Fornero: ammortizzatori per tutti ma pagati da aziende e lavoratori

 

Il governo punta sul modello danese entro il 2017. Gelo di sindacati e imprese Sconcerto Sconcerto in privato delle parti sociali: il quadro accademico prevale su quello operativo

 

Il ministro del Lavoro Elsa Fornero guarda al modello danese e spiega che l’ obiettivo del governo è quello di garantire ammortizzatori sociali per tutti i 12 milioni di lavoratori privati. Non da subito ma entro cinque anni. Oggi sette milioni ne sono esclusi. Un sistema a due pilastri, prima la cassa integrazione poi l’ indennità di disoccupazione con scomparsa della mobilità e di un pezzo della Cig straordinaria.

Naturalmente il problema è quello della copertura finanziaria che, secondo il ministro, andrebbe trovata in un sistema misto di tipo assicurativo-contributivo perché le risorse pubbliche sono a zero. La conseguenza, anche se Fornero non l’ ha specificata, è che tutte le imprese, pure quelle al di sotto dei 50 dipendenti, dovranno mettere mano al portafoglio. Lavoratori compresi.

La proposta, che era nell’ aria da giorni, è stata accolta con malcelata freddezza da parte dei sindacati e del mondo imprenditoriale, contrari a un aumento dei costi del lavoro. In privato non hanno nascosto lo «sconcerto» su un progetto troppo ambizioso, alimentato dalla consapevolezza che al quinto incontro «prevale ancora il quadro accademico su quello operativo». Per definire le «cifre degli scompensi» richieste dalle parti sociali, infatti, ci vorrà ancora tempo.

I tavoli degli incontri saranno così modificati: giovedì prossimo anziché cominciare la discussione sull’ articolo 18 il governo formalizzerà una proposta strutturata sui nuovi ammortizzatori sociali che diventano così la cornice dentro la quale progettare le nuove regole del mercato del lavoro. Poi ci sarà l’ incontro dedicato alla flessibilità in entrata, mentre sui licenziamenti con tutta probabilità si andrà a dopo il 9 marzo, anche per evitare di gettare benzina sullo sciopero proclamato dalla Fiom.

Ora il negoziato è di fatto bloccato. «Finché il governo non ci dice quante risorse ci sono per gli ammortizzatori sociali è impossibile dire se la riforma va nella giusta direzione», ha commentato la leader della Cgil, Susanna Camusso, perché «a risorse invariate siamo di fronte a una riduzione delle tutele e così non va bene». «Vogliamo capire – ha aggiunto il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni – se lo Stato non ci mette nulla, come si allarga la contribuzione». Il nuovo round, il quinto, è durato oltre due ore. Durante le quali Camusso e la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia (che aveva accusato il sindacato di proteggere ladri e fannulloni) hanno fatto pace stringendosi la mano. Intanto, in un’ intervista al Wall Street Journal , il presidente della Banca centrale europea (Bce) Mario Draghi ha ribadito che le priorità contro la recessione sono le «liberalizzazioni e la riforma del mercato del lavoro».

Mentre sulla dinamite-articolo 18 si sono smorzate le rigidità proprio per non mettere in difficoltà il governo Monti. Il segretario del Pdl Angelino Alfano, a Otto e mezzo di Lilli Gruber, ha rivelato che per lui «l’ articolo 18 andrebbe mantenuto, avendo però la sicurezza che i giudici non obblighino il reintegro di chi fa furti nell’ albergo in cui lavora». Detto questo, per Alfano: sì al dialogo ma non «all’ infinito».

 

 

LE POSIZIONI IN CAMPO

Il governo

1 L’ articolo 18 non deve essere un tabù. Il governo vuole inserire nella riforma anche l’ articolo dello statuto dei lavoratori che, nelle aziende con più di 15 dipendenti, prevede il reintegro per chi è licenziato senza giusta causa o in modo discriminatorio

2 L’ apprendistato canale d’ ingresso al lavoro. L’ ipotesi è fare del contratto di apprendistato il canale unico d’ ingresso nel mondo del lavoro per i giovani neoassunti, rafforzando la «componente formativa» ed evitando che venga usato solo per risparmiare

3 Ammortizzatori, indennità di disoccupazione. L’ esecutivo pensa a sostituire la cassa integrazione straordinaria con un sistema a due pilastri: prima cassa integrazione, poi indennità di disoccupazione con scomparsa della mobilità. I fondi? Un mix assicurativo-contributivo

4 La flessibilità in entrata più «costosa». L’ esecutivo vorrebbe rendere meno conveniente il ricorso a contratti di lavoro flessibile e colpire false collaborazioni o partite Iva fittizie, cioè le forme di flessibilità cosiddetta «cattiva»

 

 

I sindacati

1 L’ articolo 18 è una norma di civiltà I sindacati, Cgil in testa, fanno muro, sostenendo che si tratta di una norma di civiltà. La posizione del sindacato guidato da Susanna Camusso potrebbe avere ricadute anche sull’ appoggio del Pd alla riforma

2 Sì, con una seria lotta al precariato I sindacati non contestano il ricorso all’ apprendistato (che, tra l’ altro, prevede benefici contributivi), ma chiedono che si disincentivi una flessibilità «in entrata» che non assicura prospettive di occupazione stabile

3 La difesa della cassa integrazione A più riprese nei giorni scorsi Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto che la cassa integrazione straordinaria non venga toccata. E ieri i sindacati si sono detti contrari all’ idea di ammortizzatori pagati da lavoratori e aziende

4 Il fronte sindacale d’ accordo L’ idea di rendere più costoso per il datore di lavoro il ricorso a forme di flessibilità anche «buona» piace ai sindacati. Che sono pronti a sottoscrivere anche la lotta senza quartiere alle forme «cattive» individuate dal governo

 

I datori di lavoro

1 Rivederlo: indennizzi al posto dei reintegri La Confindustria, fatti salvi i licenziamenti discriminatori, vorrebbe sostituire al reintegro del lavoratore il pagamento di un indennizzo, e sostiene che l’ articolo 18 frena le nuove assunzioni da parte delle imprese

2 Sì, con gli incentivi per chi assume Le imprese appoggiano il progetto, anche perché sono previsti benefici. Per esempio, la possibilità di vedersi riconosciuti degli incentivi nel caso di una definitiva stabilizzazione del dipendente dopo il periodo di formazione

3 I dubbi sui finanziamenti Anche alle organizzazioni dei datori di lavoro non piace l’ idea di essere messi nelle condizioni di dover finanziare gli ammortizzatori sociali, senza contributi provenienti dalle casse dello Stato

4 Le perplessità delle aziende L’ idea di costi aggiuntivi all’ atto dell’ assunzione è stata respinta dai datori di lavoro. C’ è un consenso di massima sulla lotta alle forme più deteriori di flessibilità in entrata, con qualche dubbio sul sistema di incentivi e disincentivi

 

Roberto Bagnoli, Corriere della Sera, 24 febbraio 2012

 

 

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