La dismissione del patrimonio immobiliare pubblico costituisce una grande opportunità per il Paese.
Questa operazione permetterebbe allo Stato di recuperare denaro in modo veloce e non gravoso per i cittadini/contribuenti nonché rappresenterebbe un minor costo in termini di riduzione della spesa corrente.
È evidente che un ampio programma di cessioni dei beni immobiliari oggi in mano pubblica sarebbe destinato, al tempo, a produrre benefici significativi e duraturi per le finanze pubbliche. I beni immobiliari detenuti dalle pubbliche amministrazioni rappresentano una voce molto consistente, nell’ordine di oltre 350 miliardi di euro tra terreni e immobili.
Oltretutto, i costi della gestione degli immobili affidati al pubblico sono particolarmente elevati, intorno al 3 per cento, da due a tre volte superiore ai costi dei privati. A fronte di questi costi le pubbliche amministrazioni incassano dagli immobili in uso a terzi non più dello 0,5 per cento. Con questi numeri la cessione degli immobili migliorerebbe la spesa corrente anche se la PA dovesse riprendersi in locazione gli immobili di uso strumentale, per il semplice fatto che dimezzerebbe i costi di gestione e probabilmente potrebbe razionalizzare l’uso degli spazi; ci sono immobili di pregio nei centri abitati adibiti a magazzino.
Di questa enorme quantità di denaro, una quota potrebbe essere destinata alla riduzione dell’attuale debito pubblico (che comporterebbe quindi anche la riduzione degli interessi da pagare sul debito stesso) ed una quota potrebbe essere invece investita in infrastrutture, quindi in servizi per cittadini ed imprese. Di quest’ultima tranche sarebbe senz’altro positivo utilizzare delle risorse per ridurre la pressione fiscale sull’edilizia e sul mercato immobiliare, ciò avrebbe il duplice benefico effetto sia di fornire risposte a un bisogno abitativo che si è profondamente modificato nel tempo, sia di riqualificare la vita dei centri urbani a tutto vantaggio delle categorie più svantaggiate, creando alloggi dignitosi a canone sociale.
La dismissione, in questo caso, assumerebbe anche un valore sociale oltre che di necessità per impellenti obblighi finanziari.
I problemi degli immobili pubblici non sono solo di oggi. Sono gli stessi di ieri, e possono essere gli stessi di domani. La dismissione intelligente vuol dire valorizzazione e responsabilizzazione, non deve essere solo un salvagente per il debito pubblico, ma uno strumento per costruire basi più solide, per una società libera e responsabile.
Lo stato dell’arte sulla normativa delle dismissioni immobiliari statali.
La normativa in materia di gestione, valorizzazione, utilizzazione e dismissione dei beni immobili appartenenti al patrimonio dello Stato, è stata caratterizzata da una notevole stratificazione di disposizioni normative, succedutesi a partire dalla legge n. 579 del 1993.
Oltre alle norme sulle procedure generali per la dismissione e la valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, la normativa in materia contempla alcune disposizioni relative alla gestione e alla alienazione di specifiche categorie di beni immobili. In primo luogo, occorre rilevare come la legge n. 127 del 1997, in materia di snellimento delle procedure amministrative, abbia stabilito, all’articolo 12, che i comuni e le province possono procedere alle alienazioni del proprio patrimonio immobiliare anche in deroga alle norme sulla contabilità generale degli enti locali, fermi restando i principi generali dell’ordinamento giuridico contabile. Più di recente, il decreto-legge n. 351 del 2001 ha dettato disposizioni in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare. Sono state pertanto previste procedure finalizzate all’alienazione di beni statali, all’esito dei processi di valorizzazione (anche mediante accordi di programma), con possibilità di riconoscere agli enti territoriali interessati dal procedimento di valorizzazione una quota, non inferiore al 5 per cento e non superiore al 15 per cento, del ricavato della vendita. Il decreto-legge n. 351 del2001 ha altresì introdotto la disciplina relativa alla privatizzazione mediante cartolarizzazione.
L’articolo 58 del decreto-legge n. 112 del 2008 ha previsto che per procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni, province, comuni e altri enti locali, ciascun ente individui, redigendo apposito elenco, i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione, e predisponga un piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari, allegato al bilancio di previsione. L’inserimento degli immobili nel piano ne determina la classificazione come patrimonio disponibile e ne dispone espressamente la destinazione urbanistica. Per i soggetti diversi dai comuni, i beni immobili inclusi nei predetti elenchi, cui si applica la procedura prevista dall’articolo 3-bis del già citato decreto – legge n. 351 del 2001, per la valorizzazione dei beni dello Stato, possono essere concessi o locati a privati, a titolo oneroso, per un periodo non superiore a cinquanta anni, ai fini della riqualificazione e riconversione tramite interventi di recupero, restauro, ristrutturazione anche con l’introduzione di nuove destinazioni d’uso finalizzate allo svolgimento di attività economiche o attività di servizio per i cittadini. Gli enti possono in ogni caso individuare forme di valorizzazione alternative, nel rispetto dei principi di salvaguardia dell’interesse pubblico e mediante l’utilizzo di strumenti competitivi, conferire i propri beni immobili anche residenziali a fondi comuni di investimento immobiliare ovvero promuoverne la costituzione secondo le disposizioni degli articoli 4 e seguenti del decreto – legge n. 351.
