Il lungo percorso politico patrocinato dalle Nazioni Unite per ridare alla Somalia istituzioni statali credibili, ha avuto fine il 10 settembre con l’elezione del presidente della Repubblica. Il governo di transizione, in funzione da venti anni, ha così terminato ufficialmente il proprio mandato.
Il Parlamento ha scelto con maggioranza assoluta Hassan Sheick Mohamud, 56 anni, professore universitario, accademico conosciuto in varie organizzazioni internazionali, tra cui il Contact Group on Piracy off the Coast of Somalia (Cgpcs), foro che periodicamente si riunisce a Copenhagen per analizzare le più efficaci forme di contrasto alla pirateria, ove ha partecipato in qualità di capo delegazione degli esperti somali.
Rinnovamento
La nomina del nuovo Presidente, non appartenente ad alcun partito politico ma legato al movimento al-Islah, braccio somalo dei Fratelli Musulmani, è stata accolta da tutto il paese con manifestazioni di euforia ed ha smentito i timori che si erano ventilati riguardo a possibili ulteriori rinvii.
Lo stesso rappresentante speciale delle Nazioni Unite per la Somalia, Augustine Mahiga, dapprima preoccupato per i disaccordi intervenuti tra i componenti dell’Assemblea costituente incaricata della selezione dei membri del Parlamento e i leader tribali che avevano il compito di proporre le nomine, si è ora dichiarato soddisfatto del compimento del difficile percorso, imposto, per ultimo, dagli accordi di Addis Abeba del 23 maggio.
Dopo la puntuale approvazione della nuova Costituzione, lo scorso 20 giugno, la nomina dei membri del Parlamento ha subito numerose dilazioni sino a giungere alla definizione di ogni contrasto solo il 20 agosto. In quella data, inizialmente prevista quale termine dell’assetto istituzionale provvisorio, hanno potuto prestare giuramento 275 parlamentari, di cui il 56% laureati e il 16% donne.
La speranza di una favorevole prosecuzione dei lavori si è poi rafforzata con l’elezione a portavoce del Parlamento, equivalente del nostro presidente, di Mohamed Osman Jawari, fine giurista, per anni avvocato e docente universitario in Norvegia, nonché membro di diverse commissioni contro le discriminazioni e il razzismo.
Sicurezza
L’imponente dispiegamento di forze militari e di polizia in Mogadiscio ha consentito un normale svolgimento delle operazioni elettorali, con pochi episodi di violenza, tra cui un attentato senza vittime ad un veicolo della missione dell’Unione africana in Somalia (Amisom).
Il trend positivo nel settore sicurezza registratosi già da tempo nella capitale ha raggiunto nuovi indicativi risultati: secondo i dati diffusi dalle Nazioni Unite i casi di conflitti armati dall’inizio dell’anno sono diminuiti del 70%, mentre gli attacchi terroristici sono scesi del 50%.
Dopo aver perso il controllo di Mogadiscio, le forze di Al Shabab negli ultimi giorni hanno subito pesanti sconfitte anche nelle roccaforti del sud a causa di una indiscutibile superiorità militare delle unità dell’Unione africana, ma anche delle numerose defezioni di militanti, diventate preziosa fonte per l’intelligence. Al Qaeda stessa ha criticato i militanti di Al Shabab per comportamenti anti-islamici che li rendono impopolari agli occhi della popolazione somala.
Lungo cammino
Sicuramente il paese è a una svolta, si inaugura una nuova stagione per tutta la nazione grazie al felice compimento delle elezioni presidenziali, ma le cifre del disastro somalo sono ancora impressionanti: negli Stati confinanti si contano un milione di profughi e all’interno gli sfollati sono circa un milione e mezzo.
Gli analisti ritengono quindi difficile normalizzare nel breve periodo la situazione socio-economica in Somalia, mentre il giurista Jawari nella sua prima intervista ha dichiarato che il popolo somalo è per definizione pacifico, tollerante e liberale, pronto a imparare presto la democrazia e che una volta ripristinati la pace e il rispetto delle regole seguirà in pochi anni la crescita economica.
Anche la lotta alla pirateria, fenomeno derivante dall’assenza di autorità governative e giudiziarie e da una guerra civile durata oltre venti anni, potrà cambiare strategia ed essere condotta a terra anziché in mare. Il nuovo presidente, per la sua pregressa partecipazione al Cgpcs, è ben consapevole delle aspettative che la Comunità internazionale ripone nel nuovo corso e il contrasto alla particolare attività criminosa sarà uno degli aspetti su cui più dovrà concentrare il proprio impegno.
In un quadro così delineato, i primi passi mossi dalla nuova amministrazione, la responsabilità dei nuovi leader e l’enorme sostegno fornito dalla Comunità internazionale – che ha dato prova di buona compattezza – inducono a ben sperare. Anche se, indubbiamente, la strada da percorrere è ancora in salita.
Ferdinando FEDI, Ufficio Generale Affari Giuridici dello Stato Maggiore Difesa