Dalla vicenda della sponsorizzazione del restauro del Colosseo da parte della Tod’s di Diego Della Valle, all’appello del Louvre per la raccolta dei fondi necessari al completamento del nuovo dipartimento di Arti islamiche, si torna a riflettere sulla funzione del mecenatismo dell’arte ai giorni nostri. Ma è davvero soltanto un business?
Dopo i crolli del 25 e 27 dicembre 2011, e l’ultimo del 14 gennaio scorso al Colosseo, infuria ancora la polemica sulla sponsorizzazione del restauro del monumento-simbolo dell’Italia nel mondo. All’accusa di sfruttamento commerciale sollevata dal Codacons a Diego Della Valle, era infatti seguita il 9 gennaio scorso la “bocciatura” da parte dell’Antitrust circa l’affidamento dei lavori alla Tod’s, evidenziando una serie di distorsioni della concorrenza all’interno dell’accordo, tra cui la possibilità di avvalersi dei diritti di sfruttamento dell’immagine del Colosseo con una durata ben superiore ai limiti di tempo introdotti dall’Avviso di gara.
Ma Della Valle respinge le accuse al mittente ribadendo che «il supposto sfruttamento commerciale è un fatto assolutamente contrario allo spirito dell’iniziativa», ed anche il sindaco di Roma Alemanno invita a smetterla con «polemiche e ricorsi che intralciano l’apertura dei cantieri di restauro, anche perché se Diego Della Valle ci ripensa, soldi pubblici non ce ne sono».
Intanto anche il Louvre lancia un appello per raccogliere i 10 milioni di euro che mancano per completare il nuovo dipartimento di Arti islamiche, la cui apertura è prevista entro l’estate del 2012. Sono diversi i finanziatori: intanto lo Stato francese ed il Louvre stesso, ma anche diversi altri capi di Stato, nonché privati e aziende, tra cui la Fondazione del principe saudita al-Walid ben Talal che figura come principale mecenate.
Mecenati di ieri e mecenati di oggi. Sostenere l’arte, nel passato, è stato un compito per ecclesiastici e per laici facoltosi, come i magnifici signori delle corti, che garantivano agli artisti una solida sicurezza materiale e grande prestigio, a fronte tuttavia di una minore libertà. Le ragioni del mecenatismo erano anzitutto la pietà religiosa, poiché spesso un’opera d’arte veniva commissionata per essere offerta a una chiesa, ma anche il prestigio, essendo l’esibizione di opere d’arte un segno inequivocabile di ricchezza e potenza. Oggi invece chi sono i nuovi mecenati? E quali gli obiettivi di chi sostiene la cultura?
Il mecenatismo rinascimentale si distingue da quello contemporaneo per un aspetto fondamentale: oggi, nell’era dell’economia finanziaria, le opere d’arte sono un investimento, e il loro valore è determinato da un mercato internazionale; in epoca rinascimentale, non esistevano ancora speculazioni economiche nel settore artistico, e il committente non comprava con lo scopo di rivendere quando le quotazioni dell’opera d’arte fossero salite.
Vi sono poi le donazioni da parte di privati o enti pubblici i quali versano dei fondi, figurando come sponsor, per supportare mostre, opere culturali o di beneficenza. Ovviamente lo sponsor ha un ritorno d’immagine, e questo è considerato uno dei modi per poterne migliorare quella sociale agli occhi dei più. Ciò in alcuni casi permette a tutti di accedere alle opere d’arte in modo gratuito, facendo diventare le ricchezze artistiche più “democratiche”: Eni ad esempio organizza eventi gratuiti come quello che si svolge a Milano, a Palazzo Marino, nel periodo natalizio, esponendo uno o due quadri in prestito dal Louvre, mentre BNL annovera una collezione di circa cinquemila opere tra cui spiccano capolavori assoluti dell’arte classica e moderna, dalle antiche sculture romane ai dipinti di Lorenzo Lotto, Canaletto, Morandi, Schifano, De Chirico, oggetto ad oggi di numerosi restauri e prestiti.
Carmela Bafumi