FORUM del mondo del lavoro

INTERVENTO DI APERTURA del
Cardinale Angelo Bagnasco Arcivescovo di Genova, 
Presidente della Conferenza Episcopale Italiana

card bagnasco1. Ringrazio per il cortese invito a porgere un saluto a questo Convegno promosso dal FORUM del mondo del lavoro. La comune ispirazione cristiana consente di fare, in un certo senso, un discorso di famiglia che possa essere ascoltato con benevolenza e speriamo condiviso oltre questo uditorio. Il nostro animo è ancora segnato da quanto è accaduto sabato scorso a Roma, e non possiamo non esprimere la nostra totale esecrazione per la violenza organizzata da facinorosi che hanno turbato molti che intendevano manifestare in modo pacifico le loro preoccupazioni. Alle Forze dell’Ordine va la nostra rinnovata gratitudine e stima per il loro servizio, che presiede lo svolgimento sicuro e ordinato della vita del Paese.

Che dei cristiani si incontrino per ragionare insieme sulla società portando nel cuore la realtà della gente e i criteri della Dottrina sociale della Chiesa, è qualcosa di cui tutti dovrebbero semplicemente rallegrarsi. E’ un segno di vivace consapevolezza, e di responsabile partecipazione alla vita della “città”. E’ espressione di quell’intelligenza d’ amore che nasce da Cristo Gesù: Egli continua a donarci la luce della sua Parola e la forza corroborante dell’ Eucaristia, cuore del discepolato e sorgente perenne della Chiesa. L’intreccio vitale di Parola, Sacramenti e vita, è infatti ciò che sostanzia la presenza del cristiano nel mondo e il suo servizio agli uomini. In forza della fede e della sequela Christi, il discepolo rivive la situazione di Pietro sul lago di Galilea, chiamato a rispondere all’invito del Maestro ad andare verso di Lui camminando sulle acque. E’ noto lo sviluppo della vicenda: egli scende dalla barca dove si trovava al sicuro e si avventura sulle onde. Ma poi, avvolto dalla notte, dal vento impetuoso, dalla burrasca crescente, comincia ad affondare. Che cosa è successo nello spazio di pochi secondi? Che Pietro ha distratto lo sguardo dal volto di Gesù, si è attardato a guardare le forze avverse della natura, e le ha commisurate con la sua piccolezza. Allora ha avuto paura ma, più profondamente, si è indebolita la fiducia nel Signore. L’eco della vicenda di Pietro illumina la situazione di ogni cristiano: egli è chiamato ad attraversare il mare del tempo, a camminare sulle acque fidandosi di Cristo senza mai distogliere gli occhi da Lui. Qualora si vedesse affondare, sarebbe il segno della sua “distrazione” dal Volto Santo, del suo essere catturato dalle forze del mondo. E quando siamo presi dal mondo diventiamo “del ” mondo, anziché essere “nel” mondo ma non “del” mondo, e così diventiamo incapaci di servire gli uomini. Non è dunque l’immedesimarsi al mondo che permette di servirlo meglio, ma il vivere nella verità di Dio anche quando questa sembra impossibile, quando è irrisa o non è compresa come il comando di camminare sul mare. E questa verità è da annunciare con amore, senza paura di essere emarginati. E’ la sapienza della croce che ha ispirato e sostenuto, nelle diverse epoche, la presenza dei cattolici nelle istituzioni pubbliche e nel tessuto sociale del Paese; che ha contribuito in modo determinante a costruire l’anima dell’Italia prima ancora che l’Italia politica. E che dopo l’unificazione, a fronte di situazioni difficili e gravi, è stata presenza decisiva per la ricostruzione del Paese, per l’elaborazione di un nuovo ordine costituzionale, per la promozione della libertà e lo sviluppo della società italiana. E neppure è mancato e non manca il convinto apporto per l’apertura verso un’Europa unita, e per la salvaguardia della pace nel mondo. Questa storia è nota a tutti e sarebbe ingiusto dimenticarla o sminuirla.

