Fondazione Ismu: XVII rapporto sulle migrazioni 2011

I dati principali del XVII Rapporto nazionale sulle migrazioni 2011, elaborato dalla Fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità) e presentato il 12 dicembre 2011.

In base alle valutazioni al 1° gennaio 2011, Ismu (Iniziative e Studi sulla Multietnicità) segnala una forte caduta del livello di crescita della presenza straniera in Italia con una riduzione che raggiunge l’86% rispetto a quanto registrato lo scorso anno. Nel complesso infatti vi sarebbero solo circa 70mila presenze in più rispetto al 1° gennaio 2010. Si tratta di una forte battuta di arresto della crescita, se si pensa che solo l’anno scorso al 1 gennaio 2010, quando già si notavano le prime avvisaglie di rallentamento, si contavano comunque ancora 500mila immigrati in più rispetto al 1° gennaio 2009 . La contrazione di nuovi ingressi, dovuta all’incalzare della crisi economica che si è abbattuta sull’Italia e sull’Europa, ha quindi tolto vivacità al fenomeno: al primo gennaio 2011 la popolazione straniera presente in Italia è stimata da Ismu in circa 5,4 milioni di unità (regolari e non), di cui il 95% proviene dai Paesi a forte pressione migratoria (Pfpm). La nazionalità più numerosa è quella rumena con 1 milione e 111mila presenti, seguita dalla marocchina e dall’albanese (con 575mila e 568mila). Parallelamente si assiste, nello stesso periodo di tempo, a un maggiore radicamento della popolazione straniera presente sul territorio: gli iscritti in anagrafe infatti passano da 4 milioni e 235mila a 4 milioni e 570mila (+335mila). Diminuiscono gli irregolari stimati in 443mila unità, 11mila in meno rispetto ai 454 stimati al 1° gennaio 2010. Sul fronte del lavoro le performance occupazionali degli immigrati stranieri in Italia appaiono migliori di quelle degli italiani. Infatti mentre la forza lavoro immigrata è cresciuta di ben 276mila unità (+14%), quella italiana è diminuita di 160mila unità. Cresce inoltre il numero di studenti stranieri nati in Italia: nel 2010/11 rappresentano il 42,1% dei 711.064 alunni con cittadinanza non italiana, per un totale di 299.565 presenze.

1) IMMIGRATI IN ITALIA

Rallenta la crescita. Al 1° gennaio 2011 la popolazione straniera presente in Italia è stimata da Ismu in circa 5,4 milioni di unità (regolari e non), di cui il 95% proviene dai Paesi a forte pressione migratoria (Pfpm). Nel complesso vi sarebbero solo circa 70mila unità in più rispetto al 1° gennaio 2010, data in cui si contavano 5 milioni e 334mila presenze, con un aggiunta di ben mezzo milione rispetto al 1° gennaio 2009. Attraverso il confronto con l’anno precedente il bilancio 2010 mette dunque in evidenza una caduta della crescita che è pari all’86%. È la prima volta che negli ultimi otto anni si registra un aumento dei flussi così basso: nell’intervallo che va dal 2003 al 2009 abbiamo infatti assistito a un incremento medio annuo dei presenti stimato in circa 430mila unità.

Aumentano i residenti. A fronte di una contrazione di nuovi ingressi, dovuta all’azione frenante innescata dalla difficile congiuntura economica, si assiste nello stesso periodo di tempo a un maggiore radicamento della popolazione straniera presente sul territorio: i residenti infatti passano da 4 milioni e 235mila a 4 milioni e 570mila (+335mila). La crescita dei residenti è sostanzialmente dovuta all’iscrizione anagrafica di una consistente quantità di già regolari pur in presenza di un importante apporto di 73mila unità in termini di saldo naturale (nati meno morti).

Meno irregolari. Al 1° gennaio 2011 si stima che non hanno un valido titolo di soggiorno 443mila stranieri, 11mila in meno rispetto ai 454mila stimati al 1° gennaio 2010.

