Indagine conoscitiva sugli obiettivi di sviluppo del millennio delle Nazioni Unite

CAMERA DEI DEPUTATI – XVI LEGISLATURA

Doc. XVII

N. 12

DOCUMENTO APPROVATO

DALLA III COMMISSIONE PERMANENTE

(AFFARI ESTERI E COMUNITARI)

nella seduta del 1o febbraio 2011

1. Premessa.

La III Commissione (Affari esteri e comunitari), nella seduta del 30 settembre 2008, con determinazione unanime dell’Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha deliberato lo svolgimento dell’indagine conoscitiva sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite, adottati dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2000 come impegni per la comunità internazionale ai quali improntare l’azione di cooperazione internazionale.

La Dichiarazione del Millennio, approvata nel 2000 da 186 Capi di Stato e di Governo nel corso della Sessione Speciale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, fissa l’obiettivo del dimezzamento della povertà entro il 2015 e lo articola in otto finalità, vale a dire:

sradicare la povertà estrema e la fame (Obiettivo n. 1);

garantire l’educazione primaria universale (Obiettivo n. 2);

promuovere la parità dei sessi e l’autonomia delle donne (Obiettivo n. 3);

ridurre la mortalità infantile (Obiettivo n. 4);

migliorare la salute materna (Obiettivo n. 5);

combattere l’HIV/AIDS (Obiettivo n. 6);

garantire la sostenibilità ambientale (Obiettivo n. 7);

sviluppare un partenariato mondiale per lo sviluppo (Obiettivo n. 8).

Fermo restando alla Commissione plenaria il compito di esaminare le risultanze dell’indagine conoscitiva, l’Ufficio di presidenza ha convenuto di affidarne l’organizzazione e lo svolgimento al Comitato permanente sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, già istituito il 2 luglio 2008 ai sensi dell’articolo 22, comma 4, del Regolamento.

La duplice determinazione della Commissione di procedere all’istituzione di un Comitato permanente ad hoc e allo svolgimento di un’indagine conoscitiva sui temi degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio ha inteso esprimere un’attenzione rafforzata sulle questioni attinenti la tematica della cooperazione allo sviluppo a partire da uno specifico impegno sull’agenda governativa in occasione della presidenza italiana di turno del G8 nel 2009.

Cogliendo l’opportunità di tale importante responsabilità internazionale la Commissione ha pertanto aperto un filone di approfondimento istruttorio dedicato ai temi della lotta contro la povertà e all’impegno della comunità internazionale e dell’Italia sulle questioni dell’aiuto allo sviluppo sulla base di un orientamento condiviso in ordine al carattere prioritario di tali temi per l’azione esterna del nostro Paese nel quadro degli sforzi per la soluzione delle maggiori crisi internazionali.

Peraltro, fin dal 2000 l’Italia ha fatto propri gli Obiettivi del Millennio quali linee guida della sua politica di cooperazione allo sviluppo, distinguendosi nella comunità internazionale in particolare per l’impegno nel settore sanitario nell’ambito del sesto Obiettivo. L’Italia riserva tradizionalmente un’attenzione particolare anche al settore dell’educazione e alle tematiche di genere, soprattutto nei contesti di fragilità e post-conflitto.

Quanto al contributo dell’agenda del Millennio all’azione della comunità internazionale per lo sviluppo, non c’è dubbio che gli Obiettivi del Millennio hanno contribuito a fare diventare patrimonio comune la consapevolezza che la sola crescita economica, anche sostenuta, non è sufficiente a garantire inclusione sociale. Inoltre, la globalizzazione ha inciso profondamente sui processi di aiuto allo sviluppo facendo risaltare la necessaria natura sia sovranazionale sia multinazionale dei problemi e le necessarie interdipendenze tra Paesi riceventi e donatori. In questo contesto la risposta implica indubbiamente approcci multilaterali non solo per l’entità delle risorse necessarie per affrontare e risolvere le questioni, ma anche per garantire la coerenza ed efficienza degli interventi.

In questo quadro ha fin dall’inizio assunto carattere prioritario l’Obiettivo n. 8, relativo allo sviluppo di un partenariato globale per lo sviluppo, che pone al primo posto la questione dell’institution building. Non è un caso che la maggiore dimensione onusiana impegnata per la realizzazione degli Obiettivi del Millennio, vale a dire lo United Nations Development Fund (UNDP), dedichi a tale versante il maggior numero di risorse e di lavoro. E non è un caso che tra i Paesi più in ritardo nel conseguimento degli Obiettivi rientrino i cosiddetti «Stati falliti» o «quasi falliti» (almost failed States), nei quali si registrano situazioni di conflitto o alti tassi di corruzione.

Appare quindi necessario un impegno dei Paesi in via di sviluppo per rendere efficienti e trasparenti le proprie amministrazioni, per risanare i conti pubblici riducendo al massimo clientele e corruzione e favorendo un ambiente che promuova anche gli investimenti privati. Per fare ciò bisogna sostenere i Paesi in via di sviluppo nella costruzione di istituzioni fondate sul principio della governance democratica e trasparente. Occorre inoltre un approccio specifico paese per paese e concentrarsi, insieme ai governi locali, sui settori in cui ciascuno Stato deve compiere i maggiori progressi.