2. Dobbiamo dunque riaffermare, innanzitutto, il punto sorgivo della presenza sociale e civile dei cattolici: il primato della vita spirituale, quel guardare fermamente al volto di Cristo che con la forza del suo Spirito sprigiona dinamismi virtuosi d’intelligenza e di dedizione. Qualora si sbiadisse questo primato, i cristiani sarebbero omologati alla cultura dominante e a interessi particolari: in una parola, sarebbero sopraffatti dalle onde dove stava per affondare l’apostolo Pietro. L’esperienza insegna da sempre che, in ogni campo, non sono l’organizzazione efficiente o il coagulo di interessi materiali o ideologici che reggono gli urti della storia e degli egoismi di singoli o di parti, ma la consonanza delle anime e dei cuori, la verità e la forza degli ideali: “Considera sommo crimine – diceva il poeta latino Giovenale – preferire la propria sopravvivenza all’onore, e perdere per la vita le ragioni del vivere”. E ciò vale non solo per il singolo individuo, ma anche per un Paese, una civiltà, una cultura. Se, in forza del relativismo gnoseologico e morale, venissero corrosi i valori che giustificano l’impegno della vita, allora verrebbero meno anche le fondamenta e le forze che sostengono la convivenza sociale, ed edificano una Nazione come comunità di vita e di destino. E’ questo patrimonio spirituale che permette l’unità culturale e sociale dei cristiani per essere, secondo la parola del Maestro, lievito e sale nella pasta. Tornando all’episodio evangelico, ci chiediamo: dove troviamo il volto di Cristo? Dove Lo possiamo, come Pietro, guardare fisso con gli occhi della fede e del cuore? La Chiesa, ricorda Sant’Ambrogio, è “misterium lunae”, cioè riflette la luce del suo Sposo e Signore. E nel grembo della Chiesa Madre risplende il Sacramento della Presenza reale di Dio nel mondo, la Santissima Eucaristia, memoriale della Pasqua del Signore, alla cui intimità Egli ci invita nel sacro convito. Sant’Agostino ci aiuta a comprendere il profondo rapporto tra il mistero eucaristico e la presenza del cristiano nel mondo: “Io sono il cibo dei forti (…) Tu non trasformerai me in te, come il cibo del corpo, ma sarai tu ad essere trasformato in me” (Confessioni VII, 10, 8). Nella santa comunione, dunque, siamo assimilati a Lui, conformati a Lui: la nostra individualità viene elevata non distrutta, si ritrova più ricca nella comunione trinitaria. Unendoci intimamente a Sé, nello stesso tempo Egli ci apre agli uomini e ce li fa riconoscere non solo come nostri simili ma come fratelli, e ci spinge ad amarli nelle diverse modalità del servizio, compresa la forma alta e nobile della politica. Alla politica, che ha la grande e difficile responsabilità di promuovere il bene comune, la Chiesa in ogni tempo ha guardato con rispetto e fiducia, riconoscendole la gravità del compito, le conquiste di volta in volta raggiunte per il bene della società, e sostenendo con la forza della preghiera coloro che hanno abbracciato questo servizio con onestà e impegno. Se per nessuno è possibile l’assenteismo sociale, per i cristiani è un peccato di omissione, infatti “da qui, dall’Eucaristia – scrive Papa Benedetto XVI – deriva dunque il senso profondo della presenza sociale della Chiesa, come testimoniano i grandi Santi sociali che sono stati sempre anime eucaristiche. Chi riconosce Gesù nell’Ostia santa, lo riconosce nel fratello che soffre, che ha fame e sete, che è forestiero, ignudo, malato, carcerato; ed è attento ad ogni persona, si impegna, in modo concreto, per tutti coloro che sono in necessità. Dal dono di amore di Cristo proviene pertanto la nostra speciale responsabilità di cristiani nella costruzione di una società solidale, giusta, fraterna” (Benedetto XVI, Omelia Corpus Domini, 23.6.2011).

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