Contestualmente alla presentazione delle mozioni, e all’avvio dei lavori su tale base, dovrebbe essere presentata una legge costituzionale per formalizzare il lavoro della Commissione” il cui testo finale verrebbe votato dal parlamento, articolo per articolo, secondo il principio dell’art. 138 Cost.
Dunque, ricapitolando: il documento dei “saggi” sulle riforme istituzionali è un programma di lavoro puntuale e condivisibile ma va sciolto il nodo del semipresidenzialismo (che non è un tabù) da cui discende la riforma elettorale e anche quello delle province, che non possono rimanere sospese troppo a lungo, mentre le parole “semplificazione amministrativa” e “merito” dovrebbero finalmente entrare nella Costituzione.
Personalmente condivido l’opinione espressa dalla maggioranza dei “saggi” in favore del “modello neoparlamentare” che però non è contraria, con l’eccezione di Violante, ad un referendum di indirizzo sul punto.
A 67 anni dal referendum che ci condusse alla Repubblica toccherebbe ad un repubblicano di sicura fede, quale Giorgio Napolitano, da troppi ora definito “Re Giorgio”, interrogare il popolo italiano sull’alternativa tra semipresidenzialismo e regime parlamentare razionalizzato.
Potrebbe essere una strada ma andrebbe prima scritta una nuova regola costituzionale, in deroga all’art. 138 Cost., mentre si potrebbe anche rendere definitivo e certo il referendum confermativo in modo da chiamare in ogni caso gli italiani a partecipare alle modifiche della Costituzione.
Ci sono molte cose condivise: ma c’è il tempo, anche per una riforma del metodo, oltre che del merito, c’è la ferma volontà politica?
A favore del modello “Convenzione” depongono tre fattori: l’impegno programmatico del premier Enrico Letta, l’opportunità di una base costituente più ampia in qualche misura espressiva di una nuova “costituzione materiale”, la possibilità di superare le resistenze dei senatori al cambiamento.
Ma il percorso è anche più lungo, perché necessita di due riforme costituzionali, sul metodo, appunto, oltre che nel merito.
Si cerca in queste ore un compromesso, anche terminologico, sulla “Convenzione”. Ma non è un buon avvio, occorre più coraggio.
Come ho scritto in un mio recente libro (Mantini P. La legislatura costituente, Rubbettino Editore, 2013) “le istituzioni, in certo senso, sono come il mito, come le parole, non muoiono, si trasformano, nuove, antiche, hanno tanti significati. Come disse Humpty Dumpty ad Alice (in Attraverso lo specchio), “per capirne il contenuto “bisogna vedere chi è che comanda”.
Ma per vederlo ora occorre andare avanti, fino in fondo, chiamando tutti alla responsabilità repubblicana e anche mettendo nel conto una divisione del Partito Democratico, che è già nei fatti, tra riformatori e massimalisti.
L’Italia, gli italiani, chiedono una Terza Repubblica della responsabilità e dell’innovazione.
Pubblicato da
Istituto Luigi Sturzo
Rivista online Il domani d’Italia