Alberto Monticone, lo storico della Chiesa: «Il Pontefice porta l’annuncio di un’alternativa ai guasti di capitalismo e comunismo»
«La Chiesa non è un potere politico,non è un partito, ma è una realtà morale, un potere morale. Anche la politica però deve essere una realtà morale ed è in questo che la Chiesa ha fondamentalmente a che fare con la politica». In viaggio verso il Messico, papa Benedetto XVI ha delineato il delicato ruolo dei cattolici in un momento di grandi incertezze sociali. E se per un verso ha spiegato che l’ideologia marxista «per come è stata concepita non risponde più alla realtà», d’altra parte ha demonizzato,in tempi di pensiero unico e dittatura finanziaria «l’idolatria del denaro che schiavizza gli uomini».
Il cattolicesimo si candida dunque a terza via verso la quale può incamminarsi il mondo nel prossimo futuro? «Quella di Benedetto XVI è anzitutto una terza via etica, che di riflesso, essendo portatrice di istanze morali, diventa anche politica», spiega a liberal Alberto Monticone, storico della Chiesa oggi presidente di Italia Popolare.
Presidente, il Papa vola a Cuba in un’atmosfera non particolarmente ecumenica. Ha fatto sapere di volere aiutare il Paese a trovare un nuovo modello, ma si apprende che i dissidenti non potranno prendere parte alle messe celebrate dal Pontefice. Non un bel segnale.
Non è un bel segnale per Cuba, ma sarà un ottimo segnale per il Papa. Le limitazioni
erano in qualche maniera già previste ma Benedetto XVI ha la possibilità di dare a questo viaggio un’intensità simbolica maggiore. La sua visita apostolica si pone in continuità con l’operato di Paolo XVI, che si trovò più volte a fronteggiare condizioni ostili e rischiò la vita nelle Filippine.Tra l’altro la visita di Ratzinger in Sudamerica avviene nel cinquantesimo anno di quel Concilio Vaticano II che seppe ricollocare la Chiesa nel solco della modernità.
E ad allora risale anche la nascita della teologia della liberazione che non fu molto amata dalla Chiesa, salvo essere rivalutata sotto qualche aspetto da Giovanni Paolo II. Qual è il bilancio storico di un movimento ancora oggi molto discusso,nonostante sia sceso in campo a fianco dei più deboli?
È difficile dare un giudizio compiuto in poche parole. Ma oggi non si può negare che la viva esperienza di un cattolicesimo di frontiera come fu quello della liberazione, seppur lontano nel tempo e legato a un preciso contesto storico, abbia lasciato alla Chiesa testimonianze come quella di Oscar Romero, assassinato per il coraggio di stare con gli ultimi, e di Hélder Câmara, che spese l’esistenza a combattere attivamente le miserie delle favelas. I contributi della teologia liberazione hanno arricchito la Chiesa, e hanno parte nell’elaborazione concettuale di quell’umanesimo integrale che oggi è un fondamento attivo dell’essere cattolici nella modernità.
Perché il movimento divenne via via sempre meno tollerato, se non aperamente ostracizzato, nonostante la vocazione pauperistica?
Accadde a un certo punto un evento storico come la caduta del Muro di Berlino. Fu uno spartiacque importante che però non portò il Papa e il pensiero cattolico democratico a considerarlo come il trionfo dell’Occidente e delle sue dottrine economico-sociali, ma come l’inizio di un percorso che facesse dell’Occidente un punto di riferimento per le libertà, che tenesse in buon conto anche le istanze sociali accanto alle esigenze delle spiritualità.
E in viaggio verso Cuba, il Papa dichiara morto il marxismo, ma poco frequentabile anche l’ossessione del profitto di un capitalismo deteriore. La dottrina cattolica può incarnare quindi una terza via politica?
Si tratta anzitutto di una terza via etica che affonda le sue radici negli anni 60 del secolo scorso, culminata poi nel pontificato di Karol Wojty\u0142a. Allora la Chiesa criticò apertamente il modello marxista ma allo stesso tempo non risparmiò strali a certe distorsioni del capitalismo. Ma va compreso che la dottrina della Chiesa non si consolida in una teoria economica, quanto in un orientamento culturale. È piuttosto un campo di valori morali che non accetta l’ideologia del profitto quando essa schiaccia la vitalità e la dignità della persona.
Il Papa è volato a Cuba dicendo che la Chiesa vuola aiutare i cubani a trovare nuovi modelli di esistenza, ma senza traumi. Che significato dobbiamo dare a queste affermazioni?
Il Santo Padre ha a cuore i diritti umani dei cubani che si sostanziano nelle libertà fondamentali di cui ogni persona umana deve potere disporre. In un mondo in evoluzione, la Chiesa si sente investita dal bisogno di vigilare su valori come la libertà di espressione e di associazione.
Per tutta risposta, i giornali cubani scrivono che saranno ammessi al suo cospetto soltanto gli allineati al regime.
È chiaro che un contatto diretto con tutti, senza restrizioni di sorta, sarebbe l’opzione migliore. Ma il “numero chiuso” non farà altro che dare maggiore forza di verità alla missione di Benedetto XVI.
Francesco Lo dico, Liberal