I rumeni i più numerosi. Al vertice della graduatoria degli stranieri in Italia al 1° gennaio 2011 provenienti dai Paesi a forte pressione migratoria, si conferma la Romania, con 1 milione e 111mila presenti (di cui 969 residenti). Seguono il Marocco con 575mila presenze (di cui 452mila residenti) e l’Albania con 568mila presenze (di cui 483mila residenti).

Più famiglie straniere. Aumenta sia il numero delle famiglie con almeno un membro straniero, sia il numero delle famiglie con solo stranieri. Queste ultime sono aumentate di tredici volte passando da 127mila unità nel 1991 a 1,6milioni nel 2009. A queste si aggiungono 500mila famiglie miste, per un totale di due milioni di famiglie con almeno uno straniero. Più della metà risiede al Nord (un terzo del totale al Nord Ovest e circa un quarto al Nord Est). In un caso su tre privilegiano le aree metropolitane. A vivere in città sono soprattutto le famiglie filippine e peruviane (nel 70-80 per cento dei casi). I cinesi si distinguono per la più bassa quota di famiglie unipersonali (25%) e il più alto numero medio di componenti 3,1. Riguardo all’incidenza delle famiglie miste, si segnala il primato delle famiglie polacche (miste in un caso su tre) e di quelle ucraine e tunisine (in entrambi i casi con il 22% di famiglie miste).

La metà delle famiglie miste ha una casa di proprietà. Nel 2009 (ultimi dati disponibili) il 15,1% di famiglie di soli stranieri ha un’abitazione di proprietà. La percentuale sale al 50% nelle famiglie miste (contro il 71,6% di quelle composte da soli italiani). Il 20% degli stranieri vive però in condizione di insufficienza di spazio abitativo, contro il 15% di famiglie miste e il 9% di quelle italiane. Le famiglie di soli stranieri evidenziano una percentuale che è il doppio (14,9%) rispetto alle famiglie miste (7,8%) e il triplo a quelle italiane (4,7%) per quanto riguarda l’incidenza dei casi di grave deprivazione abitativa, intesa come condizione di sovraffollamento unita a un atro grave problema legato alla casa.

Numerose famiglie straniere vivono in condizioni di difficoltà. In base agli ultimi dati Istat tre famiglie straniere formate da soli stranieri ogni otto vivono in stato deprivazione materiale1 (la percentuale si abbassa al 19,9 se la deprivazione è grave), contro il comunque preoccupante 24,9% delle famiglie miste e il 13,9% di quelle italiane. La graduatoria della grave deprivazione materiale vede al primo posto le famiglie marocchine (33,4%), quelle tunisine (27,6%), indiane (26,2%) e cinesi (20%). Si evidenzia anche il ruolo penalizzante dei minori: la presenza dei figli rappresenta un fattore che accentua i rischi di deprivazione materiale.

Spostamenti sul territorio. È interessante notare la vivacità degli spostamenti di residenti stranieri entro i confini italiani, anche se rispetto agli inizi del 2000 sono leggermente diminuiti: dai 64 spostamenti per ogni mille residenti nell’anno 2000 si è passati al 53 per mille nel 2009. L’incidenza è più che doppia rispetto a quella degli italiani. In media gli stranieri che cambiano residenza ogni anno sono 200mila e rappresentano il 16% del totale degli spostamenti registrati tra comuni italiani nel 2009. Più della metà dei trasferimenti interni (55%) è ascrivibile a cinque paesi: Romania (45mila casi nel 2009), Marocco (25mila), Albania (21mila), Cina (15mila) e Ucraina (11mila). I cinesi presentano la propensione alla mobilità interna più alta: 85 trasferimenti ogni mille residenti. Ad attrarre di più sono le regioni del Nord, anche se la sua forza attrattiva si è leggermente attenuata nel tempo.

