Il governo Monti alla prova con le politiche sanitarie di rientro e la loro approssimazione

tratto da Astrid.it – pubblicato il 9 dicembre 2011

di Ettore Jorio

Il governo presieduto da Mario Monti ha intrapreso il suo difficile cammino. Tutti nutrono profonde aspettative su un Esecutivo composto da ministri di altissima qualità professionale con a capo una delle personalità più illustri del Paese, che ha onorato l’Italia nel brillante e coraggioso svolgimento del compito di Commissario UE, prima al mercato interno e poi alla concorrenza. Sulla carta è ciò che serviva per uscire dalle condizioni in cui esso Paese è sprofondato, sia sul piano della produttività interna che in quella della credibilità internazionale. Lo sarà certamente nei risultati che conseguirà.

Quanto al suo esordio, fa bene il nuovo Premier ad impedire ai ministri di esternare ogni qualsivoglia anticipazione sui programmi. La novità dovrà essere una azione di governo unitaria e condivisa, fatta di scelte difficili ma indispensabili, in linea con le prescrizioni degli organismi UE e con i bisogni emergenti, che vada a raccogliere il consenso nella sua interezza: della politica, delle rappresentanze sociali e del mondo del lavoro, dei cittadini e, conseguentemente dei mercati.

Insomma, il nuovo Governo dovrà restituire credibilità al Paese e dignità agli italiani.

I problemi da risolvere saranno tanti, la maggior parte legati alle brutte abitudini consolidatesi in tanti anni di altrettanta brutta politica, preoccupata esclusivamente del suo autogenerarsi e abituata ad affrontare le problematiche delegandole, per lo più, ad una alta burocrazia che si è resa sempre di più indispensabile, in quanto tale non affatto intaccata dallo spoil system – altrimenti applicato ovunque – nel corso dei governi che si sono avvicendati. Sono rimasti quasi invariati “nei secoli” i più alti dirigenti ministeriali, ancorché corresponsabili dei trascorsi insuccessi, quantomeno riferiti ai ricorrenti deficit prodotti dal sistema autonomistico, sanità in primis, e alla incontestabile culpa in vigilando sui disastri economici delle regioni, province e comuni, sui quali spettava loro monitorare sulle correttezze/scorrettezze comportamentali.

A ben vedere, il Governo – che per la sua peculiarità potrebbe essere distinto come Esecutivo di scopo, perché incaricato di portare l’Italia fuori dal rischio di default in cui è impantanata (si spera, rimediabilmente) a causa dalle trascorse dissennate politiche – dovrà affrontare e risolvere i problemi di sempre, trascurati da chiunque si sia cimentato con il governo del Paese nell’ultimo ventennio. Prioritariamente, ha il dovere di bene coniugare tre esigenze, di cui le prime due in apparente contraddizione con la terza ma invero strettamente concatenate tra di loro, solo che si voglia rimanere in Europa a pieno titolo: il pareggio del deficit di bilancio, il ripianamento del debito pubblico e il rilancio della crescita.

Una mission difficile ma non impossibile, da affrontare per dovere verso la storia e “per i nostri figli”. Un richiamo, questo, esplicitato dal nuovo Premier nella parte conclusiva del suo intervento alle Camere per l’ottenimento della loro fiducia, poi ampiamente goduta.

I temi che dovranno essere affrontati saranno tanti e complicati da risolvere, anche perché quasi tutti incidenti nella determinazione della spesa da destinare alla collettività in termini di prestazioni e servizi, al netto dei tagli necessari a garantire, comunque, un indispensabile avanzo primario, propedeutico al ripianamento del debito pregresso.

Il processo di risanamento del Paese avrà, pertanto, tantissimi ostacoli da superare, a cominciare dal rinsavimento del rapporto esistente tra la qualità dei servizi prodotti e l’entità del prelievo fiscale, un modo per rendere compatibili le risorse con l’obbligo di assicurare l’esigibilità, seppure in forma differenziata a seconda della ricchezza prodotta o goduta, ai cittadini dei diritti sociali e il fruibile godimento delle funzioni fondamentali esercitate dalla pubblica amministrazione.

