Formigoni ” Un nuovo soggetto sul modello del PPE”

Tratto da Avvenire del 20 ottobre 2011

di Francesco Riccardi

«È sbagliato leggere il documento degli esponenti del Pdl come la liquidazione dell’esperienza di Berlusconi. Piuttosto mi sembra una grande assunzione di responsabilità e un appello, non solo ai credenti, ma a tutti coloro che si riconoscono nei valori del Partito popolare europeo, a lavorare insieme».

Roberto Formigoni, esponente di punta del Popolo della Libertà, legge così la lettera firmata da 11 esponenti del suo partito (vedi box) pubblicata ieri da Avvenire. Nel contempo, però, il presidente della Regione Lombardia avverte che il processo di rinnovamento è urgente e che «se necessario, tutti devono essere disposti a rimettere in discussione le vecchie “case” politiche».

Che cosa si vuole costruire di nuovo?

 

Nella lettera si esplicita anzitutto un’assunzione di responsabilità. Alcuni dei cattolici che militano nel Pdl – in perfetta sintonia con il richiamo del cardinale Bagnasco a Todi – dicono: noi ci siamo, vogliamo fare la nostra parte per costruire il bene comune. Questa è una responsabilità dei laici cattolici, non della Chiesa. Dobbiamo perciò riunire tutti coloro che si riconoscono nei valori fondanti del Ppe – la centralità della persona umana, la libertà di impresa, la sussidiarietà – e superare le divisioni che pure ci sono e non sono ascrivibili a una sola parte. Dobbiamo tutti essere capaci di riconoscere gli errori del recente passato, di superarli, perché l’urgenza storica va in direzione di un nuovo soggetto.

Ma ci si arriva ristrutturando la vecchia “casa” o costruendone una del tutto nuova?

Per raggiungere l’obiettivo che ritengo primario della riunificazione delle diverse anime che si riconoscono nel popolarismo europeo occorre una grande generosità. E quindi se fosse necessario rimettere in discussione le “case” attuali dovremmo essere tutti disposti a farlo. Tutti. Altrimenti, almeno restauriamo quel che abbiamo. Ma ripeto: serve generosità, miriamo alto, perché l’opera che dobbiamo fare è importante e urgente e un di più di generosità potrebbe essere premiato.

Questa fase costituente e il destino del governo sono due processi indipendenti o legati?

Se fosse necessario introdurre certe distinzioni, facciamolo. Di per sé, però, non dovrebbe esserlo: siamo al termine della legislatura, mancano 15-16 mesi. E allora cominciare a pensare a nuove alleanze, a un’altra conformazione del centrodestra mentre prosegue l’azione di governo, distinguendo i piani delle diverse responsabilità, non dovrebbe essere un ostacolo insormontabile. Se ci teniamo veramente a costruire qualcosa di nuovo.

Quali stimoli ha colto dall’incontro di Todi?

È assai positivo che le principali associazioni cattoliche si siano incontrate per dibattere, per portare un contributo all’esame del Paese, non arrogandosi la responsabilità esclusiva dei cattolici, ma segnalando una disponibilità. Il momento più forte è stata certamente la comunicazione del cardinale Bagnasco, sulla quale poi si è sviluppata una riflessione che, senza sorprese, ha confermato il pluralismo di pensiero presente nel mondo cattolico. Assieme però a un volersi tener d’occhio, a uno stare collegati sui cosiddetti valori non negoziabili. Ciò che, alla fine, ci qualifica veramente come cattolici, al di là delle diverse preferenze politiche.

Restano dunque possibilità di sbocchi diversi, non un’indicazione unica per il futuro…

Sì. Bisogna lavorare, però, per una nuova unità, perché quei valori indicati come fondanti non sono etichette che si possono appiccicare ovunque. Sono stringenti e limitano, di per sé, il campo delle scelte politiche fattibili a quelle che sono coerenti con la dottrina sociale cristiana. Ho apprezzato che le associazioni non siano cadute nella tentazione di utilizzare il tema del soggetto unico dei cattolici come una clava contro il governo Berlusconi.

Lei già nelle scorse settimane aveva sottolineato l’esigenza di fare le primarie, di rinnovare il partito, è ancora valido?

Sempre di più. Veniamo da una fase in cui tutto è stato calato dall’alto: vertici del partito e perfino i parlamentari. Ora, io credo nel bipolarismo e nella necessità di garantire la governabilità attraverso un premio di maggioranza. Ma il voto di preferenza è un diritto forte del cittadino, che deve poter scegliere il deputato, il senatore e, se iscritto, anche i vertici del suo partito. Il Pdl ha iniziato a farlo. Dobbiamo favorire al massimo la partecipazione popolare e favorire la nascita di una nuova classe dirigente selezionata dal basso.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *