La vita oltre gli orrori: Il Novecento di Fanny Kaufmann

pianista Claudia Presicce nelle pagine culturali del Quotidiano di Lecce porta al centro dell’attenzione la famiglia come serbatoio di memorie e quindi di storia. Nel romanzo “Il Novecento di Fanny Kaufmann”, Passigli Editori 2012, Fania Cavaliere ci racconta la saga della sua famiglia e quindi, attraverso i loro occhi, la storia del Novecento

La storia siamo noi. Ogni famiglia è naturale serbatoio di memorie di un’epoca e di un luogo. Ci sono storie umane però che per la loro ampiezza travalicano i luoghi e anche le loro epoche e assurgono al ruolo di paradigmi storici, perni di ricostruzione straordinaria della memoria.

Una di queste è certamente la storia di Fanny, cresciuta a Yalta, nella Crimea zarista e partita poi verso l’Italia inseguendo la voglia di studiare arte e incontrando qui il suo destino, Alberto Cavaliere poeta e giornalista, deputato socialista antifascista.

Dai pogrom russi al fascismo italiano, la famiglia ebrea di Fanny conosce l’orrore di ben due persecuzioni, ma resta sempre unita, rema controcorrente in una gimcana contro il destino che passa tra le grandi capitali europee, i gulag russi e i campi di concentramento nazisti, le peregrinazioni in fuga dall’Italia degli anni Trenta e la pura voglia di spostarsi facilmente per motivi di studio e lavoro tipica della cultura ebraica. Praticamente sullo sfondo, velluto su cui tutto scivola, c’è l’incredibile voglia di tre donne di vivere un’esistenza normale sia pure tra le smagliature della storia di un’Europa calata in un frullatore impazzito.

Dai diari di Fanny arrivati nelle mani di sua nipote Fania Cavaliere è nato “Il Novecento di Fanny Kaufmann” (Passigli Editori), il libro che sarà presentato questa sera a Lecce, presso la libreria Liberrima alle 19.30. Ad introdurre gli argomenti di questo intenso romanzo storico, tratto dalla vera storia di una donna dalla vita emblematica e delle sue sorelle, interverranno, accanto all’autrice, Augusta Epifani direttrice della libreria e Gabriella Carlucci.

“Il Novecento è sceso a valle come una valanga e molte delle nostre vite sono rimaste sotto la neve” annota Fanny sul suo diario, cogliendo in poche parole il senso di un’epoca. Il romanzo è mosso dalla ricerca di un senso, dalla necessità di capire i margini del delirio collettivo che ha stravolto la prima metà del secolo breve, di ideologie violente che hanno inquinato le esistenze anche di chi avrebbe voluto restare ai margini della storia e continuare semplicemente a vivere con i propri piccoli sogni. Nessuna riserva protetta, dunque, dai totalitarismi, dal razzismo, dalla follia di ideologie estreme, quello che aiuta Fanny e le sue sorelle e sostiene le loro menti è la tenacia nell’andare a riprendersi il futuro, una sana voglia di resistere a quella “valanga” sino in fondo.
È comprensibile come l’eredità di questi pensieri e di un vissuto che oggi ha i colori di un’epopea familiare paradigmatica del Novecento europeo sia stata raccolta e accolta dall’autrice, ultimo anello di questa catena femminile, investita dalla necessità di dare voce e corpo al messaggio arrivato dal passato.

Già autrice di “La logica formale in Urss negli anni del dibattito 1946 – 1965” (La Nuova Italia), docente di filosofia e storia in un liceo milanese, Fania Cavaliere ha imbastito così questo suo primo romanzo intorno alle pagine di quel diario, raccontando di sua nonna e delle sue prozie, ma finendo poi per compiere un’operazione di raccolta della memoria storica ovviamente molto più dilatata, dalla Yalta di fine Ottocento alla Milano contemporanea. Tra gli infiniti stimoli alla riflessione, c’è la storia degli ebrei di Russia sempre tormentata, per una serpeggiante diffidenza imperante già al tempo degli Zar, autori di feroci pogrom e dei “Protocolli dei savi di Sion”, testo stampato nelle tipografie zariste e ripreso poi da Hitler. Stessa mentalità antisemita si era poi incuneata tra i meandri di una stagione comunista inaugurata sotto ben altri auspici di rispetto dei diritti civili di ognuno, tanto che molti autorevoli esponenti della rivoluzione russa e poi dell’apparato statale erano ebrei, Trotsky stesso lo era. I tanti funzionari comunisti furono poi i primi ad essere sospettati come responsabili di fronte ai primi problemi. Dall’antisemitismo fortemente radicato nella mentalità russa a quello imposto dalle leggi razziali in Italia, corre il Novecento della famiglia Kaufmann, seguito dalla speranza e dal primo alito del nuovo vento che avrebbe ripulito l’Occidente.

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