Per la realizzazione degli Obiettivi del Millennio la chiave risiede nell’interazione tra Paesi donatori e Paesi riceventi. Centrale è pertanto la questione dell’efficacia degli aiuti: maggior coordinamento tra i donatori ed un costante monitoraggio che certifichi l’aderenza delle risorse ai risultati da conseguire e dia conto dei progressi costituiscono gli aspetti salienti soprattutto in un contesto internazionale gravemente segnato da una crisi economica generalizzata con sacche di stagnazione ed instabilità, da conseguenti tensioni interreligiose, crisi umanitarie e intere aree geopolitiche di conflitto mai pacificate, a partire da quella mediorientale.

Proprio a Roma è stato avviato, nel 2003, il processo che ha poi portato alla Dichiarazione di Parigi del 2005 e all’Agenda di Accra del 2008 sull’efficacia degli aiuti. Nel febbraio del 2003 i maggiori Paesi donatori, le organizzazioni multilaterali e i Paesi riceventi si incontrarono a Roma al primo «Forum di Alto Livello sull’armonizzazione» per definire i principi utili al miglioramento dell’efficacia degli aiuti. In quell’occasione si adottò la Dichiarazione di Roma che, pur riguardando il solo versante dei donatori, definì per la prima volta standard procedurali e best practices utili alla riduzione dei costi delle transazioni. Il tema dell’efficacia degli aiuti è diventato definitivamente prioritario per la cooperazione italiana con l’adozione delle Linee strategiche 2009-2011.

Al momento sono in corso i preparativi per la realizzazione del High Level Forum, da tenere a Seoul nel 2011, in cui si farà il punto sullo stato di attuazione della Dichiarazione di Parigi e si definirà l’agenda per i quattro anni successivi.

Infine, l’Africa subsahariana rimane l’area geografica più problematica, nonostante lo stabile miglioramento degli indicatori sociali di povertà che hanno contraddistinto la prestazione dell’intero continente africano. Questo induce semmai a radicare l’orientamento che l’Africa non sia solo un problema ma parte della soluzione in virtù del grandissimo potenziale connesso alle risorse naturali, ad una popolazione assai giovane e dinamica e agli investimenti che grandi economie come quella cinese o indiana stanno realizzando ormai in modo sostenuto e costante. Proprio queste realtà economiche emergenti – i cosiddetti Paesi BRIC (Brasile, Cina, India) ma anche Messico o Turchia – rappresentano un dilemma per l’agenda del Millennio in quanto ad un tempo Paesi riceventi, ancora segnati da gravi problemi di povertà, e nuovi donatori sulla base però di logiche e standard non sempre coincidenti con quelli insiti nella filosofia degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.

2. Programma dei lavori.

Il programma dell’indagine conoscitiva, deliberato dalla Commissione nel settembre del 2008, ha indicato come obiettivo generale quello dell’approfondimento sull’attività della comunità internazionale per il raggiungimento degli otto Millennium Development Goals (MDG).

Il programma ha in particolare previsto lo svolgimento di un’azione di monitoraggio sulle iniziative assunte dai Paesi del G8 anche alla luce degli indirizzi derivanti dai lavori dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e dalle riunioni tematiche, come ad esempio la Conferenza di Accra (Terzo forum sull’efficacia degli aiuti, settembre 2008) o la Conferenza internazionale di Doha (dicembre 2008) per la valutazione dello stato delle iniziative di finanziamento dello sviluppo, assunte nel quadro della Conferenza di Monterrey del 2002. Il programma ha menzionato espressamente l’analisi dell’interazione fra Paesi donatori e tra livello istituzionale, settore privato e società civile. Inoltre, conformemente agli indirizzi emersi nel Comitato permanente sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, l’indagine è stata indirizzata alla valutazione di iniziative, aspetti finanziari ed eventuali rapporti con istituzioni internazionali utili a qualificare la posizione dell’Italia sulle diverse questioni e ad individuare le modalità più opportune per dare maggiore visibilità, soprattutto nelle sedi europee, all’impegno italiano.

Il programma dei lavori d’indagine ha individuato gli interlocutori da audire nei rappresentanti del Governo italiano, nei vertici di organizzazioni ed agenzie internazionali competenti in materia, accademici ed esperti, esponenti di organizzazioni non governative, rappresentanti di organi di informazione ed esponenti del settore privato.

Considerata l’entità del lavoro da svolgere, il termine di conclusione dell’indagine conoscitiva, inizialmente fissato al 31 dicembre 2009, allo scadere dell’anno di presidenza del G8, è stato successivamente prorogato al 31 marzo 2010 in ragione dell’impossibilità di calendarizzare entro il termine previsto il fitto programma di audizioni di rappresentanti di organizzazioni internazionali e di personalità internazionali già invitate. Tale termine è stato quindi ulteriormente prorogato al 31 ottobre 2010 in considerazione dell’opportunità di proseguire l’attività di indagine fino alla Riunione di Alto Livello sugli Obiettivi del Millennio (il cd. Vertice del Millennio), convocata dal Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, dal 20 al 22 settembre 2010 a New York e in cui l’Italia, al pari degli altri Stati membri, ha portato il proprio piano d’azione per garantire la realizzazione degli Obiettivi entro la scadenza del 2015.