Nel 2030 gli stranieri residenti raddoppieranno. In base a stime Ismu si prevede che nel 2031 i residenti stranieri saranno 8,5 milioni (oggi 4,6 milioni). In particolare si stima che i circa 4 milioni di residenti stranieri in più attesi tra vent’anni saranno costituiti per il 18% da minorenni, per l’11% da giovani tra i 18 e i 34 anni, mentre il 44% della crescita riguarderà adulti tra i 35 e i 59 anni e il 27% soggetti ultra sessantenni. L’incremento più consistente sarà dovuto alla componente ultra sessantenne (+561%, pari a poco più di un milione di unità), quello più modesto (+29%) al sottoinsieme dei giovani adulti dai 18 ai 34 anni. Nel prossimo ventennio si assisterà anche a un aumento di acquisizioni di cittadinanza italiana. Le 50-60mila concessioni annue di questi ultimi tempi si quadruplicheranno raggiungendo quota 220mila annue tra il 2026 e il 2030. L’acquisizione di nuovi cittadini potrebbe accrescersi ulteriormente sino a raggiungere 257mila unità annue tra il 2026 e il 2030 nel caso in cui si introducesse lo ius soli per i nati in Italia.

2) LAVORO

L’occupazione straniera regge alla crisi e cresce, quella italiana no. Sul fronte del mercato del lavoro da segnalare l’andamento dell’occupazione complessiva nel nostro Paese che ha visto, tra il I trimestre 2010 e il I trimestre 2011, un aumento di quasi 116mila unità (ovvero da 22.758.413 posti di lavoro a 22.874.286). Un risultato positivo ottenuto solo grazie alla componente immigrata: nell’arco di tempo considerato, infatti, la forza lavoro immigrata è cresciuta di ben 275.895 unità, passando da 1.923.875 occupati nel I trimestre del 2010 ai 2.199.770 dello stesso periodo del 2011, con un incremento del 14%, mentre la quota degli occupati italiani ha perso 160mila posti di lavoro, scendendo a 20.674.516 occupati (dai 20.834.538 del I trimestre del 2010). Tra i lavoratori immigrati, non soltanto è cresciuto il numero delle donne lavoratrici (concentrate, come si sa, nei servizi domestici e di assistenza, comparti meno legati agli andamenti ciclici dell’economia), ma anche quello degli uomini immigrati che rappresentano una categoria molto esposta ai cicli di crescita o recessione economica. Gli stranieri rappresentano ormai il 10% degli occupati totali. Alla luce del quadro europeo e internazionale, le performance occupazionali degli immigrati stranieri in Italia appaiono a dir poco sorprendenti. L’impatto della più lunga crisi economica del dopoguerra sui livelli dell’occupazione e della disoccupazione è stato, come dimostrano le cifre, di modesta entità se riferito alla sola componente straniera.

Lo stesso trend positivo, malgrado la crisi, lo si ritrova negli ultimi 6 anni: tra il I trimestre 2005 e il I trimestre 2011, mentre il numero di occupati italiani è passato da 21.350.159 agli attuali 20.674.516, l’occupazione straniera è cresciuta in maniera ininterrotta (ad eccezione di una lieve oscillazione nel I trimestre 2009), passando da poco più di un milione del I trimestre 2005 ai 2.199.770 occupati del I trimestre di quest’anno. Ammonta dunque a oltre un milione l’occupazione straniera aggiuntiva prodotta dal 2005 ad oggi, mentre la forza lavoro italiana, nello stesso lasso di tempo, ha perso oltre 700mila posti (in buona parte concentrati tra i lavoratori maschi, che hanno perso oltre mezzo milione di unità lavorative).

Il tasso di disoccupazione degli stranieri è al 12,1%. Dal primo trimestre 2010 allo stesso periodo di quest’anno si rileva un calo della disoccupazione degli italiani (maschi e femmine), che scende da quota 1.986.535 (tasso di disoccupazione del 8,7%) a 1.851.307 (tasso di disoccupazione del 8,2%), mentre si registra un incremento della disoccupazione straniera da 286.684 a 303.688. L’aumento del numero di disoccupati stranieri, pari a circa 17mila unità, risulta poco significativo se confrontato alla crescita delle forze di lavoro straniere che nel periodo considerato ha quasi sfiorato le 300mila unità. Tale crescita delle forze di lavoro straniere ha fatto abbassare il tasso di disoccupazione2 dal 13% del I trimestre 2010 al 12,1% del I trimestre 2011.

