L’Europa è la nostra culla culturale. Mi sono sentito europeo per la prima volta 15 anni fa quando ho trascorso un periodo di studio negli Stati Uniti. Allora, per me giovane studente era bello e familiare condividere le mie giornate con tedeschi, francesi, spagnoli e beneluxini. Avevamo lo stesso approccio alla vita, alla quotidianità e allo studio.
Noi giovani provinciali europei eravamo accomunati da un background culturale antropologico condiviso e profondamente diverso rispetto agli americani di Seattle e ai tanti asiatici, con i quali pure condividevamo piacevoli giornate di crescita vissuta.
Oggi gli etnocentrismi emergenti in Europa in maniera ipertrofica rispetto alla comunità culturale e di interessi dei popoli del vecchio continente non fanno giustizia di radici comuni che affondano in almeno duemila e cinquecento anni di storia. Non che si vogliano cancellare le diversità etnocentriche esistenti in un continente piccolo geograficamente e pur così denso di differenze.
Il percorso culturale delle grandi civiltà, quella greca e latina, gli influssi comuni del cristianesimo, il medioevo agostiniano e tomistico aristotelico, le riforme e le controriforme religiose, e infine il rinascimento con il razionalismo cartesiano, l’illuminismo, il romanticismo, la rivoluzione industriale, i nazi fascismi, le due grandi guerre del ‘900 e le dinamiche delle grandi democrazie occidentali, ci appartengono, sono dentro di noi e non possiamo disfarcene in un momento.
Negli ultimi anni, dal secondo dopoguerra in poi abbiamo abdicato al nostro ruolo di cittadini, in quanto abitanti della polis, e siamo diventati consumatori. Questo è stato il momento in cui abbiamo smarrito la bussola del nostro patrimonio culturale europeo. Il consumo è stato certamente e innegabilmente un fattore decisivo per la crescita e lo sviluppo dei nostri stati occidentali ma da un certo momento in poi, gli anni ’80 del secolo scorso, il consumo ha prevalso sulla democrazia. Il consumatore sul cittadino. La lobby sulle scelte strategiche per il bene delle comunità nazionali.
Oggi recuperare l’Europa significa riuscire a porre un argine decisivo, di cultura, di valori, di politica e democrazia all’avanzare del consumo senza regole. Solo con un Europa forte politicamente, gli Stati Uniti d’Europa, sarà possibile regolamentare quelle dinamiche di sviluppo dei tanti Brics, delle tante comunità mondiali, che oggi sono in preda all’eccitazione da sviluppo economico, senza essere passate storicamente da percorsi democratici evolutivi che consentano loro di stratificare e assorbire il benessere come elemento fondamentale per la crescita civile.
Senza l’Europa dei popoli e la sua cultura sarebbero probabili dinamiche di impoverimento degli stati europei, processi di disgregazione egoistici nel vecchio continente e dinamiche di crescita incontrollata, non mediata dalla cultura e dalla storia, che creerebbero accumulazione di risorse per pochi, ulteriore sfruttamento del pianeta e un immane problema socio economico.
Per questo Italia, Francia e Germania, le tre grandi democrazie europee, le culle di filosofia, arte e letteratura hanno il dovere, con le loro classi dirigenti, di recuperare lo spirito dei padri fondatori europei. Non è una scelta politica, è l’unica possibilità di attuare responsabilmente la propria tutorship politica e culturale sul mondo per uno sviluppo democratico e compatibile. Con le donne e gli uomini dei nostri tempi, con l’ambiente, con le generazioni future, in Europa e nel mondo.
Aldo Scaringella, Redazione fareCentro