, ex-Jugoslavia e Ruanda. Il principio che si stava istituendo era quello di punire gli individui per le proprie azioni indipendentemente dal ruolo istituzionale ricoperto.
Su questa scia anche le sanzioni internazionali sono passate dal colpire stati al colpire individui, partiti oppure aziende. Oggi l’Unione Europea impone sanzioni su Bashar al-Assad e Robert Mugabe, le Nazioni Unite impogono sanzioni su singoli individui accusati di sostenere il terrorismo internazionale, mentre anche Saddam Hussein o Slobodan Milosevic non furono bersaglio di misure individuali da parte del Consiglio di Sicurezza.
Un’altra istituzione che ha rafforzato questo principio è il Tribunale penale internazionale, il quale ha il compito di investigare qualsiasi individuo per crimini contro l’umanitá quando i loro stati di appartenenza non siano in grado o non vogliano farlo. Questa pratica ha portato ai mandati di arresto per il presidente sudanese Omar al-Bashir e per l’ex dittatore libico Muammar Gheddafi.
In questo quadro, la condanna di Charles Taylor rappresenta un precedente importante. Anche suoi illustri precedessori non furono oggetto di sentenza di un tribunale internazionale, perché mentre Saddam Hussein fu giudicato da un tribunal iracheno, il processo a Slobodan Milosevic non arrivò a sentenza a causa della morte dell’ex Presidente della Serbia. La stessa sorte è toccata al procedimento contro l’ex-dittatore cileno Augusto Pinochet. Il peso mediatico concesso a questi casi ci ha abituato all’idea che capi di stato possano diventare oggetto di indagine da tribunali internazionali per crimini commessi nelle proprie funzioni, ma condanne fino a questo momento non se ne erano viste.
Si tratta di un caso esemplare
Chi conosce la storia dei conflitti nell’Africa occidentale negli anni novanta non può che trovare solo un piccolo sollievo nel sapere che Taylor dovrebbe finire la sua vita in carcere. Divenuto Presidente nella Liberia dopo una guerra civile di 7 anni, Charles Taylor ha subito approfittato della propria posizione per finanziare l’attività ribelle del Revolutionary United Front (Ruf) e trarre enormi profitti dalla vendita illegale di diamanti, dal quale è stato anche tratto il film Blood Diamond (diamanti insanguinati) con Leonardo di Caprio.
Il Ruf, direttamente finanziato e sostenuto da Taylor, si è macchiato di crimini atroci per la conquista del potere utilizzando lo stupro di massa come arma di conquista, ma anche compiendo veri e propri massacri. La guerra in Sierra Leone è durata dal 1991 al 2002 ed ha causato circa 50mila morti. Taylor, al potere dal 1997, è stato giudicato colpevole di aver sostenuto il Ruf nonostante fosse al corrente delle atrocità che esso commetteva, mentre non è stato provato oltre ogni ragionevole dubbio che lui fosse il mandante delle azioni del Ruf.
Il processo non è ancora finito poiché la sentenza è stata impugnata sia dalla difesa, sia dall’accusa. Tuttavia, questa decisione potrebbe avere conseguenze importanti nella comunitá internazionale. In primo luogo, Taylor è stato condannato per aver sostenuto l’attività criminale di un partito politico in un altro stato, cosa potrebbe quindi accadere in futuro per quanto riguarda gruppi che ricevono finanziamenti da altri stati, ma sono accusati di crimini contro l’umanità?
In secondo luogo, quali sono i capi di stato ed in quali circostanze si potranno tenere processi davanti a tribunali internazionali per le conseguenze commesse nell’esercizio delle proprie funzioni? Domande che prima della sentenza a Taylor non avrebbero avuto molta rilevanza, ma che potrebbero averla in futuro.
di Francesco Giumelli, Assistant Professor presso il Dipartimento di Relazioni internazionali e Studi europei della Metropolitan University Prague e autore di «Coercing, Constraining and Signalling» (Ecpr press, 2011).