La forma condiziona il regime fiscale

Tratto daIL SOLE 24 ORE di Venerdì 18 novembre 2011

L’articolo 10 della legge di stabilità (183/2011) si è preoccupato di disciplinare la fattispecie sul piano civilistico, non dando invece alcuna indicazione su quelle che sono le regole fiscali che le “nuove” società professionali saranno chiamate a seguire.

Nel silenzio della norma, e attesa la portata innovativa dell’intervento legislativo, due sono le chiavi di lettura che si possono proporre.

La prima si fonda sulla risoluzione n. 118/E/2003, nella quale l’agenzia delle Entrate, in relazione alle società tra avvocati costituite in base al Dlgs 96/2001, aveva sostenuto che il rinvio alla disciplina delle società

in nome collettivo non qualificasse i redditi prodotti dalle società quali redditi d’impresa.

I redditi in questione dovevano essere ricondotti invece nel l’ambito del lavoro autonomo, applicando in particolare la disciplina dettata per le associazioni professionali dall’articolo 5, comma 3, lettera c), del Tuir e assoggettando alla ritenuta d’acconto prevista dall’articolo 25 del Dpr 600/1973 i compensi a esse corrisposti.

Estendendo le conclusioni tratte dalla risoluzione alle “nuove” società tra professionisti introdotte dalla legge di stabilità, avremmo quindi società costituite nelle forme di società di persone (Snc e Sas), di società di capitali (Srl, Spa e Sapa) e di società cooperative che producono reddito di lavoro autonomo, applicano il principio di cassa e sono soggette a ritenuta.

Nessun dubbio si pone, invece, nel momento in cui l’attività venga svolta per il tramite di una società semplice, essendo questa tipologia societaria sostanzialmente assimilabile agli studi professionali associati.

L’altra tesi è che, invece, le “nuove” società tra professionisti debbano applicare il regime fiscale proprio della tipologia societaria prescelta, ma con due aspetti che accomunerebbero tutte le diverse forme societarie:

– i componenti positivi e negativi concorrerebbero a formare il reddito sulla base del principio di competenza economica, e non di cassa;

– i compensi percepiti dalla società, sia essa una società di persone, di capitali o cooperativa, non sarebbero assoggettati a ritenuta d’acconto, a differenza di quanto avviene per studi associati e società semplici.

Ad oggi, si ritiene maggiormente convincente la tesi che vuole che la forma societaria adottata condizioni il regime fiscale da applicare, non solo per motivi di ordine logico, ma anche per il differente approccio normativo.

Mentre, per le società tra avvocati, il Dlgs 96/2001 utilizzava la disciplina delle Snc come normativa di supporto («ove non diversamente disposto»), la legge di stabilità consente invece la costituzione delle società professionali «secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del Codice civile».

Se quindi, ad esempio, la società tra professionisti si costituisce nella forma di Srl, rientrerà senza dubbio nell’ambito del l’articolo 73 del Tuir, che individua i soggetti Ires, e conseguentemente applicherà il successivo articolo 81, che afferma che il reddito complessivo di questi soggetti «da qualsiasi fonte provenga, è considerato reddito d’impresa». Questa conclusione sembra l’unica sostenibile e non va demonizzata: non incide sulla natura delle prestazioni, che è e rimane professionale, ma soltanto sulla modalità di tassazione del reddito.

Da ultimo, sull’incerto fronte Irap, una sicurezza: la scelta della forma societaria risolve alla radice il problema della verifica della sussistenza dell’autonoma organizzazione, almeno alla luce degli attuali orientamenti giurisprudenziali.

27,5% LA PERCENTUALE L’aliquota Ires

È la misura del prelievo applicabile alle società di capitali

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