3. Organizzazione e articolazione dei lavori.

All’interno della predetta cornice programmatica i lavori dell’indagine si sono articolati in una serie di audizioni individuate in modo da delineare una visione il più possibile unitaria e coerente sulle questioni della lotta alla povertà senza trascurare una conoscenza di settore, per singoli obiettivi, nella consapevolezza che l’elencazione degli otto Obiettivi ha natura convenzionale e risponde ad un’esigenza di efficace comunicazione nei confronti dell’opinione pubblica mondiale e dei destinatari politici degli indirizzi delle Nazioni Unite. L’approccio ai temi della povertà non può infatti che essere onnicomprensivo e deve anzi scongiurare ogni frammentazione degli interventi che possa condurre ad inefficienze se non a gravi omissioni.

Come già accennato, l’organizzazione dei lavori dell’indagine conoscitiva è stata scandita dai due maggiori eventi che hanno segnato il biennio di lavoro del Comitato permanente: la presidenza italiana di turno del G8 del 2009 e la preparazione del Vertice del Millennio delle Nazioni Unite del settembre 2010.

Il lavoro di indagine svolto nel 2009 ha consentito di acquisire un rilevante patrimonio conoscitivo, denso di spunti di lavoro sia ai fini dell’azione parlamentare che di quella governativa. Conseguentemente, anche in vista dello svolgimento del Vertice dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi del G8, tenutosi a L’Aquila dall’8 al 10 luglio 2009, la Commissione ha valutato opportuno procedere alla stesura di un documento intermedio sui lavori dell’indagine conoscitiva nell’intento di formulare specifiche proposte di lavoro da sottoporre alla valutazione del Governo italiano, impegnato nella organizzazione del Vertice. Tale documento è stato approvato dalla Commissione all’unanimità il 24 giugno 2009.

È da segnalare che, al fine di dare risalto ai contenuti di indirizzo recati dal documento intermedio, il 2 luglio 2009 si è svolto presso la Camera dei deputati un seminario interparlamentare, organizzato dal Comitato permanente sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio in collaborazione con la Campagna del Millennio delle Nazioni Unite – agenzia istituita nel 2000 dall’allora Segretario Generale Kofi Annan con un mandato sui temi della comunicazione istituzionale e con le società civili nazionali sui temi degli MDG – incentrato sul tema «Il ruolo dei Parlamenti nazionali per gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio». All’iniziativa hanno preso parte parlamentari italiani ed esteri provenienti da Europa, Asia e Africa, per discutere le best practices quanto all’azione di indirizzo e controllo svolta dai Parlamenti nazionali nei confronti degli Esecutivi. I lavori si sono conclusi con l’adozione di una Dichiarazione Finale consegnata al Ministero degli affari esteri italiano, on. Franco Frattini.

La successiva fase di lavoro, svoltasi tra il secondo semestre del 2009 e per tutto il 2010, ha consentito di completare il quadro conoscitivo sulle questioni generali in tema di cooperazione allo sviluppo in connessione sia alle politiche dell’Italia sia alle linee di tendenza sul piano internazionale. In tale fase si è soprattutto proceduto ad approfondimenti mirati ai singoli Obiettivi del Millennio.

Il lavoro d’indagine è stato quindi completato con la partecipazione di una delegazione del Comitato permanente al Vertice del Millennio, svoltosi a New York dal 20 al 22 settembre 2010 in cui sono state definite le linee di azione della comunità internazionale per il raggiungimento degli otto Obiettivi entro la confermata scadenza del 2015. A margine dei lavori del Vertice la delegazione ha preso parte ad un evento organizzato dall’Unione interparlamentare volto a definire il ruolo dei Parlamenti nazionali nel processo di realizzazione degli MDG. Peraltro, la stessa UIP ha condotto nel 2010, in collaborazione con la Campagna del Millennio dell’ONU, uno studio comparato sui singoli Parlamenti impegnati con esplicite iniziative istituzionali a favore degli MDG. In questo contesto, in cui l’Italia si è attestata come unico tra i Paesi donatori ad essersi attivato in tal senso (sia mediante l’istituzione del Comitato che con l’indagine conoscitiva), insieme ad altri cinque Parlamenti di Asia e Africa (Sudafrica, Mozambico, Kenya, Indonesia, India).

Si riporta qui di seguito l’elenco delle audizioni complessivamente svolte:

Coordinatrice Esecutiva della Campagna del Millennio delle Nazioni Unite, Evelyn Herfkens (16 ottobre 2008);

Direttore della Campagna del Millennio delle Nazioni Unite, Salil Shetty (27 novembre 2008);

Rappresentante permanente d’Italia presso l’OCSE, ambasciatore Antonio Armellini (29 gennaio 2009);

rappresentanti di Social Watch (Jana Silverman, segretario internazionale di Social Watch, Jason Nardi, coordinatore della coalizione italiana di Social Watch, Sabina Siniscalchi, rappresentante della Fondazione culturale responsabilità etica, Farida Bena, responsabile dell’ufficio campagne UCODEP e OXFAM International, e Tommaso Rondinella, rappresentante dell’associazione Lunaria) (26 febbraio 2009);