La legge finanziaria 2010 (articolo 1, comma 223 della legge n. 191 del 2009) ha autorizzato l’Agenzia del Demanio ad alienare determinate categorie di immobili statali mediante trattativa privata, se di valore unitario o complessivo non superiore ad euro 400.000,00, ovvero mediante asta pubblica (o invito pubblico ad offrire), se di valore unitario o complessivo superiore ad euro 400.000,00.
L’articolo 33 del decreto-legge n. 98 del 2011 ha istituito una Società di gestione del risparmio (SGR), con un capitale di 2 milioni di euro interamente posseduto dal Ministero dell’Economia, con il compito di istituire fondi che partecipano a quelli immobiliari costituiti da enti territoriali, anche tramite società interamente partecipate, a cui siano conferiti immobili oggetto di progetti di valorizzazione. I fondi istituiti dalla SGR possono altresì investire direttamente al fine di acquisire immobili in locazione passiva alle pubbliche amministrazioni ovvero partecipare a fondi titolari di diritti di concessione o d’uso su beni indisponibili e demaniali, che prevedano la possibilità di locare tutto o in parte il bene oggetto della concessione. Nell’art. 27 del citato D. L. n. 98 del 2011 – si attribuisce all’Agenzia del demanio il compito di promuovere iniziative volte alla costituzione di società, consorzi o fondi immobiliari con la finalità di valorizzare e alienare il patrimonio immobiliare pubblico di proprietà dello Stato, delle Regioni, degli enti locali e degli enti vigilati. Qualora si costituiscano delle società, ad esse partecipano i soggetti che apportano i beni e, necessariamente, l’Agenzia del demanio in qualità di finanziatore e di struttura tecnica di supporto.
L’articolo 6 della legge n. 183 del 2011 (legge di stabilità 2012) ha autorizzato il Ministero dell’Economia e delle Finanze a conferire o a trasferire beni immobili di proprietà dello Stato ad uno o più fondi comuni di investimento immobiliari o a uno o più società di gestione del risparmio anche di nuova costituzione. I proventi netti derivanti dalle cessioni delle quote dei fondi o delle azioni delle società sono destinati alla riduzione del debito pubblico. Sono conferiti o trasferiti gli immobili di proprietà dello Stato e una quota non inferiore al 20 per cento delle carceri inutilizzate e dalle caserme assegnate in uso alle forze armate. I beni immobili da conferire o trasferire sono individuati con uno o più DPCM, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, da pubblicare in Gazzetta Ufficiale; il primo di tali decreti deve essere emanato entro il 30 aprile 2012. I conferimenti o i trasferimenti degli immobili individuati sono disposti mediante decreti di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze; con gli stessi decreti sono anche stabiliti i criteri e le procedure per l’individuazione o l’eventuale costituzione della (o delle) società di gestione del risparmio, nonché per il collocamento delle quote del fondo o delle azioni delle società e i limiti per l’eventuale assunzione di finanziamenti da parte del fondo e delle società.
Il D.L. 201 del 2011, – inserendo l’articolo 33-bis nel citato D. L. n. 98 del 2011 – ha attribuito all’Agenzia del demanio il compito di promuovere iniziative volte alla costituzione di società, consorzi o fondi immobiliari con la finalità di valorizzare e alienare il patrimonio immobiliare pubblico di proprietà dello Stato, delle Regioni, degli enti locali e degli enti vigilati. Qualora si costituiscano delle società, ad esse partecipano i soggetti che apportano i beni e, necessariamente, l’Agenzia del demanio in qualità di finanziatore e di struttura tecnica di supporto. Nell’ambito di un complessivo processo di valorizzazione degli immobili pubblici, si prevede la formazione di programmi unitari di valorizzazione territoriale per il riutilizzo funzionale e la rigenerazione degli immobili di proprietà di Regioni, Provincie e comuni e di ogni soggetto pubblico, anche statale, proprietario, detentore o gestore di immobili pubblici, nonché degli immobili oggetto di procedure di valorizzazione di cui al decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85 (nuovo articolo 3-ter nel decreto legge n. 351 del 2001). I programmi unitari di valorizzazione territoriale sono volti a promuovere un processo di valorizzazione unico degli immobili pubblici, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale e con la programmazione economica, fungendo anche da elemento di stimolo e di attrazione di investimenti.
