Degli ottanta consiglieri 14 sono sotto inchiesta. Nei guai anche il Governatore e cinque assessori.
Sui manifesti post elettorali di Domenico Zambetti, primavera 2010, c’era scritto «In regione grazie a voi». «Praticamente, una confessione…» ironizzano via Twitter.
Farebbe ridere se non fosse uno tsunami, la fine dell’innocenza: l’accusa d’infiltrazione ‘ndranghetista (soldi in cambio di voti sporchi) ai piani più alti mai mossa ad un esponente politico lombardo, anche se dalla maxi inchiesta «Infinito» del luglio 2010, quella che svelò la cena lugubre al Centro Falcone e Borsellino di Paderno Dugnano in cui le ‘ndrine elessero Pasquale Zappia al vertice dei clan calabresi in Lombardia, si era capito già tutto.
Non si finisce di scrivere una notizia che bisogna aggiornare l’elenco in questa Lombardia deturpata, dove il prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi sostiene che da queste parti «la mafia non esiste». «Altro che Baviera, ci stiamo meridionalizzando», ride amaro un consigliere di maggioranza al Pirellone.
Con l’arresto di Domenico Zambetti, assessore alla Casa (in precedenza all’Ambiente e all’Artigianato) di una giunta Formigoni arroccata nel fortino dell’impunità, e l’avviso di garanzia a Massimo Buscemi, salgono a 14 su 80 i consiglieri regionali finiti sotto inchiesta. Un elenco da far impallidire gli anni torvi di tangentopoli. In rigoroso ordine alfabetico troviamo l’assessore leghista al Territorio e all’urbanistica, Daniele Belotti; il collega di partito, ex presidente del consiglio regionale, Davide Boni; il «trota» Renzo Bossi, ormai ex consigliere, indagato nella vicenda dei rimborsi elettorali che ha travolto il clan di Gemonio; la new entry Massimo Buscemi (Pdl), il genero di Daccò, indagato (con i colleghi di partito Nicoli Cristiani e Ponzoni) per peculato e truffa aggravata.
La pattuglia pidiellina prosegue con Angelo Giammario, Romano La Russa, Franco Nicoli Cristiani e Nicole Minetti (filone Ruby e festini di Arcore). Poi c’è Filippo Penati, ex capo segreteria di Bersani (l’altro giorno i Pm hanno chiesto il suo rinvio a giudizio) e la vicenda inquietante di Massimo Ponzoni, ex assessore alla Protezione civile e all’Ambiente, ex coordinatore del Pdl Monza-Brianza, arrestato per il crac della società Pellicano. Già nelle carte dell’operazione Infinito veniva definito «capitale sociale» delle ndrine e Desio, la sua roccaforte elettorale, il trapianto «meglio riuscito» della criminalità calabrese al Nord. Fresco di sentenza è invece il pidiellino Gianluca Rinaldin, condannato in primo grado per truffa su rimborsi spese, filone appalti turistici sul lago di Como. Infine la padana Monica Rizzi, ex assessore allo Sport, accusata di dossieraggio pro Renzo Bossi.
A questo quadro si aggiungono Roberto Formigoni, a processo per aver diffamato i Radicali e indagato per corruzione, in concorso all’amico faccendiere Pierangelo Daccò, nello scandalo della clinica Maugeri, e ben 5 assessori del suo lungo regno al Pirellone (governa dal 1995) finiti in manette: oltre ai già citati Zambetti, Ponzoni e Nicoli Cristiani, Guido Bombarda (Formazione professionale) e Piergianni Prosperini (Turismo). Senza contare amici stretti del «Celeste», caduti nelle maglie della giustizia, come Marco Mazarino de Petro, il già citato Daccò, Antonio Simone o Alberto Perego, coinvolti nelle vicende Oil for Food, Maugeri o nel crac miliardario del San Raffaele.
Formigoni in questi mesi ha sempre minimizzato, smentito, circoscritto colpe e responsabilità. «Prosperini era assessore ma era sicuramente innocente, come Alberto Stasi», disse qualche mese fa in aula. «Nicoli Cristiani non era più assessore, come Ponzoni, e un motivo ci sarà stato…». La Minetti «me l’ha presentata don Verzè». «Boni è della Lega e poi non faceva più l’assessore…». E Zambetti, «è grave ma sono problemi suoi…». Al pari degli scandali sanitari «affari tra privati, non un euro di soldi pubblici è stato sprecato…».
In realtà dietro la maschera di eccellenza Lombarda, in filigrana ad arresti e inquisiti eccellenti, si misura l’usura di un potere quasi ventennale. Bonifiche, sanità, rifiuti, tangenti su appalti edilizi e turistici, crac immobiliari fino alle infiltrazioni mafiose: dalle inchieste ce n’è per tutti i gusti. Dalla «capitale morale» alla «peste lombarda».
Marco Alfieri, La Stampa