Sindaco di Milano, Letizia Moratti, nella qualità di Commissario straordinario del Governo per la realizzazione dell’Expo Milano 2015 (26 febbraio 2009);

rappresentanti di ActionAid e di parlamentari della Tanzania e dell’Uganda (Laurent Wambura, HIV/AIDS officer, della Tanzania; Omari Shaban Kwaangw’, parlamentare della Tanzania; Elizabeth Nakiboneka, HIV/AIDS officer, dell’Uganda; Rebecca Nalwanga Sekalo Lukwago, parlamentare dell’Uganda e Iacopo Viciani di ActionAid) (12 marzo 2009);

Direttore generale per la cooperazione allo sviluppo della Commissione europea, Stefano Manservisi (24 marzo 2009);

componenti della Commissione per l’aiuto allo sviluppo dell’OCSE (Laurence Dubois-Destrizais, consigliere per gli affari economici alla rappresentanza francese presso l’OCSE; Laurent Amar, capodipartimento per le strategie di sviluppo del Ministero degli affari esteri francese; Helen Zorbala, vicedirettore generale del Ministero degli affari esteri ellenico per la cooperazione allo sviluppo; Genny Bonomi, economista e policy analist presso il Dipartimento peer review and evaluation dell’OCSE/DAC; Steve Darvill, humanitarian aid advisor dello stesso Dipartimento (14 maggio 2009);

rappresentanti del Centro Studi di Politica Internazionale (CESPI) (José Luis Rhi-Sausi, direttore, e Marco Zupi, direttore scientifico) (20 maggio e 16 giugno 2009);

Sherpa del Governo italiano per il G8, ambasciatore Giampiero Massolo (17 giugno 2009);

Direttore generale per la Cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri, ambasciatore Elisabetta Belloni (29 luglio 2009);

Vice direttore esecutivo del Programma Alimentare Mondiale, ambasciatore Staffan de Mistura (22 ottobre 2009),

Amministratore dello United Nations Development Programme (UNDP), Helen Clark (12 novembre 2009);

rappresentanti di ActionAid Marco Simonelli e Livia Zoli (1o dicembre 2009);

Direttore dell’Education for all international coordination team dell’Unesco, Olav Sejm e rappresentanti della Coalizione italiana per la Campagna globale per l’educazione (Elena Avenati – Save the Children Italia, Farida Bena – OXFAM International e UCODEP, Marco Petrini, – Associazione MAGIS (Movimento e azione dei Gesuiti italiani per lo sviluppo), Daniela Invernizzi – ACRA (Associazione di Cooperazione rurale in Africa e America latina) (15 giugno 2010);

rappresentanti dell’Organizzazione mondiale della sanità, Flavia Bustreo, della Partnership for maternal, newborn and child health, Mario Merialdi, e di Save the children, Francesco Aureli (1o luglio 2010);

Direttore generale del Dipartimento del Tesoro, Vittorio Grilli (27 luglio 2010);

Direttore esecutivo per l’Italia della Banca mondiale, Giovanni Majnoni (29 luglio 2010):

Segretario generale del Comitato nazionale italiano permanente per il microcredito, Riccardo Maria Graziano (5 ottobre 2010).

4.Il 2009: il documento intermedio, la presidenza italiana del G8 e il Rapporto 2010 sugli MDG.

In questa sede appare opportuno richiamare brevemente le risultanze del documento intermedio, approvato dalla Commissione nel 2009, con cui si è inteso contribuire in modo costruttivo all’impegno italiano nell’anno di presidenza di turno del G8. Esso ha innanzitutto evidenziato il ruolo delle istituzioni parlamentari nel processo di realizzazione degli Obiettivi, traguardo che si conferma del tutto alla portata della nostra generazione. Il documento ha dato risalto alla necessità che anche nella sede parlamentare si applichi un approccio complessivo alle tematiche dello sviluppo tale da valutare le politiche di aiuto in modo complementare a quelle sul commercio globale, sull’ambiente e sulla promozione internazionale del sistema produttivo italiano. Leadership politica decisa, piani e politiche di sviluppo chiari, bilanci nazionali ben predisposti, lotta alla corruzione e un coinvolgimento di tutti i possibili attori coinvolti nella lotta contro la povertà sono ulteriori aspetti qualificanti della strategia di raggiungimento degli Obiettivi che il documento intermedio ha contribuito ad evidenziare.

Il documento, nel dare conto dello stato di attuazione degli impegni da parte dei maggiori Paesi europei, ha evidenziato il gap italiano quanto alla percentuale di PIL destinato agli aiuti allo sviluppo, ferma allo 0,19 per cento a fine 2007 nel quadro di una media dei Paesi OCSE/DAC pari allo 0,28. Il documento registrava anche il dato relativo alla presenza di nuovi donatori internazionali tra i Paesi di nuova industrializzazione, quali ad esempio la Cina e molti Paesi arabi, i quali pongono alla comunità internazionale quesiti sostanziali sulla capacità di collegare gli aiuti al perseguimento di determinati standard qualitativi non indifferenti alla questione dei diritti umani.