Un siffatto processo riparatore dovrà essere realizzato nel rispetto delle condizioni che il prof.

Mario Monti ha recentemente rappresentato al presidente della Commissione Barroso a Bruxelles: una forte determinazione del Governo italiano nell’imporre le riforme strutturali necessarie, il mantenimento dell’avanzo primario, vittima oggi degli oneri finanziari che gravano sul bilancio della Repubblica a causa del debito pubblico, e un ineludibile impegno per la crescita. Il tutto collaborato da una imposizione sulla ricchezza e sul patrimonio, nonché dalla dismissione, a prezzi di mercato, dei beni dello Stato, siano essi cespiti immobiliari che partecipazioni societarie.

Quello delle riforme strutturali – che dovranno decretare la fine degli interventi congiunturali, molto frequenti in quei settori che hanno storicamente rappresentato disfunzioni e sperperi incontrollabili – sarà il punto più difficile da realizzare, attese – da una parte – le naturali resistenze, più o meno corrette, dei diretti interessati a mantenere lo status quo e – dall’altra – le difficoltà ad individuare percorsi che non contrastino con la corretta erogazione dei diritti di cittadinanza, primo fra tutti il diritto alla salute, in senso lato. Invero, l’universale godimento di tale diritto – l’unico ad essere esplicitamente definito come fondamentale dalla Costituzione (art. 32) – comporta il maggiore impegno delle risorse pubbliche e, sotto un altro versante, è causa determinante dell’eccessiva spesa corrente e, quindi, della formazione del debito pubblico caratteristico, che ammonterebbe a ben oltre i quaranta miliardi di euro che oggi si rendicontano, cui dovrebbe aggiungersi quello ancora sottaciuto dalle regioni, che si ha ragione di supporre, molto verosimile.

Dunque, un terreno “fertile” sul quale intervenire, considerati anche i deficit funzionali che i sistemi regionali registrano, specie quelli impegnati con i piani di rientro.

La sanità, in particolare in alcune regioni del centro-sud, rappresenta un problema oramai perenne, nonostante ci sia stata l’alternanza a reggere le sorti del governo delle regioni interessate. Sinistra e destra si sono ad esso avvicendate e non si sono affatto distinte in termini di risultato (negativo).

Hanno, vicendevolmente, determinato danni al funzionamento e alle economie, peggiorando progressivamente la portata delle prestazioni, arrivate a valori qualitativi infinitesimali e a godimento molto differito, causa le lunghe file d’attesa, fatta eccezione per alcune testimonianze di eccellenza.

Come dicevo, sono numerosi i deficit rilevabili nel più generale funzionamento della sanità di quasi tutte le regioni del Mezzogiorno e di qualcuna del centro Italia sottoposte ai piani di rientro, alcuni dei quali sopravvenuti di recente, in quanto tipici dell’agire del commissariamento, cui alcuni enti regionali sono sottoposti. I programmi operativi di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento dei servizi sanitari regionali (che è poi l’esatta denominazione giuridica dei piani di rientro) costituiscono, sotto mentite spoglie, uno strumento di riprogrammazione e razionalizzazione dei rispettivi sistemi sanitari. In buona sostanza, rappresentano una straordinaria revisione dei Piani sanitari regionali vigenti, alcuni dei quali inappropriatamente assunti con leggi regionali, nonostante la loro delegificazione intervenuta a seguito dell’approvazione della legge costituzionale n. 1 del 1999. In quanto tali, essi altro non sono che il più attuale strumento pianificatorio della organizzazione sanitaria della regione interessata, redatto unicamente sulla base delle rigide condizioni, economicamente restrittive, convenute con il Governo nell’apposito accordo, quindi, senza previsione alcuna dei fabbisogni dei cittadini da soddisfare né tampoco senza godere delle risorse da destinare a quegli investimenti migliorativi capaci di ammortizzare, nel tempo, il relativo costo sostenuto, attraverso i migliori risultati conseguibili, sia sotto il profilo economico ma soprattutto in termini di qualità delle prestazioni rese.

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