Indagine conoscitiva sulle violazioni dei Diritti Umani nel mondo

DANIELA CARBONI, Responsabile per le relazioni istituzionali della sezione italiana di Amnesty International. Signor presidente, aggiungo alcune considerazioni e rispondo a una o due domande che rimangono aperte.

Sul Sudan mi permetto di ricordare il problema del rapporto tra al-Bashir e la Corte penale internazionale, che va assolutamente sottolineato in ogni occasione, anche a conferma dell’impegno del Governo italiano, che è stato rinnovato da poco nella Conferenza di revisione dello Statuto di Roma a Kampala, alla quale il Governo è stato rappresentato dal Ministro della giustizia, quindi al massimo livello. Se tale impegno a sostegno della Corte fosse confermato anche nei rapporti bilaterali con il Governo sudanese, ciò sarebbe sicuramente un aspetto importante.

Rispetto al reato di tortura, ha in parte già risposto, anche a nome nostro o, meglio, utilizzando argomenti che condividiamo, il presidente Colombo. Un riferimento che abbiamo ricordato e che lei ha sottolineato è stato citato dalla magistratura relativamente a Bolzaneto. Mi riferisco al fatto che determinate situazioni coincidessero, di fatto, con la definizione internazionale del reato di tortura, quella che noi vorremmo fosse integrata nel Codice penale italiano.

Non è positivo avere una sentenza – non parlo solo della magistratura inquirente – che affermi ciò, però continuiamo a parlare di un fantasma e a fare la storia con i «se» e con i «ma». L’introduzione del reato lascerebbe tutti più tranquilli, tanto le vittime, quanto i membri delle forze di polizia innocenti rispetto a un reato che è obiettivamente infamante per chi non l’abbia compiuto. Non averlo nel Codice penale non aiuta né a prevenirlo, né a punirlo, nel caso in cui, invece, si verifichi.

Per quanto riguarda la Libia e l’importanza delle relazioni diplomatiche – se non ho capito male – dei Paesi europei con le autorità libiche per risolvere anche situazioni difficili e individuali, ci sono stati casi, alcuni seguiti anche da Amnesty International, in cui le trattative diplomatiche hanno aiutato a liberare persone detenute in Libia in condizioni difficili.

Il motivo per cui abbiamo parlato del trattato Italia-Libia e continuiamo a farlo quando ci occupiamo di tutela dei diritti umani in Italia, è già stato accennato e mi permetto di riportarlo sul tavolo dei rappresentanti istituzionali, sia del Parlamento, sia del Governo: l’Italia ha ratificato quest’accordo e il Governo, o meglio i Governi che l’hanno voluto se ne devono assumere la piena responsabilità, come i parlamentari che massicciamente, per fortuna non all’unanimità, hanno votato a favore del trattato. Tocca ora ai rappresentanti istituzionali chiedere spiegazioni alla Libia della sua attuazione, eventualmente prendere in considerazione revisioni e clausole mancanti e soprattutto chiedere informazioni su casi individuali, visto che al centro di ogni preoccupazione ci sono le persone.

È anche vero che la situazione dei diritti umani in Libia fa parte di una verifica, di un monitoraggio sulla situazione dei diritti umani nel mondo. Mi permetto di proporvi, quando sarà possibile con la vostra agenda, di poter tenere un’audizione specifica per presentare il nostro rapporto, uscito poche settimane fa, sui diritti umani in Libia. Esso è ben più ampio del tema del trattamento di migranti richiedenti asilo e probabilmente può rappresentare anche un momento importante di dialogo e di approfondimento della situazione dei diritti umani in un Paese con cui l’Italia intrattiene un rapporto forte e privilegiato. È una proposta che avanziamo e di cui possiamo riparlare.

Allo stesso modo, magari, ci piacerebbe che Amnesty International, ma anche altre organizzazioni che si occupano di diritti umani di migranti richiedenti asilo, venisse invitata a convegni pubblici in cui si parla di Libia e del rapporto tra Italia e Libia.

Di recente, se ne è svolto uno in cui alcuni politici assolutamente di alto livello, che hanno ricoperto ruoli molto importanti e hanno portato avanti le trattative e le firme dei diversi trattati con la Libia, hanno discusso pubblicamente di un libro relativo proprio, se non ricordo male, ai discorsi pronunciati in Italia dal leader libico Gheddafi. Sarebbe stato bello e magari lo sarà in futuro se in occasioni del genere venissero invitate anche le organizzazioni non governative, che possono portare alcuni input e consentire un dialogo aperto e trasparente sulla situazione dei diritti umani in Libia, così come voi e il Governo italiano in diverse occasioni consentite a noi di discutere apertamente di argomenti non facili, su cui possiamo anche avere opinioni diverse.

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