Nel segnalare taluni limiti connessi alla strategia di lotta alla povertà adottata dall’ONU con l’agenda del Millennio, il documento ha dipinto un quadro sull’Italia in cui emergono come dati salienti l’elevata quota di cooperazione veicolata attraverso il canale multilaterale (nel 2007 pari al 68 per cento del totale degli aiuti a fronte di una media OCSE/DAC del 30 per cento), un’elevata frammentazione degli aiuti e una marcata tendenza all’imprevedibilità delle risorse destinate alla cooperazione.

Un’acquisizione centrale del documento intermedio ha riguardato il contributo importante che l’Italia può dare al superamento della recessione globale a condizione che il nostro Paese rispetti con puntualità gli impegni presi in sede internazionale e mantenga inalterata la propria politica di attenzione alle questioni dei diritti umani.

Il documento ha quindi indicato talune questioni meritevoli di approfondimento e discussione, tra cui la riforma complessiva degli strumenti legislativi in materia di cooperazione allo sviluppo, l’attuazione di un’agenda concordata e più efficiente in linea con la Dichiarazione di Parigi, il potenziamento del quantum in particolare a favore dell’Africa, la valorizzazione in sede internazionale della specifica esperienza italiana in materia di cooperazione decentrata.

Il documento si è infine caratterizzato per una specifica valenza propositiva insita nelle linee di intervento indicate nella sua parte conclusiva. Tra queste è apparso significativo il tema della mutual accountability, il rapporto tra impegni e adempimenti, il binomio quantità/qualità degli aiuti, infine, il ruolo dei Parlamenti nei confronti dei governi ma soprattutto dell’opinione pubblica.

In sostanziale armonia con le sollecitazioni della Commissione, la successiva acquisizione di rilievo istituzionale è stata rappresentata dalla Dichiarazione finale del Summit del G8 de L’Aquila con cui sono stati definiti taluni impegni per la realizzazione degli MDG. Nel quadro di una nuova filosofia di più stretta partnership con gli altri consessi economici mondiali, a partire dal G20, il Vertice ha definito una strategia globale di ripresa dalla crisi economica formulando la richiesta di una verifica nel 2010 circa lo stato di attuazione degli MDG. Dopo i previsti riferimenti alla necessità di sbloccare il negoziato del Doha Round e ai temi dell’instabilità dei prezzi dei prodotti energetici e agricoli, il Vertice ha varato talune iniziative utili al raggiungimento degli Obiettivi: mantenere aperti i mercati; dimezzare i costi di transazione dei soldi inviati dagli emigrati nei Paesi di origine; rafforzare la partnership con l’Africa per migliorare l’accesso all’acqua e ai servizi igienici; sostenere gli strumenti innovativi di finanziamento per la salute; dare all’agricoltura e alla sicurezza alimentare la giusta priorità in cima all’agenda internazionale, aumentando i finanziamenti multilaterali per aiutare le strategie ad ampio raggio dei singoli Paesi e migliorare la coordinazione dei meccanismi esistenti. Tra gli esiti del Vertice si richiama la Dichiarazione congiunta G8-Africa ma soprattutto l’impegno al reperimento di 20 miliardi di dollari entro i successivi tre anni tramite l’Iniziativa de L’Aquila di supporto alla sicurezza alimentare e allo sviluppo rurale dei Paesi più poveri.

Il contesto in cui si sono inseriti il contributo della Commissione e quello del Summit G8 è quello descritto nel Rapporto annuale sul monitoraggio degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, presentato il 23 giugno 2010 dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon sulla base dei dati relativi al 2009.

Preliminarmente si ricorda che il Segretario generale delle Nazioni Unite presenta un rapporto all’Assemblea generale sui progressi effettuati, basandosi sui dati forniti dagli indicatori aggregati a livello globale e regionale. Gli Obiettivi, i target e gli indicatori, come definiti nel 2002, sono stati usati fino al 2007, quando il quadro di monitoraggio degli Obiettivi di sviluppo è stato rivisto al fine di includere i quattro nuovi target decisi dal World Summit del 2005 e, conseguentemente, i nuovi indicatori. Il Rapporto 2010, come i precedenti, si basa su dati raccolti ed elaborati da Agenzie specializzate e da un Gruppo di esperti, sotto la direzione del Dipartimento degli Affari economici e sociali del Segretariato delle Nazioni Unite (UNDESA).

Il dato centrale registrato dal Rapporto 2010 riguarda il continuo progredire della comunità internazionale verso il raggiungimento degli MDG, nonostante la crisi economica globale, ma l’eccessiva lentezza dei progressi. Importanti risultati sono stati conseguiti nella riduzione della povertà estrema, nella lotta all’HIV/AIDS e alla malaria, nell’accesso all’acqua potabile. Minori successi si possono segnalare in aree critiche, quali il miglioramento della salute materna e l’accesso a servizi sanitari.

In particolare, la percentuale delle persone che vivono in povertà estrema (con meno di 1,25 dollari al giorno) è stata drasticamente ridotta negli ultimi due decenni: i tassi di povertà estrema, infatti, sono scesi dal 46 per cento del 1990 al 27 per cento del 2005 e con una previsione di continua diminuzione fino al 15 per cento nel 2015. Cina e Sud-est asiatico sono le aree di maggior successo; altrove, i progressi sono stati più lenti. Nella stessa regione asiatica, permangono disparità enormi tra ricchi e poveri, e tra comunità urbane e rurali. Le bambine continuano ad avere minori opportunità soprattutto nel settore educativo: una bambina che vive in una famiglia povera ha una possibilità quattro volte inferiore a quella di un bambino che si trova nella medesima situazione di frequentare la scuola. E se in America Latina e Caraibi sono stati compiuti importanti progressi sul fronte della salute infantile e dell’uguaglianza di genere, in alcune regioni dell’Africa meno della metà delle donne ricevono assistenza medica al momento del parto.