3) CRIMINALITÀ E DEVIANZA DEGLI IMMIGRATI

Il traffico dei migranti frutta più di 700 milioni di euro all’anno. Nei primi sette mesi del 2011 sono sbarcati in Italia 51.881 immigrati, un vero e proprio boom rispetto all’anno precedente in cui se ne contano in tutto 4.402 (dati Ministero dell’Interno). I trafficanti di migranti (i così detti smugglers) infatti, approfittando della diminuzione dei controlli causata dello scoppio della “Primavera araba”, hanno intensificato le loro attività illecite. Abbiamo provato a calcolare il fatturato annuo prodotto dagli smugglers mediterranei che trafficano con l’Italia. Chiaramente il tariffario dipende dalla distanza: si pagano 7-10mila euro per arrivate in Italia dalla coste dell’Africa subshariana, contro i 1-2mila euro per il solo passaggio tra Tunisia o Egitto o Libia e Italia. Chi viene dall’Afghanistan o dall’Iran può arrivare a pagare anche 15mila euro. Se proviamo a considerare un costo medio a persona che va tra i 4mila e gli 8mila euro, nei primi sette mesi del 2011 in cui sono sbarcati 51.881 migranti il fatturato dei trafficanti oscilla tra un minimo di 207 milioni e 524mila euro a un massimo di 415 milioni e 48mila euro. Tutto ciò equivale a un fatturato annuo che va dai 355 milioni e 755mila euro a 711 milioni 511mila euro. Queste stime, calcolate per difetto solo sul numero di migranti sbarcati e intercettati sulle coste italiane, potrebbero essere molto più alte se si prendono in considerazione anche le migliaia di migranti che riescono a raggiungere l’Italia sfuggendo ai controlli delle forze dell’ordine.

L’incidenza dei denunciati stranieri è in diminuzione. Nel 2010 (ultimi dati disponibili del Ministero degli Interni), i denunciati stranieri dalle forze di polizia sono 274.364 (su un totale i 867.842) e corrispondono circa a un terzo del totale dei denunciati (31,6%). Anche se dal 2009 al 2010 la totalità delle persone denunciate dalle forze dell’ordine all’autorità giudiziaria sono aumentate del 5,4% (nel 2009 in totale i denunciati erano 823.406), i dati confermano che l’incidenza dei denunciati stranieri è in diminuzione rispetto agli anni passati.

Aumentano i reati contro la persona attribuiti a stranieri. Dal 2009 al 2010 si è riscontrato un aumento in assoluto dei reati denunciati attribuiti sia a stranieri e che a italiani. Tra i reati le percentuali più alte di stranieri tra denunciati si rinvengono per i furti in abitazione (44,8% nel 2010, stessa percentuale rispetto al 2009) e per le rapine (35,2%, contro il 32,9 del 2009). Soffermandoci sui singoli reati attribuiti a stranieri invece i dati evidenziano un aumento è elevato per i delitti contro la persona che (+33,6%, da 24.206 del 2009 a 32.342 del 2010) e rapine in banca (+33,3, da 102 nel 2009 a 136 nel 2010). Dal 2009 al 2010 sono aumentati di meno i furti in esercizi commerciali (+15,5%), furti in abitazione (+12,2%), furti in generale (+11,5%) e rapine in esercizi commerciali (+11,5%). È difficile interpretare queste variazioni, sia perché da un anno all’altro possono essere non significative, sia perché possono non dipendere da un aumento della criminalità, ma dalla quantità e qualità dei controlli delle forze dell’ordine.

Cala l’incidenza degli stranieri tra i detenuti. Al 31 agosto 2011 nei penitenziari italiani gli stranieri sono il 36% dei presenti, 24.155 su 67.104. Va evidenziato che l’incidenza dal 2007, anno in cui ha raggiunto il picco del 37,5%, è in leggera diminuzione.

