La necessaria riforma elettorale

La prima proposta di leggei(4) si prefigge di modificare la disciplina in vigore per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica: ciò si rende necessario dopo l’esperienza negativa maturata con l’applicazione della normativa vigente e alla luce del necessario superamento del bicameralismo paritario.

La legge 21 dicembre 2005, n. 270, di modifica del sistema elettorale per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, ha infatti profondamente modificato il quadro e l’assetto previgente, come definito dal cosiddetto «Mattarellum». Essa ha segnato una netta discontinuità rispetto al passato, trasformando il sistema elettorale da «maggioritario corretto» a «proporzionale con clausola di sbarramento e premio di maggioranza».

Approvata nella XIV legislatura, dopo appena due mesi di discussione parlamentare e con i voti della sola maggioranza, la legge di riforma elettorale è stata, fin dall’inizio, oggetto di numerosi rilievi critici, tanto in sede scientifica quanto in sede di confronto politico-parlamentare.

Peraltro, le perplessità e le critiche sollevate durante il dibattito parlamentare hanno trovato in larga misura conferma dopo la prima applicazione della disciplina, con le elezioni politiche del 2006: alla sua prima prova il nuovo sistema elettorale ha mostrato tutti i suoi punti di debolezza.

A ben vedere la legge elettorale in vigore ha manifestato un grave difetto che si è evidenziato già nella fase della definizione delle liste: l’effetto congiunto della sostituzione dei collegi uninominali con circoscrizioni elettorali di grandi dimensioni e della possibilità di candidature plurime ha fortemente indebolito il rapporto dei parlamentari con i territori di cui sono espressione.

In sostanza, l’ampiezza delle circoscrizioni ha compresso significativamente la riconoscibilità dei candidati da parte dell’elettore, facendo aumentare la distanza tra la base elettorale e la sua rappresentanza parlamentare.

È bene, infatti, sottolineare che comprimere la rappresentanza in un momento di generale «scollamento» tra le istituzioni e la società civile rischia di amplificare ulteriormente la distanza tra elettori ed eletti e la sfiducia dei cittadini per la politica e le istituzioni, accrescendo l’apatia e la disaffezione al voto.

Alla luce di quanto delineato, la proposta di legge in esame intende, dunque, modificare l’attuale sistema elettorale, nel tentativo di correggere alcune, evidenti e profonde storture.

Nel fare ciò si è ritenuto opportuno ripartire dall’intenso lavoro condotto nel corso della XV legislatura, nella I Commissione Affari costituzionali del Senato della Repubblica, che ha portato all’elaborazione di un testo ampiamente condiviso, frutto di un impegnativo e acceso confronto politico risultante dalla convergenza costruttiva tra le diverse forze politiche a cui, tuttavia, non si è dato seguito a causa della fine anticipata della legislatura.

L’articolato proposto si pone, infatti, la precipua finalità di individuare un sistema che rispecchi il maggior grado possibile di condivisione, senza sacrificare la coerenza e la funzionalità di un testo legislativo che rappresenta un elemento cruciale e determinante del nostro ordinamento.

La proposta di legge, all’articolo 1, modifica puntualmente, per tutti i profili coinvolti, la disciplina per l’elezione della Camera dei deputati, prevista dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361.

Nella fattispecie, il disposto letterale della norma introduce il limite alle candidature plurime, prevedendo che solo uno sia il collegio uninominale nel quale diviene possibile presentare la candidatura e che solo due siano le liste circoscrizionali in cui è possibile trovare lo stesso candidato.

Sulla modalità di espressione del voto da parte degli elettori si è compiuta la scelta di prevedere il voto unico per il candidato nel collegio uninominale e per la lista circoscrizionale che presenta lo stesso contrassegno.

La scelta del voto unico è fondata sull’esigenza di assicurare al sistema un fattore di tenuta della competizione bipolare, una volta intrapresa la via della formula proporzionale senza premio di maggioranza: infatti gli elettori sono portati, in questa forma, a votare in modo univoco, perché sia il candidato nel collegio sia la lista circoscrizionale sono l’oggetto comune della loro scelta.

Occorre considerare il contesto di articolazione estrema dell’offerta politica in Italia per apprezzare come tale fattore unificante sia particolarmente utile, laddove esso è assicurato in altri contesti, come quello tedesco, dalla stessa condotta dei partiti e degli elettori, anche nella possibilità di scelte difformi, che però in quella esperienza restano di fatto limitate in dimensioni marginali.

Ma soprattutto il testo contiene gli elementi di uno sviluppo, coerente e significativo, verso un equilibrio capace di raccogliere un più ampio consenso.