Il Rapporto esorta ad aumentare gli sforzi su diversi fronti, soprattutto al fine di creare posti di lavoro, incentivare lo sviluppo economico, incoraggiare la sicurezza alimentare, promuovere l’energia pulita e rafforzare la cooperazione tra Paesi ricchi e quelli poveri.

In occasione della presentazione del Rapporto il Segretario Generale ha annunciato l’istituzione di un MDG Advocacy Group, composto da 17 eminenti personalità della politica ma anche dell’alta finanza che lavoreranno per ampliare il sostegno al raggiungimento degli MDG. Il Presidente rwandese Paul Kagame ed il Primo Ministro spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero presiedono congiuntamente il Gruppo, che ha tenuto in luglio la sua prima riunione.

5.L’attività di indagine tra 2009 e 2010. Le questioni pendenti a cinque anni dalla scadenza del 2015.

Alla luce del quadro delineato nel documento intermedio e nella prospettiva della definizione di un piano d’azione italiano per la realizzazione degli MDG entro il 2015, nella seconda parte dell’indagine si sono svolte numerose audizioni caratterizzate da un sguardo privilegiato ai singoli Obiettivi, anche se è stata spesso ricordata la forte interdipendenza tra gli Obiettivi: una maggiore disponibilità di cibo e reddito favorisce lo sviluppo dell’istruzione, che a sua volta ha ricadute positive sulla parità di genere e la prevenzione delle malattie. Nello stesso tempo una popolazione sana è in grado di studiare e produrre meglio e così via. In una parte significativa di questo secondo ciclo di audizioni il Comitato ha focalizzato l’approfondimento sui temi dell’Italia, con particolare attenzione all’interazione tra il Ministero degli affari esteri e il Ministero dell’economia e delle finanze nella decisione sul quantum e sul quomodo delle risorse destinate agli aiuti allo sviluppo.

Quanto al primo Obiettivo, è stato ricordato che in relazione alle situazioni di grave crisi alimentari si assiste al passaggio ad aiuti sotto forma di contributi finanziari rispetto a forniture dirette di alimenti che rischiano di innescare un processo negativo, abbassando la possibilità di produrre cibo. Per superare le difficoltà logistiche connesse a crisi particolarmente acute occorre sviluppare la produzione di sostanze ad altissimo valore nutrizionale. È stato auspicato un maggiore impegno del nostro Paese in questo campo, anche nell’ottica della prossima Expo 2015 di Milano dedicata all’alimentazione.

Oltre alla crisi economica sono stati evidenziati altri fattori che rischiano di pregiudicare i progressi fatti negli ultimi anni. In primo luogo l’incremento dei prezzi del cibo, solo parzialmente rientrato e che rischia di riesplodere. Punti critici per provvedere ad una adeguato quantità di cibo sono rappresentati dalle aree coltivate per i biocarburanti, dagli acquisti di vaste aree in molti Stati africani da parte di Paesi terzi e dalle vaste superfici non coltivate.

A questo si aggiungono i sempre più frequenti disastri naturali. È stato osservato che la Conferenza di Copenaghen rappresentava una sfida cruciale per lo sviluppo e il suo esito negativo rappresenta un’ulteriore motivo di preoccupazione.

È stato fatto notare con preoccupazione che la proporzione di aiuto pubblico allo sviluppo destinata allo sviluppo agricolo sia scesa dal 17 per cento nel 1980 a meno del 4 per cento; il tutto in una fase di rapido accrescimento della popolazione mondiale e di deciso incremento dell’instabilità climatica.

Passando al secondo Obiettivo, permane un ruolo centrale dell’educazione per lo sviluppo. Nessun Paese è mai salito per la scala dello sviluppo umano senza un costante investimento destinato all’educazione per favorire la costruzione di società più inclusive. Vi sono segnali che la situazione attuale sia peggiore di quanto facciano pensare alcuni indicatori. In particolare il forte incremento delle iscrizioni ha avuto un impatto negativo sulla qualità dei risultati dell’apprendimento a causa di un numero insufficiente di insegnanti.

Occorre un corpo docente qualificato per fornire un apprendimento di qualità. Secondo alcune stime c’è bisogno globalmente di almeno 2 milioni di nuovi insegnanti. In relazione ad essi vi è poi un problema relativo non solo al livello delle retribuzioni, i salari o alla formazione, ma anche rispetto allo status degli insegnanti all’interno della società.