4) GLI ALUNNI STRANIERI

In base agli ultimi dati Miur-Ismu gli alunni con cittadinanza non italiana corrispondono al 7,9%3 del totale della popolazione studentesca. Nello specifico, nell’anno scolastico 2010/11, sono 711.064. È la scuola primaria a raccogliere la maggioranza degli iscritti (9% sul totale degli iscritti alle primarie), anche se l’aumento più significativo nell’ultimo decennio ha riguardato le scuole secondarie di secondo grado. Cresce inoltre il numero di alunni figli di immigrati nati in Italia: nel 2010/11 rappresentano il 42,1% degli alunni con cittadinanza non italiana, per un totale di 299.565 presenze.

La regione con più alunni stranieri, in valori assoluti, è la Lombardia. La Lombardia si conferma la prima regione per il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana, il 24,3% del totale degli alunni con cittadinanza non italiana, infatti, è iscritto nelle scuole lombarde (173.051 studenti). Seguono il Veneto, con l’11,9% (84.914 studenti), e l’Emilia Romagna con l’11,6% (82.634 studenti).

Gli studenti con cittadinanza non italiana si concentrano nell’istruzione tecnica e professionale. I dati inoltre mettono in rilievo che esistono notevoli differenze nelle preferenze scolastiche tra gli italiani e gli stranieri, che rendono ancora più evidente il fenomeno della canalizzazione formativa degli stranieri. Mentre infatti gli alunni con cittadinanza non italiana si concentrano negli istituti professionali (40,4%) e negli istituti tecnici (38%), seguiti a distanza dai licei (18,7%), gli italiani invece prediligono i licei (43,9%) e gli istituti tecnici (33,2%) e, in misura minore, quelli professionali (19,2%).

5) DECRETO FLUSSI 2010-2011

L’analisi dei dati forniti dal Ministero degli interni sulle domande presentate a fine gennaio 2011, in seguito al decreto flussi, offre uno spaccato delle nuova domanda di lavoratori per cui è stato richiesto l’ingresso in Italia.

Il numero di domande supera di sei volte il numero di quote. Un primo blocco di richieste ha riguardato il lavoro subordinato e le attività di collaborazione familiare e di assistenza alle persone per i diciannove paesi destinatari di quote d’ingresso privilegiate. Il numero di domande presentate (325mila) ha superato di oltre sei volte le quote previste che ammontavano a 52.080 permessi4. La mansione per la quale si è registrato il più alto afflusso di domande è quella di collaboratore/ collaboratrice familiare (62,5%), seguita da quelle da lavoro alle dipendenze delle imprese (28,9%), mentre rimane molto indietro l’occupazione di assistente domiciliare (8,6%).

Inatteso nella graduatoria Paesi di provenienza è il primo posto del Bangladesh, di cui né i dati ufficiali, né le ricerche di settore hanno mai documentato una rilevante partecipazione al mercato del lavoro domestico. Seguono Marocco, India ed Egitto. Soltanto al quinto posto Sri Lanka, al settimo Filippine, all’ottavo Ucraina e al nono Perù, nazionalità di cui è ben noto l’insediamento nel settore.

Milano batte Roma. Milano si conferma la provincia più dinamica del Paese, con il 13% del complesso delle domande di nuovi ingressi, distanziando Roma di circa 17mila unità. Colpisce il terzo posto di Brescia, che segue di poco la Capitale. Un discorso analogo vale per Bergamo, collocata al quinto posto dopo Bologna. Da notare anche il sesto posto di Napoli, che precede molte province settentrionali, tra cui Torino (soltanto decima).

