L’importanza del turismo per l’economia del Paese è ampiamente riconosciuta; per questo motivo, da più parti è stata da tempo sollevata l’esigenza di una stima dell’effettivo peso economico del settore.
La risposta a questa istanza ha preso forma con la compilazione del primo Conto Satellite del Turismo per l’Italia (CST), progetto promosso dal Dipartimento per lo Sviluppo e la competitività del turismo – Osservatorio Nazionale del Turismo, che consentirà di valutare le dimensioni e il valore dell’industria turistica.
I risultati principali dello studio sono stati presentati il 4 luglio 2012 dal Ministro per gli Affari regionali, il Turismo e lo Sport Piero Gnudi e dal Presidente dell’Istat Enrico Giovannini, presso il Dipartimento del Turismo.
Questa prima edizione del CST è in grado di restituire una misura del valore aggiunto apportato dal turismo all’economia nazionale (VAT) con riferimento al 2010, anno per il quale è disponibile la maggior parte delle fonti.
Le stime del CST si basano su una selezione di attività economiche considerate caratteristiche della filiera turistica: alloggio, ristorazione, trasporto e noleggio, agenzie di viaggio e tour operator, servizi culturali, sportivi e ricreativi. Il peso del turismo sull’economia del Paese tuttavia non si riduce a queste attività e coinvolge anche altri settori, connessi e non specifici.
Il valore aggiunto prodotto in Italia dal turismo è stato pari, nel 2010, a 82.833 milioni di euro, il 6% del valore aggiunto totale dell’economia. L’incidenza del settore sull’economia, così misurata, è molto vicina a quella del settore delle costruzioni. Il turismo si colloca, dunque, tra le industrie più rilevanti per l’economia italiana.
Sulla base di questa prima stima, è possibile effettuare dei confronti con altri Paesi, a cominciare dalla Spagna, nostro più diretto concorrente. In questo Paese, il turismo ha un impatto complessivo sul PIL del 10,2% se si considerano anche gli effetti indiretti, ma ridimensionato al 6,5%, dunque più vicino al valore stimato per l’Italia, se il calcolo si limita ai soli effetti diretti. Il valore aggiunto turistico in altri grandi Paesi europei è comunque inferiore a quello italiano: il 4% in Francia, il 3,8% nel Regno Unito, il 3,2% in Germania e il 5,4% in Austria.
Il maggiore contributo al VAT dell’Italia deriva dalle industrie turistiche – cioè dalle attività economiche caratteristiche del turismo – che hanno generato un valore aggiunto di 63.654 milioni di euro. La parte del leone spetta ai settori alloggio e ristorazione, che insieme contribuiscono per il 54,3%. (di cui il 45,4% è da imputare ai soli alloggi). Le stime contenute nel CST consentono inoltre di valutare l’incidenza delle seconde case – pari al 22,7% – ambito fino a questo momento poco esplorato. Le quote restanti del valore aggiunto sono ripartite soprattutto tra le attività di trasporto e noleggio (10,8%), il commercio al dettaglio (7,7% per shopping e carburante) e le altre industrie non specifiche del turismo (23,2%).
Il valore aggiunto turistico è il risultato della sintesi dell’offerta e della domanda turistica. Quest’ultima è rappresentata dai consumi generati dal turismo interno. Il valore di questi consumi, in termini monetari, è pari a 114.016 milioni di euro, che includono sia le spese effettuate dai visitatori residenti e non residenti all’interno del Paese, che altre componenti, quali ad esempio la spesa sostenuta dalle aziende per viaggi d’affari o i servizi resi per l’impiego di seconde case di proprietà.
La spesa interna dei turisti è pari a 79.705 milioni di euro. Di questi, 50.366 milioni derivano dalle spese per turismo domestico, ovvero quello degli italiani all’interno del Paese, e i restanti 29.338 dalle spese generate dall’inbound, ovvero il turismo degli stranieri in Italia. La spesa che incide maggiormente è, in entrambi i casi, quella relativa ai servizi ricettivi. Questa voce ha un’incidenza inferiore sulla spesa complessiva degli italiani (il 31,6%) rispetto a quella degli stranieri (41,1%): ciò si spiega con l’ampia quota di nostri connazionali che trascorrono le vacanze nelle seconde case di proprietà.
La quota di spesa sostenuta da italiani e stranieri è pressoché identica nel caso della ristorazione (20,7% per la componente domestica e 22,5% per quella inbound) e delle spese per beni non tipicamente turistici quali gli alimentari e il carburante, (21,6% e 24%). Gli italiani spendono invece di più per i servizi di intermediazione erogati dalle agenzie di viaggio (5,6% contro 0,6%) e per i trasporti (il 16% contro il 7,1%). Da rilevare, infine, il fatto che l’11,7% della spesa domestica è sostenuta dagli escursionisti.
Sul fronte dell’offerta, il 3,2% della produzione totale dell’economia è stata impiegata per soddisfare la domanda turistica. La quota raggiunge livelli elevati nel caso di prodotti più direttamente caratteristici del turismo, come le agenzie di viaggio e i tour operator (99,7%), le strutture ricettive (98,5%), il trasporto aereo (96%) e quello ferroviario (86,4%). Rilevante anche il peso turistico dei servizi di ristorazione (22,2%) e del commercio al dettaglio di prodotti acquistati dai visitatori (16,1%).
Il CST è frutto di una Convenzione siglata nel 2010 tra il Dipartimento per lo Sviluppo e la Competitività del Turismo e l’Istat. La realizzazione del progetto è stata affidata a un gruppo di lavoro di cui fanno parte, oltre ai due soggetti firmatari della Convenzione, la Banca d’Italia, l’Università di Messina, il CISET e l’Osservatorio Nazionale del Turismo. L’Istat ricopre inoltre il ruolo di coordinatore tecnico del progetto. La costruzione del CST si basa sulle indicazioni contenute nel Quadro Metodologico Raccomandato (QMR 2008), elaborato da Eurostat, la Divisione Statistica delle Nazioni Unite, l’OCSE e l’UNWTO, al fine di fornire ai Paesi membri una guida alla raccolta ed elaborazione di dati comparabili a livello internazionale.
Lo standard previsto dal QMR prevede la compilazione di dieci tavole. Il CST attuale, che costituisce una versione prototipale, è strutturato sulle sei tavole che rappresentano il nucleo principale del progetto. Le prime quattro, infatti, presentano i consumi turistici suddivisi per le tipologie di turismo che li generano: inbound, domestico, outbound e interno, risultante dalla somma del turismo inbound e domestico. I dati sul consumo turistico interno, insieme a quelli sull’offerta turistica contenuti nella tavola 5, confluiscono nell’ultima e più importante tavola, nella quale viene determinato il valore aggiunto del turismo (VAT). Le prossime edizioni del CST dovrebbero prevedere altre quattro tavole, che si aggiungono alle sei già citate e dovrebbero riguardare l’occupazione e gli investimenti delle industrie turistiche, i consumi collettivi del turismo e indicatori non monetari.
Per approfondimenti: Il primo Conto Satellite del Turismo per l’Italia