La Corte dei Conti: «la corruzione dilaga, pesa per 60 miliardi»

 

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La corruzione dilaga, vale 60 miliardi l’anno e va combattuta «come la mafia». L’illegalità e il malaffare sono sempre più diffuse e devastanti. L’evasione fiscale è da record europeo. Come un disco rotto che si blocca sempre allo stesso punto, l’Italia è ferma al punto di partenza. Vent’anni dopo tangentopoli.

Sanità, opere pubbliche, frodi comunitarie, consulenze, opere incompiute, ritardati pagamenti ai fornitori: è un rosario senza fine di malversazioni quello che si consuma ogni giorno ai danni della cosa pubblica e dei contribuenti onesti. Truffa e falso la fanno da padrone, poi peculato e appropriazione indebita, concussione e corruzione, abuso d’ufficio. Ma le sentenze di primo grado della Corte dei conti possono ben poco: nel 2011, per la corruzione, condanne temporanee per soli 75 milioni. Le briciole, rispetto al maltolto. Anche se gli importi totali delle condanne (non finali) sono schizzati a 354 milioni, il 50% in più dell’anno prima.

È un j’accuse in piena regola quello arrivato dalla Corte dei conti in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario 2012. «Illegalità, corruzione, malaffare sono fenomeni ancora notevolmente presenti le cui dimensioni presumibilmente sono di gran lunga superiori a quelle che vengono, spesso faticosamente, alla luce», ha denunciato il presidente Luigi Giampaolino. Puntando il dito contro «episodi ricorrenti di gestione delle risorse pubbliche inadeguata, inefficace, inefficiente, diseconomica». Un’analisi impietosa, con un corollario di denunce ad hoc: le spa pubbliche definite «un guscio vuoto strumentalizzato per una gestione non efficiente», le consulenze elargite a fini clientelari, le mancate riscossioni finanziarie, i danni all’ambiente, le assunzioni e le promozioni illecite.

Anche se poi la Corte dei conti riserva qualche spiraglio di luce: le manovre fatte «secondo i nostri calcoli» ci porteranno al pareggio di bilancio, scandisce Giampaolino. Mentre nei comuni, soprattutto i più grandi, la spesa corrente cala dell’1,4% (ma quella in conto capitale scende del 4%) e nelle regioni invece sale del 4,8% (e quella per investimenti cala del 7,5%).
Ma c’è poi il buco nero dell’evasione fiscale. Per la sola Iva vale oltre il 36%, «un tax gap di gran lunga il più elevato tra i grandi paesi europei» salvo la Spagna, precisa Giampaolino ricordando le stime di un’evasione totale di 100-120 miliardi l’anno e la caduta di compliance dei contribuenti. Mentre nel 2011 le attività di accertamento, come anticipato dal Sole-24 Ore, sono aumentate di 1,7 miliardi (salendo a 11,1 miliardi) grazie ai controlli automatizzati che pesano per il 40% del totale e che riguardano prevalentemente il recupero delle imposte dichiarate e non versate.

Intanto corruzione, illegalità e malaffare dilagano. Tanto che contro la corruzione, dice non solo provocatoriamente Giampaolino, «bisognerebbe fare quello che è stato fatto contro la mafia: costruire un momento di lotta». Perché la sconfitta italiana dopo “mani pulite” è stata di «fermarsi all’intervento penale e di rifarsi sempre più ad aumenti di pena o alla costruzione di altri reati», mentre serve «un approccio sistemico». È urgente che il Parlamento vari subito la legge per una «efficace lotta alla corruzione», rilancia il procuratore generale aggiunto Maria Teresa Arganelli, che mette in guardia: a questi livelli la corruzione «mina la fiducia degli investitori stranieri e minaccia la libertà d’impresa». Del resto, se fossero vere le stime della Funzione pubblica (non condivise dalla Corte) di un costo della corruzione di 60 miliardi, l’Italia deterrebbe la metà della corruzione in Europa.

Il pozzo senza fine della sanità, il «colposo» ricorso ai derivati, i benevoli contratti pubblici, le truffe alla Ue, gli sprechi e non solo delle partecipate, gli acquisti di beni e servizi fuori ordinanza, le generose indennità al personale: è un campionario di nefandezze senza fine quello denunciato dalla Corte dei conti. Con restituzione assai dubbia del maltolto alle casse pubbliche. Le sentenze di condanna di primo grado nel 2011 hanno accertato responsabilità erariali per 354 milioni. Però poi ci sono le altre fasi di giudizio. Per la corruzione le condanne di primo grado valevano 75 milioni, che in sede d’appello sono diventati 15 milioni. E chissà se tutti pagheranno davvero.

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