Boom di cinesi nel settore domestico-assistenziale. Il secondo blocco di dati si riferisce alle autorizzazioni all’ingresso concesse ai Paesi che non facevano parte della lista dei diciannove beneficiari di un trattamento privilegiato e riferite esplicitamente al lavoro domestico-assistenziale. Le domande pervenute sono state 61.130, poco più del doppio della quota preventivata di 30mila permessi. Anche qui la mansione di collaboratore/collaboratrice familiare prevale nettamente, con l’87,5% delle richieste d’ingresso. Più della metà delle domande riguarda una sola nazionalità, quella cinese (53,3%), finora estranea al settore domestico-assistenziale. Per il resto la composizione risulta molto frammentata: la seconda nazionalità quella ecuadoriana, raccoglie appena il 5,4% delle richieste di nuovi ingressi. Nella lista delle prime dieci nazionalità compaiono Paesi finora pressoché assenti dalle statistiche sull’immigrazione in Italia: Georgia (unico caso in cui la richiesta di assistenti domiciliari supera quella di collaboratrici familiari), Costa d’Avorio, Camerun, Russia, Burkina Faso, insieme a componenti migratorie già da tempo presenti e attive nel settore (Repubblica Dominicana, Brasile, Macedonia).

Il terzo e ultimo blocco di dati riguarda le domande di conversione del permesso di soggiorno, con 6.969 istanze presentate: i valori sono risultati molto inferiori alle 11.500 posizioni disponibili: probabilmente erano sovradimensionate le stime di partenza, oppure gli interessati avevano già provveduto a sanare la loro posizione attraverso altri canali, come la legge di emersione del 2009.

6) GLI SBARCHI DAL NORD AFRICA

La Primavera araba ha sconvolto i primi mesi del 2011 modificando radicalmente sistemi statali relativamente stabili come la Tunisia, la Libia e l’Egitto. Questo ha portato a una intensificazione del traffico di migranti verso l’Italia e l’Europa, provenienti per la maggior parte dalla Tunisia e dalla Libia. In base ai dati resi noti dalla prima Commissione Permanete della Camera, gli stranieri approdati sulle nostre coste nei primi cinque mesi del 2011 infatti sono 42.807 in 507 sbarchi, contro i 4.402 arrivati in tutto il 2010 in 159 sbarchi. Come luogo di approdo prescelto dalle “carrette del mare” predomina Lampedusa, con 370 sbarchi sui 507 totali (73%), seguono le coste siciliane con 84 sbarchi, quelle calabresi a quota 25 e quelle pugliesi a quota 16. La componente maschile del 2011 è maggiore (90%) rispetto all’anno precedente (circa 72%).

7) IMMIGRAZIONE E POLITICA

I temi considerati più urgenti dall’opinione pubblica europea nel 2011 sono stati l’andamento dell’economia e l’immigrazione. Lo segnala un’indagine Eurobarometro che evidenzia anche la situazione italiana, dove l’immigrazione è percepita dal 24% degli intervistati come il principale problema da affrontare su scala nazionale (+11% di risposte in tal senso rispetto alla stessa domanda posta nel febbraio 2009).

L’attenzione dell’opinione pubblica e dei media sull’immigrazione non ha mancato di produrre una risposta politica. Da un’analisi fatta dall’Ismu sull’approvazione di provvedimenti da parte di cinque Consigli regionali di altrettante regioni italiane (Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna e Toscana) è emerso che il tema immigrazione è stato oggetto del 4,5% delle leggi regionali deliberate dal 2006 al 2011. In pratica 48 provvedimenti su un totale di 1.075 hanno toccato l’argomento (un dato inferiore a quello registrato a livello nazionale, dato che dal 2006 a quest’anno il 6,7% degli atti statali approvati ha regolato aspetti dell’immigrazione). Nel 2011 Lombardia e Emilia Romagna sono le regioni che hanno legiferato di più in termini relativi (quindi rispetto al totale delle leggi approvate) sul tema immigrazione. Veneto e Piemonte non hanno legiferato affatto. In posizione intermedia la Toscana. Circa le ultime elezioni amministrative nelle seguenti città di Torino, Milano, Bologna, Napoli, emerge un’interpretazione del fenomeno migratorio molto diversa da uno schieramento politico all’altro: le coalizioni di centrosinistra utilizzano parole chiave come integrazione e accoglienza, mentre quelle di centrodestra accentuano maggiormente parole come legalità e sicurezza.

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