Tre quarti delle persone vittime del traffico di esseri umani sono oggetto di sfruttamento sessuale. Le donne sono il 79% del totale, e il 12% di queste sono ragazze minorenni, 2 su 10 sono maschi (Fonte Ue)
I numeri sono allineati sul tavolo davanti a Cecilia Malmström, commissaria europea agli Affari interni: «Tre quarti delle persone vittime del traffico di esseri umani sono oggetto di sfruttamento sessuale. Le donne sono il 79% del totale, e il 12% di queste sono ragazze minorenni. Uomini e ragazzi rappresentano il restante 21%». Questa, dunque, è l’Unione Europea agli inizi del ventunesimo secolo.
«E il traffico degli esseri umani è la schiavitù dei nostri tempi — dice la commissaria Ue — soprattutto il traffico delle donne sfruttate per il commercio del sesso. Romania e Bulgaria sono i Paesi più colpiti. I dati sono in aumento. Le cause? Certamente la crisi economica ha reso queste stesse vittime ancora più deboli. E noi avremmo dovuto fare molto di più nel passato, per aiutarle».
Non che non sia stato fatto nulla.
Una direttiva Ue già approvata, che fissa i principi generali sulla prevenzione di questi fenomeni e sulla protezione delle vittime, dovrebbe entrare in vigore nell’aprile 2013. Ma il tempo corre, e le organizzazioni criminali pure: i casi di «schiavismo sessuale» rappresentavano il 70% di tutto il traffico nel 2008, ed erano passati già al 76% nel 2010, per poi salire ancora. Non si hanno ovviamente dati precisi, per la paura di vittime e testimoni, ma l’introito complessivo del traffico nella Ue raggiungerebbe già decine di milioni di euro all’anno, e nel mondo potrebbe arrivare al 2,5% del prodotto interno lordo complessivo: quasi 21 milioni le vittime, e di queste oltre 5 milioni sarebbero bambine e bambini.
Secondo la Commissione europea, il traffico è già oggi la seconda fonte di guadagno per le organizzazioni criminali internazionali (la prima è ancora la droga). Le indagini svolte finora disegnano un metodo sempre uguale: il viaggio più o meno clandestino verso i Paesi più ricchi, la prostituzione forzata e comunque le violenze, il debito verso il trafficante che diventa una catena, a volte per sempre; infine il reinvestimento dei profitti in immobili, case da gioco, stupefacenti.vittime, dovrebbe entrare in vigore nell’aprile 2013. Ma il tempo corre, e le organizzazioni criminali pure: i casi di «schiavismo sessuale» rappresentavano il 70% di tutto il traffico nel 2008, ed erano passati già al 76% nel 2010, per poi salire ancora.
Non si hanno ovviamente dati precisi, per la paura di vittime e testimoni, ma l’introito complessivo del traffico nella Ue raggiungerebbe già decine di milioni di euro all’anno, e nel mondo potrebbe arrivare al 2,5% del prodotto interno lordo complessivo: quasi 21 milioni le vittime, e di queste oltre 5 milioni sarebbero bambine e bambini.
Le leggi sono diverse da Paese a Paese, le situazioni economico-sociali e le tradizioni culturali pure: in alcuni Paesi, come la Svezia della commissaria Malmström, è reato comprare prestazioni sessuali (non venderle), in altri come l’Olanda i bordelli sono legali, e per qualcuno sono anch’essi una calamita che finisce per accrescere la domanda di sesso, quindi il traffico delle donne da Paesi meno ricchi.Secondo i sondaggi, il 90% dei cittadini Ue ritiene che si debba agire subito. Tutti, sulla carta, sono contro questa piaga, ma poi è difficile armonizzare le azioni. Così, la Commissione europea ha lanciato ora una consultazione fra gli Stati, per integrare la direttiva già approvata.Viene chiesto ai governi, alle organizzazioni non governative, che cosa si possa fare di più e di meglio in questo campo. E, sulle risposte, dovrebbe imperniarsi una strategia quinquennale con 5 priorità già delineate:
•prevenzione del traffico;
•punizione sicura dei responsabili;
•identificazione e protezione delle vittime;
•coordinamento interstatale, anche con Paesi fuori dalla Ue;
•aumento dell’informazione sul fenomeno.
«Sono stata nei centri di accoglienza in Kosovo, a Belgrado, a Londra, dovunque — dice ancora la commissaria Malmström — e dappertutto ho parlato con queste donne: bisogna davvero fare di più, in favore della vittima».