Gli Obiettivi legati ai temi della salute sono la riduzione della mortalità infantile (n. 4), la riduzione della mortalità materna, l’accesso universale alla salute riproduttiva delle donne (n. 5) e la prevenzione della diffusione dell’HIV, della malaria e delle altre malattie trasmissibili, tra cui anche la tubercolosi (n. 6). La politica di cooperazione allo sviluppo italiana si è distinta in particolare nel settore sanitario e nel perseguimento dell’Obiettivo di sviluppo del Millennio n. 6 mentre vi sono ritardi significativi rispetto agli Obiettivi nn. 4 e 5. Per la prima volta la Dichiarazione finale del G8 a L’Aquila ha previsto due paragrafi sostanziali relativi a tale problematica e ha, dunque, segnalato ai capi di Stato l’esistenza di un problema importante su cui essi devono agire, nonché l’esistenza di un consenso già globale sulla salute materno-infantile, con i filoni portanti di una risposta globale.

Si stima che l’Obiettivo n. 4, con i trend attuali, non sarà raggiunto prima del 2045. Si stima che circa 250 mila donne e almeno 5,5 milioni di bambini che oggi muoiono ogni anno potrebbero salvarsi con misure semplici e a basso costo come assistenza specializzata al momento del parto e, subito dopo, vaccini, trattamenti per la polmonite, per la diarrea e per la malaria e allattamento esclusivo al seno.

In primo luogo è necessaria la formazione. Viene stimata la necessità di formare al meno un milione di operatori di comunità, cui si aggiungono 2,5 milioni di operatori sanitari più specializzati, come dottori, infermieri od ostetriche. Serve inoltre comunicazione per ottenere le informazioni necessarie sulle scelte che le donne e gli uomini possono compiere sulla loro salute riproduttiva. A tal fine è in particolare necessario formare gli operatori sanitari di comunità, principalmente donne, portatori di messaggi semplici ed efficaci. Azioni di questo tipo hanno prodotto risultati estremamente positivi in Paesi come il Bangladesh e l’Indonesia.

Si è notato che, nonostante negli ultimi dieci anni a livello globale i finanziamenti pubblici siano aumentati sulla salute, criticamente non è aumentato il finanziamento sulla pianificazione familiare, il family planning, soprattutto a livello di cooperazione allo sviluppo dei diversi Paesi mondiali. Abbiamo visto una stagnazione, per esempio, sull’accesso ai contraccettivi e alla capacità di ridurre la natalità eccessiva.

Quanto all’Obiettivo n. 6, oltre il 70 per cento dei malati si trova in un solo continente, l’Africa, e in Africa subsahariana in particolare. Nel 2001, nel corso del G8 di Genova, venne ideato e lanciato come strumento innovativo il Fondo globale per la lotta all’AIDS, alla tubercolosi e alla malaria che è arrivato a rappresentare quasi un quarto delle risorse impiegate per il contrasto a queste gravi patologie.

In tema di accesso universale ai farmaci si sono raggiunti degli importanti risultati. Le percentuali di coloro che avevano accesso ai trattamenti erano bassissime e ora siamo arrivati a percentuali molto alte. Va però segnalato che quasi la metà delle persone in cura esce dalla terapia prima di due anni, spesso per costi accessori apparentemente irrisori, come quello dei trasporti, ma che sono insostenibili per popolazioni che vivono con meno di un dollaro al giorno.

Le cure per l’AIDS stanno indebolendo i sistemi sanitari con scarse infrastrutture e risorse umane che non riescono a continuare a lavorare sulle normali patologie. È stato quindi espresso apprezzamento per l’incremento del sostegno del nostro Paese alle strutture sanitarie di base con personale qualificato.

Rimane in ogni caso essenziale rafforzare la prevenzione; allo stato attuale per ogni due persone che entrano in terapia antiretrovirale ce ne sono contemporaneamente cinque che vengono infettate.

6. L’attività di indirizzo della Camera dei deputati.

Quanto al ruolo dell’Italia, l’indagine conoscitiva ha proposto a più riprese la questione delle carenze nella quantità di aiuti e in particolare la notevole riduzione del contributo del nostro Paese ad istituzioni quali il World Food Programme (WFP), l’UNDP e il Fondo globale per la lotta all’HIV, alla tubercolosi e alla malaria.

Sul tema il lavoro d’indagine ha garantito l’apporto conoscitivo necessario a sostegno di iniziative parlamentari volte a fornire specifici indirizzi all’azione del Governo, soprattutto in vista del Vertice del Millennio svoltosi nel settembre del 2010 a New York. Si richiamano a tal proposito le mozioni presentate da tutti i gruppi e approvate dall’Assemblea il 15 settembre 2010 al fine di impegnare il Governo, tra l’altro, a programmare, compatibilmente con le esigenze di risanamento della finanza pubblica, le modalità e i tempi per onorare tutti gli impegni internazionali specificamente assunti dall’Italia in materia di sviluppo, in particolare relativamente alla Convenzione di Londra sulla sicurezza alimentare, al Fondo globale per la lotta all’AIDS, alla tubercolosi e alla malaria, all’Aquila food security initiative e nei confronti di banche e fondi di sviluppo, nel contesto di un graduale piano di riallineamento dell’aiuto pubblico allo sviluppo italiano. Le mozioni hanno anche consentito di assumere l’indirizzo relativo alla razionalizzazione delle iniziative di cooperazione, mantenendo nel Ministero degli affari esteri il naturale fulcro di decisione politica e coordinamento, e alla promozione di misure che favoriscano il rafforzamento e l’aggiornamento delle risorse umane disponibili per la cooperazione italiana, in linea con quanto raccomandato dall’OCSE all’Italia nel 2009, a seguito della peer review. In quella sede il Governo si è assunto tra l’altro anche l’impegno relativo a dare priorità, coerentemente con il piano in dodici punti proposto dalla Commissione europea, ad un piano di azione annuale, realistico e verificabile, inteso al raggiungimento, progressivo e graduale, di una percentuale di prodotto interno lordo destinata all’aiuto pubblico allo sviluppo secondo gli obiettivi europei stabiliti.

