Mi spaventa il dibattito pubblico del nostro Paese: sembra che i partiti e i loro leader non sappiano leggere cosa sta accadendo. Non servono fughe dalla responsabilità, ma atti concreti per frenare e fermare questa deriva.
Quando ho letto il documento politico anarchico recapitato al nostro giornale ho avuto un’ulteriore conferma di quel che penso e scrivo da qualche anno: sotto la cenere italiana sta covando un incendio enorme. E bisogna domarlo.
I dettagli li leggerete nella puntuale analisi di Maurizio Piccirilli nelle nostre pagine, qui mi preme sottolineare che il nostro Paese è di nuovo in prima linea e le parole del Presidente della Repubblica sono la nostra bussola. Giorgio Napolitano è un uomo che viene da lontano, ha l’esperienza e la saggezza per comprendere cosa sta accadendo e tracciare una linea per l’oggi e il domani.
I parallelismi non mi piacciono, ma non ci sono dubbi che la situazione di crisi profonda e destabilizzazione del 1992 sia un punto di riferimento per chi vuole capire e reagire. Muovevo i miei primi passi da cronista, anche allora c’era un sistema dei partiti in disfacimento per effetto della corruzione, degli scandali e della maladministration, anche allora c’era un sistema criminale che puntava a capitalizzare il caos, anche allora c’era un vuoto di potere colmato dalla magistratura, anche allora gli italiani si sentivano smarriti.
Rispetto a quei tempi però non c’era un’Europa in crisi di identità, una Grecia sull’orlo dell’uscita dall’Euro, un risorgere dei nazionalismi, una riedizione degli estremismi, una rinascita dei «fasciocomunismi» che dalla Grecia si propagheranno come un virus in tutto il Vecchio Continente.
Questo è il quadro in cui si svolge il nostro romanzo nazionale. Siamo nel contesto di una vicenda più ampia, non confinata ai destini di un singolo Stato, seppur grande e importante come la nostra Italia. C’è un filo rossonero che lega Atene e Roma, grandiosi imperi del passato, oggi riuniti nelle sigle dell’anarchismo, del debito sovrano sotto attacco, delle soluzioni tecnocratiche e delle elezioni senza sbocco. Per questo mi spaventa il dibattito pubblico del nostro Paese: sembra che i partiti e i loro leader non sappiano leggere cosa sta accadendo.
Non servono fughe dalla responsabilità, ma atti concreti per frenare e fermare questa deriva. Non vogliamo soluzioni pasticciate e elezioni anticipate. È l’ora dei governi forti sostenuti da partiti coraggiosi.
Mario Sechi, Il Tempo