La necessaria riforma elettorale

In conclusione, per dare effettiva parola al cittadino-elettore occorre, dunque, superare l’attuale sistema e approvare nella legislatura in corso la nuova legge elettorale, all’esito di un ampio dibattito parlamentare, condiviso in maniera quanto più ampia possibile dalle forze parlamentari e al di là degli schieramenti, affinché si ponga non quale irrealizzabile riforma di tutti, ma come una riforma che riesca a coniugare, in un connubio virtuoso, le esigenze della rappresentanza, della stabilità di Governo e di un efficiente funzionamento delle istituzioni parlamentari con le peculiarità del sistema politico italiano, più e prima ancora che della sua componente più in crisi, qual è il sistema dei partiti.

La seconda proposta di leggeii si prefigge invece di modificare la disciplina in vigore per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, in modo più limitato, modificando la legge vigente su due punti essenziali: eliminando il premio di maggioranza e reintroducendo le preferenze, con l’alternanza di genere.

La proposta di legge modifica puntualmente, per tutti i profili coinvolti, la disciplina per l’elezione della Camera dei deputati, prevista dal testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera di deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361.

Nella fattispecie, il disposto letterale della norma introduce il limite alle candidature plurime, prevedendo che solo tre siano le liste circoscrizionali in cui è possibile trovare lo stesso candidato.

Sulla modalità di espressione del voto da parte degli elettori, si è compiuta la scelta di prevedere la possibilità, per l’elettore, di esprimere uno o due voti di preferenza per candidati presenti nella lista circoscrizionale da lui votata.

La scelta della preferenza è fondata sull’esigenza di restituire al cittadino la possibilità di riconoscere e di scegliere direttamente i parlamentari, così abiurando l’intero sistema attuale basato solo sulle scelte oligarchiche dei partiti.

Il sistema elettorale che si prevede, inoltre, risulta essere fondato sulla formula proporzionale senza premio di maggioranza. La volontà di abolire il premio di maggioranza deriva dalla constatazione che questo sistema, figlio dell’illusione bipolare, costringe le forze politiche a mettersi insieme anche al di là della reale omogeneità politica, così che le coalizioni sono in grado di vincere ma non di governare. Resta, invece, la soglia di sbarramento, che consente di limitare la frammentazione politica, così come resta la facoltà di rendere noti preventivamente, dinanzi agli elettori, l’alleanza di riferimento, il nome del candidato alla carica di premier e il programma comune tra più forze politiche.

Una puntuale disposizione è stata, inoltre, prevista per garantire la rappresentanza di genere: innanzitutto ciascuna lista circoscrizionale, a pena di inammissibilità, non può contenere un numero complessivo di candidati dello stesso sesso in misura superiore ai due terzi dei componenti l’intera lista. Inoltre, nel caso di espressione di due preferenze da parte dell’elettore, una deve riguardare un candidato di genere maschile e l’altra un candidato di genere femminile della stessa lista, pena l’annullamento della seconda preferenza. Un sistema, questo, che garantirà l’effettiva parità nella rappresentanza di genere in Parlamento.

La proposta di legge novella poi – all’articolo 2 – le disposizioni contenute nel testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533.

Anche per il sistema di elezione del Senato della Repubblica si prevede la possibilità di esprimere la preferenza, il divieto di candidature plurime e l’obbligo della seconda preferenza a un candidato di genere diverso rispetto a quello della prima. Restano in vigore le norme in materia di soglia di sbarramento per l’accesso alla ripartizione dei seggi, mentre è soppresso, anche al Senato della Repubblica, l’attuale premio di maggioranza pari al 55 per cento dei seggi.

In effetti, la preferenza per il modello tedesco o, rectius, “italo-tedesco”, non esclude la considerazione di altre ipotesi.

In particolare l’uninominale a doppio turno (modello francese) ha il pregio di consentire la scelta del candidato da parte degli elettori, anche in virtù di collegi non ampi, e di esprimere due voti: il primo, quello del “cuore”, al candidato più vicino alle proprie idee e preferenze; il secondo, al candidato che, avendo superato la soglia del primo turno (in Francia del 12% circa) può aspirare a vincere perché in grado di coagulare i maggiori consensi (voto di governo).

Potrebbero essere riviste le soglie o altre modifiche ma, comunque anche il sistema francese, adattato alle condizioni italiane, può essere efficace.

Si è aperta una nuova fase politica, il confronto sulla riforma elettorale è necessario e l’esito deve essere privo di pregiudizi.

Con il pragmatismo cui abbiamo ispirato questo lavoro, dobbiamo anche rilevare che, nella fase politica attuale, anche un’intesa sulla riduzione del premio di maggioranza, previsto dalla legge elettorale vigente, costituirebbe un risultato significativo.

L’attuale premio di maggioranza è abnorme, non esiste in alcun altro sistema elettorale, può determinare, in una fase che vede in crisi i “poli tradizionali”, che una coalizione che vince con il 38% dei voti abbia in premio il 16% dei seggi: ciò è ancora più assurdo nella legislatura che elegge il Capo dello Stato. Si predica il maggioritario ma sarebbe più corretto affermare, in tali circostanze, che l’attuale condizione è quella del “trionfo del minoritario”, sia per la capacità attribuita alle forze radicali e massimaliste di condizionare le coalizioni assumendone la “golden share”, sia per il fatto che il premio elettorale trasforma minoranze deboli in forti e inespugnabili maggioranze, alterando, oltre ogni logica e misura, il principio di rappresentanza democratica.

Dunque, la riduzione del premio di maggioranza (ad esempio, da attribuirsi solo alle coalizioni che raggiungono almeno la soglia del 45% dei voti, secondo proposte circolanti) è un obiettivo politico importante che consentirebbe la rivalutazione del parlamento e governi più autorevoli perché effettivamente rappresentativi della maggioranza degli italiani, secondo criteri democratici e non trucchi contabili.

È significativo che per l’abolizione del premio di maggioranza e la riforma elettorale si sia costituito, con autorevoli personalità, un Comitato Referendario.

Le riforme elettorali occorre farle in parlamento, con la massima condivisione, ma dinanzi ad una colpevole ed imperdonabile inerzia, anche la via del referendum popolare risulterebbe doverosa.

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