In tale ottica, il sistema elettorale delineato risulta essere fondato sulla suddivisione per metà tra i seggi attribuiti in collegi uninominali, con formula maggioritaria, e quelli attribuiti nelle liste circoscrizionali, senza voto di preferenza.

Per ciò che concerne l’aspetto relativo alla ripartizione dei seggi, la presente proposta di legge è orientata al criterio proporzionale con la previsione di una soglia di accesso – mediante clausola di sbarramento – fissata al 5 per cento dei voti su base nazionale, con deroga territoriale del 7 per cento in cinque circoscrizioni.

La clausola è diretta – com’è noto – a ridurre tendenzialmente la frammentazione dell’assetto politico e a favorire le aggregazioni.

Uno degli aspetti maggiormente innovativi rinvenibili nella proposta di legge è quello relativo all’introduzione dell’obbligo e, si badi, non della semplice facoltà, di rendere noti preventivamente, dinanzi agli elettori, l’alleanza di riferimento, il nome del candidato alla carica di premier e il programma comune tra più forze politiche.

Gli altri elementi di novità, invece, corrispondono all’esigenza di assicurare la più ampia capacità rappresentativa del sistema, senza sacrificare la tendenza alla competizione bipolare ormai assimilata dagli elettori.

Una puntuale disposizione è stata, inoltre, prevista per garantire la rappresentanza di genere: nello specifico, il limite dei due terzi di candidati appartenenti al medesimo sesso non è computato per ciascun gruppo di candidati – costituito, cioè, dai candidati nei collegi uninominali e dalla lista circoscrizionale ad essi collegata – in relazione ai seggi spettanti alla circoscrizione, ma si è ritenuto opportuno riferire tale limite ai componenti del singolo gruppo di candidati rendendo, in tal modo, più efficaci gli effetti (numerici) prodotti dalla norma in esame.

Per quanto attiene il riparto dei seggi, esso è compiuto in sede nazionale, in base alle cifre elettorali risultanti dalla somma dei risultati circoscrizionali e secondo la formula dei quozienti naturali e dei più alti resti. Tale previsione corrisponde, come evidente, alle molteplici sollecitazioni dirette a garantire, una volta superata la soglia di accesso – il 5 per cento dei voti come affermato precedentemente – che i suffragi si trasformino in seggi secondo una rappresentazione quanto più realistica, fatto salvo il criterio di prevalenza del voto per i candidati nei collegi quando questo non corrisponda alla ripartizione proporzionale.

Gli articoli 2 e 4 della presente proposta di legge recano, poi, una specifica delega al Governo per la determinazione dei collegi uninominali per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

Alla disciplina mutuata dall’articolo 7 della legge n. 277 del 1993 per la Camera dei deputati e dall’articolo 7 della legge n. 276 del 1993 per il Senato della Repubblica sono state apportate, nella fattispecie, alcune modifiche dettate dalle diverse dimensioni dei collegi e dalle diverse condizioni in cui essi operano. Ai parametri di formazione e dimensionamento è stato, infatti, aggiunto quello della corrispondenza con circoscrizioni che siano multiple di quelle che insistono sul medesimo territorio come collegi uninominali per l’elezione dei consigli provinciali. Inoltre, mentre nella fase costitutiva è stato conservato il limite di oscillazione del 10 per cento dalla popolazione media della circoscrizione, il limite di variazione per procedere a un nuovo dimensionamento delle circoscrizioni dei collegi è stato portato allo scostamento del 25 per cento.

Va osservato, inoltre, che la proposta tecnica resta attribuita alla Commissione prevista dal citato articolo 7 della legge n. 277 del 1993; quanto ai termini di adempimento per ciascuna delle fasi procedurali, sono stati conservati quelli adottati e rivelatisi efficaci nel 1993.

La proposta di legge novella poi – all’articolo 3 – le disposizioni contenute nel testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533.

Il sistema di elezione del Senato della Repubblica è ridefinito recuperando, nella sostanza, il sistema vigente fino al 1993: una formula proporzionale esclusivamente su collegi uninominali, in ambito regionale, con soglia di accesso individuata al 5 per cento dei voti validi espressi nello stesso ambito regionale. L’intento che sottende a tale scelta è chiaro: si tratta di una formula semplice, sperimentata con buoni risultati di rendimento tecnico per un intero ciclo di esperienza repubblicana, capace di rappresentare le diverse componenti politiche e i territori, secondo la lezione costituzionale.

Con l’articolo 5 della proposta di legge si autorizza il Governo ad apportare le necessarie modificazioni al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 14 del 1994.

L’articolo 6, in ultimo, reca disposizioni transitorie dirette a prevedere il ricorso alla disciplina in vigore per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica in caso di competizioni elettorali precedenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo cui spetta la determinazione dei collegi uninominali.

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