Occorre, in generale, un approccio complessivo allo sviluppo che tenga conto del fatto che i processi di sviluppo vengono avviati non solo attraverso lo strumento dell’aiuto pubblico, per il quale occorre mettere a sistema in maniera più organica anche il contributo che proviene dagli enti locali, ma anche mediante altri strumenti quali gli investimenti, le politiche commerciali, la promozione del microcredito, le attività solidali e quant’altro.

In questo quadro si deve cercare di coordinare meglio gli aiuti a diverso livello. Importante è la collaborazione tra il Ministero dell’economia e delle finanze e il Ministero degli affari esteri che detiene la visione strategica che assicura anche l’efficacia e la qualità dell’aiuto.

In ogni caso la cooperazione a livello comunitario rappresenta una dimensione fondamentale per quanto riguarda l’aiuto allo sviluppo da parte del nostro Paese. Negli ultimi tre anni il valore medio della nostra contribuzione è stato di circa un miliardo di euro all’anno, pari a circa il 40 per cento dell’impegno complessivo del nostro Paese con i Paesi in via di sviluppo. Occorre quindi che il maggior coordinamento si effettui anche su scala europea.

La cooperazione può essere uno strumento atto a favorire una penetrazione dei mercati esteri, anche senza ricorrere al legamento dell’aiuto. Una nota positiva è rappresentata dall’ottima capacità delle imprese italiane di risultare aggiudicatarie nelle gare di appalto per la realizzazione di opere civili indette a fronte di finanziamenti della Banca mondiale

Gli interventi infrastrutturali, soprattutto nel settore dell’acqua, dei servizi sanitari, della comunicazioni e della produzione di energia elettrica, rappresentano sicuramente un precondizione per lo sviluppo.

È stato osservato che il presupposto di qualsiasi percorso significativo che possa contribuire a migliorare la performance dell’Italia nei confronti dello sviluppo, non può che passare attraverso una maggiore consapevolezza dell’opinione pubblica italiana dell’importanza dell’aiuto pubblico allo sviluppo e delle politiche di sviluppo come strumento di stabilità e sicurezza a livello globale e che il Parlamento può contribuire a diffondere tale consapevolezza.

Si pone però un problema di trasparenza e di chiarezza nel modo di comunicare, in primo luogo al Parlamento, i dati che riguardano gli impegni internazionali del nostro Paese ma degli impegni che abbiamo preso a lunga scadenza, di quelli che abbiamo mantenuto, di quelli che non siamo stati in grado di mantenere.

In conclusione, le carenze nella politica di cooperazione italiana, messe in luce dall’indagine conoscitiva e riprese già dal documento intermedio approvato dalla Commissione affari esteri nel 2009, riguardano aspetti importanti della nostra azione. Si tratta di profili relativi soprattutto alla quantità dell’aiuto italiano allo sviluppo, come già detto largamente inferiore agli impegni assunti a livello internazionale e circa la metà della media dei Paesi OCSE/DAC, oggi ulteriormente ridotta da un biennio di drastiche decurtazioni delle poste in bilancio e da cronici ritardi nella corresponsione delle quote a vario titolo dovute alle organizzazioni e ai fondi internazionali per lo sviluppo.

Tali limiti ed insufficienze, segnalate puntualmente dalla peer review svolta nel 2009 dall’OCSE/DAC, attengono anche all’eccessivo peso della cooperazione multilaterale, all’inadeguatezza dell’attuale legislazione sulla cooperazione allo sviluppo, all’elevata frammentazione degli aiuti a causa della pluralità dei «donatori nazionali» pubblici, privi di una reale forma di coordinamento e perfino di un unico punto di riferimento.

Si fanno sempre più urgenti nuovi importanti aspetti meritevoli di interventi legislativi o di una maggiore iniziativa politica: è il caso delle forme di cooperazione pubblico-privato, la cui necessaria valorizzazione passa per un’adeguata regolamentazione giuridica, e della dimensione europea rispetto alla quale l’Italia deve rafforzare la propria presenza e la capacità di incidere.

L’assenza di un impegno reale e rinnovato in questi settori è in contrasto con l’annuncio del Governo relativo alla presentazione di un Piano d’azione italiano per la realizzazione degli MDG entro il 2015 ovvero su auspicati piani annuali e graduali per riallineare il contributo dell’aiuto italiano allo sviluppo agli impegni internazionali assunti.

Dare seguito alle intenzioni manifestate dal Governo in Parlamento in occasione della discussione di diversi atti parlamentari di indirizzo e di controllo è condizione perché il nostro Paese possa recuperare la perdita di posizione internazionale in materia di aiuto allo sviluppo e svolgere una funzione più incisiva a livello internazionale attraverso una più efficace azione di cooperazione allo sviluppo.

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