Le regole d’oro del fiscal compact

trattato-di-stabilita-large

L’Eurozona sta finalmente emergendo da due anni di crisi dei debiti nazionali. Così si sono espressi i leader dei Paesi Ue ieri nel vertice di Bruxelles in cui con la firma del Trattato di Stabilità è stato approvato il fiscal compact. Mentre Il Financial Times titola: “I leader dell’Eurozona puntano ala ripresa”. Segno che qualcosa sta veramente cambiando.

Il «trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance dell’Unione economica e monetaria», più comunemente definito «fiscal compact», oggi definitivamente firmato da 25 Stati dell’Unione europea, contiene una serie di «regole d’oro» che sono fissate sono comunque vincolanti per i firmatari, fra i quali l’Italia.

Sul fronte della fiducia e della percezione che fuori dai confini europei si ha del nostro malridotto continente, molto è cambiato. Quella percezione che è fondamentale nella misura in cui, quando è stata negativa, ha causato il collasso finanziario con spread impazziti e costo del debito (già esplosivo) schizzato a livelli inverosimili soprattutto per le economie più disastrate (Grecia, Italia, Spagna e Portogallo in testa).

Ora, approvato il fiscal compact, introdotto il prinicipio del pareggio di bilancio in ambito europeo (ogni singolo Stato dovrà ora ratificarlo internamente), è il momento di passare ai fatti. È quello che ci chiedono gli investitori stranieri, quelli che poi alla fine comprano i nostri titoli di Stato.

È quello che chiedono le banche italiane, le altre grandi accaparratrici di Btp e Bot. Che in questi giorni soffrono dolorosi mal di pancia per le decisioni del Governo Monti di tagliare commissioni allo sportello nell’ambito delle liberalizzazioni prossime all’approvazione alla Camera.

La fase peggiore della crisi è alle spalle, è quello che ieri e l’altroieri andavano ripetendo per i corridoi di Bruxelles i leader dei 25 paesi che hanno approvato il fiscal compact (Gran Bretagna e Repubblica Ceca sono rimaste fuori): il piano di salvataggio della Grecia da un parte, la continua immissione di soldi sul mercato da parte della Bce con altri 529 miliardi di euro arrivati alle banche dei Paesi in difficoltà (130 sono andati a quelle italiane), i piani di rilancio dell’economia in Italia e Spagna, sono tutte prove del fatto che l’Europa e le istituzioni ce la stanno mettendo tutta.

“Abbiamo voltato pagina” ha detto il presidente francese Nicolas Sarkozy. “La strategia che abbiamo messo in atto sta portando i suoi frutti”.

Ma attenzione agli entusiasmi facili. È stato per primo il presidente della Bce Mario Draghi a frenare l’ottimismo. “La ripresa è fragile” ha detto, con il pensiero volto alla Germania di Angela Merkel che sta nicchiando all’ipotesi di rafforzare il fondo salvastati da 500 a 750 miliardi di euro come invece richiesto dal Fondo monetario internazionale e dai paesi extra Ue come dimostrazione di “buona volontà” a cui potrebbe seguire un loro intervento aggiuntivo a favore dei paesi Ue.

Perché se è vero che gli Stati deboli devono fare (e stanno facendo) la loro parte con manovre, sacrifici, tagli alla spesa, privatizzazioni, riduzione del debito, ora anche gli Stati forti non devono tirarsi indietro. È quello che chiede tra le righe (ma neanche troppo) Draghi. È quello che chiedono i fondi stranieri. È quello che chiede l’Europa che deve dimostrare di essere, oggi, più matura.

 

Ecco i punti principali contenuti nei 16 articoli del trattato.

– L’impegno ad avere bilanci pubblici «in equilibrio», o meglio ancora positivi al netto del ciclo economico. Il deficit strutturale non deve superare lo 0,5% del Pil e, per i Paesi il cui debito è inferiore al 60% del Pil, l’1%.

– Ogni Stato garantisce correzioni automatiche quando non raggiunge gli obiettivi di bilancio concordati ed è obbligato ad agire con scadenze determinate.

– La nuova regole devono essere inserite nella legislazione nazionale, preferibilmente in norme di tipo costituzionale. Dopo che alcuni Stati hanno evidenziato che questo avrebbe richiesto un referendum, è stato deciso di non rendere obbligatoria questa indicazione: bastano altri tipi di garanzie.

– La Corte europea di giustizia verificherà che i Paesi che hanno adottato il trattato lo abbiano trasposto nelle leggi nazionali. In caso contrario, uno Stato può essere deferito alla Corte dagli altri e incorrere in una sanzione pari allo 0,1% del Pil .

– Il deficit pubblico dovrà essere mantenuto al di sotto del 3% del Pil, come previsto dal Patto di stabilità e crescita, e in caso contrario scatteranno sanzioni semi-automatiche.

– Ci saranno almeno due vertici all’anno dei 17 leader dei Paesi che adottano l’euro, con gli altri Paesi invitati almeno a uno dei due.

– Il trattato intergovernativo entrerà in vigore quando sarà stato ratificato da almeno 12 dei Paesi interessati.

Il testo del patto di bilancio Ue

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *