La nuova proposta che il governo sta mettendo in piedi sulla riforma del mercato del lavoro coinvolge quasi 4 milioni di precari, che vedrebbero la possibilità di trasformare il loro rapporto di lavoro in contratto a tempo indeterminato, ma con la sospensione temporanea, per trequattro anni, delle garanzie offerte dall’ articolo 18. Stesso trattamento verrebbe riservato ai lavoratori assunti da nuove imprese italiane o estere con oltre 15 dipendenti
A CIASCUNO la sua regola. Per oltrepassare l’ articolo 18 dello Statuto dei lavoratori il governo sembra pensare a un ventaglio di interventi distinguendo diverse situazioni in base alla tipologia contrattuale, all’ anzianitàe alla nazionalità dell’ azienda, alla fattispecie, infine, che ha portato al licenziamento. Resterebbe, tuttavia, immutata la soglia dei 15 dipendenti al di sopra della quale si applica lo Statuto e, dunque, il vecchio l’ articolo 18, con il previsto reintegro nel posto di lavoro nel caso di licenziamento senza giusta causa. Il reintegro, che è poi il motivo per cui si vuole cambiare la norma considerata un’ anomalia trai paesi europei, resterebbe sempre in caso di licenziamento discriminatorio (per motivi razziali, politici, religiosi o di maternità). Nelle piccole imprese non cambierà nulla: anziché il reintegro c’ è il risarcimento economico. Attualmente – secondo stime della Cgia di Mestre – oltre il 65 per cento dei lavoratori è tutelato dall’ articolo 18, mentre solo il 3 per cento delle aziende supera l’ asticella dei 15 dipendenti e quindi fa i conti con il “rischio-reintegro”.
DA PRECARI A STABILI MA SENZA ART. 18 Il premier Mario Montie il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, hanno sempre detto che l’ obiettivo è quello di ridurre l’ area della precarietà dei lavoratori più giovani. A seconda delle stime, i lavoratori con un contratto atipico sono dai 3,5 milioni ai 4 milioni. Stabilizzare, insomma, i rapporti di lavoro per far uscire dall’ incertezza ormai un’ intera generazione. Senza ricorrere al contratto unico, il governo ipotizza di adottare una formula simile, tuttavia, alla proposta degli economisti Tito Boeri e Pietro Garibaldi (“recepita” in due disegni di legge presentati alla Camera e al Senato da esponenti del Pd). In sostanza ai lavoratori precari (oltre che alle nuove assunzioni) il cui contratto viene trasformato in un rapporto stabile a tempo indeterminato non si applicherebbe l’ articolo 18 per i primi tre o quattro anni, durante i quali evidentemente saranno licenziabili previo pagamento di un’ indennità che nel progetto Boeri-Garibaldi cresce con gli anni di lavoro. Passato questo periodo entrerebbero a far parte della platea dei totalmente garantiti. Va detto che secondo una recente indagine dell’ Istat il 71,5 per cento delle assunzioni nel quinquennio 20052010 si è realizzata con un contratto a tempo determinato. Le stesse previsioni dell’ indagine Excelsior per l’ Unioncamere e il ministero del Lavoro confermano che per il primo trimestre di quest’ anno le aziende sono orientate ad assumere non più del 24 per cento del personale con un contratto standard.
START UP E AZIENDE ESTERE Start up aziendali e nuovi investimenti industriali esteri in Italia liberi dall’ articolo 18. L’ idea è di incentivare gli investimenti stranieri nel nostro paese, crollati dall’ inizio della crisi mondiale (-53 per cento nel 2011) mentre nel resto dell’ Europa si sono mantenuti sostanzialmente stabili. Tra i motivi dei mancati investimenti in Italia, le multinazionali indicano pure il vincolo dell’ articolo 18. Che non dovrebbe applicarsi nemmeno alle nuove imprese. Nel 2011 in Italia sono nate 391 mila aziende (103 mila nel nord-ovest, 73 mila nel nord-est, 87 mila nel centro e 129 mila nel mezzogiorno). Ma qui sarà necessario precisare bene che il congelamento dell’ articolo 18 riguarderà solo le start up per impedire che le grandi imprese già esistenti diano vita a delle newco per scavallare lo Statuto. Alitalia, prima, sia la Fiat, dopo, infatti, hanno fatto ricorso a due newco (Cai e Fabbrica Italia Pomigliano) anche per cambiare il contratto di lavoro da applicare.
SENTENZE MENO DISCREZIONALI Nonostante lo scontro che da ormai un decennio scatena l’ articolo 18, negli ultimi cinque anni – secondo dati della Cgil – ci sono state 31 mila cause contro i licenziamenti considerati illegittimi e solo l’ 1 per cento dei processi si è concluso con il reintegro nel posto di lavoro. In tutti gli altri episodi le parti si sono messe d’ accordo per un risarcimento. Il governo punta a restringere l’ area della discrezionalità interpretativa del giudice. Si cercherà di limitare il diritto al reintegro ai soli casi di licenziamento discriminatorio.
Roberto Mania, La Repubblica, 12 febbraio 2012