Bettino Craxi, mentre la LegaNord faceva sventolare con ilarità il cappio nell’aula di Montecitorio, pronunciò un discorso che rimase storico e che visti gli accadimenti a dir poco poco trasparenti della Lega, sull’utilizzo della contribuzione pubblica ai partiti, appare quantomai attuale. Sansonetti, dalle pagine di “Gli Altri”, le ricorda e fa il paragone con Bossi.
«Purtroppo anche nella vita dei partiti molto spesso è difficile individuare, prevenire, tagliare aree infette (…).I partiti, specie quelli che contano su apparati grandi, medi o piccoli, giornali, attività propagandistiche, promozionali e associative, e con essi molte e varie strutture politiche e operative, hanno ricorso e ricorrono all’uso di risorse aggiuntive in forma irregolare od illegale. Se gran parte di questa materia deve essere considerata materia puramente criminale, allora gran parte del sistema sarebbe un sistema criminale…
(…) Quando Sergio Moroni (leader dei socialisti lombardi ndr) si uccise, un magistrato inquirente sentenziò con parole ignobili: “Si può morire anche di vergogna”. Dopo aver letto alla Camera la sua lettera-testamento, il Presidente rivolse a tutti un invito alla riflessione. Ebbene, penso che questa riflessione dovrebbe ricondurre direttamente ed essenzialmente al valore della giustizia che deve essere rigorosa ma anche e sempre serena, equilibrata, obiettiva, umana».
Questi brani fanno parte dell’ultimo discorso pronunciato da Craxi alla camera dei deputati, nell’aprile del 1993, in occasione della discussione sulla autorizzazione a procedere contro di lui (pochi giorni dopo Craxi verrà sommerso dalle monetine nel famoso “linciaggio” dell’Hotel Raphael). Craxi, che si era già dimesso dalla segreteria del Psi, in questo discorso fa riferimento alla lettera testamento di Sergio Moroni, deputato socialista bresciano che si uccise, dopo aver ricevuto due avvisi di garanzia, nel settembre del 1992. Trascrivo un brano di quella lettera-testamento:
«Ricordo ancora con passione tante battaglie politiche e ideali, ma ho commesso un errore accettando il “sistema”, ritenendo che ricevere contributi e sostegni per il partito si giustificasse in un contesto dove questo era prassi comune. Eppure oggi vengo coinvolto nel cosiddetto scandalo tangenti, accomunato nella definizione di “ladro” oggi così diffusa. Non lo accetto, nella serena coscienza di non aver mai personalmente approfittato di una lira. Ma quando la parola è flebile, non resta che il gesto. Mi auguro solo che questo possa contribuire a una riflessione più seria e giusta, a scelte e decisioni di una democrazia matura che deve tutelarsi. Mi auguro soprattutto che possa servire a evitare che altri nelle mie stesse condizioni abbiano a patire le sofferenze morali che ho vissuto in queste settimane, a evitare processi sommari (in piazza o in televisione) che trasformano un’informazione di garanzia in una preventiva sentenza di condanna».
Fermiamoci qui nelle citazioni dell’epoca. E per provare a tracciare una linea di comparazione tra Tangentopoli 1992 e Tangentopoli 2012, ricordiamo appena alcune delle dichiarazioni rilasciate da Umberto Bossi nei giorni scorsi dopo l’esplodere dello scandalo che ha travolto la Lega:
« Mi sa tanto di organizzato, noi siamo nemici di Roma padrona e ladrona, anche dell’Italia, del centralismo italiano, uno Stato che non riuscirà mai a essere democratico. E quindi il nord deve prendere in seria considerazione di mandarli tutti a quel paese».
Non so se sono io che pecco di “romanticismo”, ma a me pare che tra l’altezza dei ragionamenti di Craxi e Moroni e la semplicità della difesa di Bossi passi una notevole distanza. E sono convinto che in questa distanza ci sia, in fondo, la distanza tra la prima e la seconda Repubblica. Craxi e Moroni erano accusati di avere illecitamente finanziato i loro partiti, e di conseguenza di avere ottenuto attraverso il finanziamento illecito, e non attraverso gli strumenti classici della democrazia, una parte del loro potere politico. Bossi invece è stato coinvolto in uno scandalo, molto simile allo scandalo Lusi, nel quale nessuno procura finanziamenti illeciti ai propri partiti ma, al contrario, ci sono singoli dirigenti dei partiti (in questo caso l’intera famiglia Bossi e molti suoi collaboratori) che si appropriano di soldi appartenenti al proprio partito e che sono stati ottenuti attraverso il finanziamento lecito e pubblico. Vedete bene, non sono reati diversi: sono reati opposti.
I discorsi di Craxi e Moroni sono ancora attuali, e posseggono una loro “grandiosità”. Il discorso di Bossi a me pare direttamente proporzionale alla miseria della politica della Lega in questi venti anni. Craxi, sicuramente, era uno statista. Nel senso che si occupava dei problemi dello Stato. Forse era un buono statista, forse (tendo a crederlo) un cattivo statista. Ma quello era il suo lavoro. Bossi è stato un grandissimo capopopolo, oppure, potremmo dire, un eccellente demagogo. Ma non ha mai tenuto come bussola i problemi dello Stato, neppure della società, non ha mai ragionato sugli interessi generali. Anzi, ha usato la contrapposizione agli interessi generali della nazione come leva per la propria azione politica.
La prima Repubblica conteneva in se l’idea dell’autonomia della politica, pretendeva il diritto alla leadership. La seconda Repubblica nasce dalla rinuncia all’autonomia, dall’arretramento, dalla delega, in parte imposta dallo tsunami di Tangentopoli in parte maggiore dalle pretese della globalizzazione, che ha spostato la sede del potere dalla politica all’economia. L’assenza di autonomia politica e la mancanza di valori di riferimento (che una volta erano garantiti dalle ideologie e oggi non ci sono più) trasformano la politica da macchina intellettuale a macchina di “sottopotere” e, spesso, in macchina che produce esclusivamente carriere e soldi. E’ a partire da questa trasformazione “genetica” della politica che avviene il capovolgimento dei ruoli dei partiti: da “Divinità” ai quali si portano i sacrifici, le carriere, i finanziamenti e anche i frutti dell’illegalità, a “schiavi” da sottomettere, sfruttare e derubare.
Questa trasformazione porta al passaggio dalla grandiosità illegale di Craxi alla miseria di Bossi.
Piero Sansonetti, Gli Altri