Il federalismo demaniale
In tale contesto merita di essere segnalata anche la disciplina del decreto legislativo n. 85 del 2010, concernente il federalismo demaniale, il quale prevede l’individuazione dei beni statali che possono essere attribuiti, con D.P.C.M., a comuni, province, città metropolitane e regioni.
A tale proposito si prevede che lo Stato, previa intesa in sede di Conferenza unificata, individua i beni da attribuire a titolo non oneroso, e che l’ente territoriale, a seguito dell’attribuzione, disponga del bene nell’interesse della collettività rappresentata ed è tenuto a favorirne la “massima valorizzazione funzionale”.
I beni trasferiti possono anche essere inseriti dalle regioni e dagli enti locali in processi di alienazione e dismissione; la deliberazione dell’ente territoriale di approvazione del piano di alienazioni e valorizzazioni dovrà tuttavia essere trasmessa ad una apposita conferenza di servizi volta ad acquisire le autorizzazioni, gli assensi e le approvazioni necessari alla variazione di destinazione urbanistica dei beni. Inoltre i beni trasferiti possono essere alienati solo previa valorizzazione attraverso le procedure per l’adozione delle varianti allo strumento urbanistico, ed a seguito di apposita attestazione di congruità rilasciata da parte dell’Agenzia del demanio o dell’Agenzia del territorio.
Sono in ogni caso esclusi dal trasferimento, tra gli altri, gli immobili in uso per comprovate ed effettive finalità istituzionali alle Amministrazioni pubbliche; i porti e gli aeroporti di rilevanza economica nazionale e internazionale; i beni appartenenti al patrimonio culturale, salvo quanto previsto dalla normativa vigente; le reti di interesse statale, ivi comprese quelle energetiche e le strade ferrate in uso;i parchi nazionali e le riserve naturali statali, nonché i beni in uso a qualsiasi titolo al Senato, alla Camera, alla Corte Costituzionale e agli organi di rilevanza costituzionale.
Qualora l’ente territoriale non utilizzi il bene nel rispetto delle finalità e dei tempi indicati è previsto uno specifico meccanismo sanzionatorio, in base al quale il Governo esercita il proprio potere sostitutivo al fine di assicurare la migliore utilizzazione del bene, anche attraverso il conferimento in un apposito patrimonio vincolato, entro il quale, con apposito D.P.C.M., dovranno, altresì, confluire i beni per i quali non sia stata presentata la domanda di attribuzione.
Il decreto-legge 70 del2011 haintrodotto all’articolo 5 del decreto legislativo n. 85 del 2010 una norma concernente i beni oggetto di accordi o intese già sottoscritti tra lo Stato e gli enti territoriali per la razionalizzazione o la valorizzazione dei rispettivi patrimoni immobiliari. In particolare si è stabilito che tali beni possano essere attribuiti, su richiesta, all’ente che ha sottoscritto l’accordo o l’intesa ovvero ad altri enti territoriali, salvo che risultino esclusi dal trasferimento ovvero altrimenti disciplinati.
Ricognizione del patrimonio immobiliare
Dalla ricognizione del patrimonio immobiliare, di proprietà e in locazione, sono state rilevate oltre 543.000 unità immobiliari di proprietà dello Stato, per oltre 222 milioni di metri quadrati, e 776.000 terreni, per oltre 13 miliardi di metri quadrati. Di queste sarebbero però “potenzialmente dismissibili”, secondo non recentissime stime del Tesoro, solo il 40%.
Con riferimento alla destinazione d’uso degli immobili, circa il 72 per cento della superficie è utilizzato per lo svolgimento delle attività istituzionali. Soltanto il 10 per cento delle superfici è utilizzato a fini residenziali:
Per individuare il valore di tale patrimonio, il Dipartimento del Tesoro del Ministero dell’economia e delle finanze ha elaborato una stima basata sui valori medi delle città in cui gli immobili si trovano: per le unità immobiliari il valore oscilla tra 239 e 319 miliardi di euro, mentre per i terreni esso oscilla tra 11 e 49 miliardi di euro.
Per quanto riguarda gli immobili di proprietà della Difesa dopo l’ondata di cessioni tra il 2008 e il 2011 (800 immobili al Demanio e 1.070 al federalismo) il patrimonio attualmente cedibile riguarda 138 immobili: forti militari, fari, caserme nei centri cittadini, insediamenti di natura industriale, porzioni di isole, per un controvalore di oltre 1,5 miliardi (elenco pubblicato nella GU n.149 del 29.06.2010 e n.5 del 8.01.2011).
Massimiliano Persemoli