Crescita senza bacchetta magica

Sangalli-Carlo 

 

Il Documento di Economia e Finanza, varato dal Governo e approvato dal Parlamento, ha registrato l’aggravamento del quadro recessivo del 2012, facendo però affidamento sulla “riduzione prospettica della spesa per interessi” e su un ampio ventaglio di riforme di struttura. Il Documento sottolinea, in particolare, che l’impatto delle misure di liberalizzazione e semplificazione già adottate si tradurrà, tra il 2012 e il 2020, in un effetto cumulato sulla crescita del 2,4 per cento.

Dietro questo scenario di sintesi, vi è comunque, oggi, la concretezza dell'”allarme rosso” dell’economia reale dell’Italia: chiudono le imprese e cresce la disoccupazione; cadono investimenti e consumi e gli andamenti dell’export netto non bastano a compensare gli effetti di questa caduta.

L’orizzonte del 2020 è davvero troppo lontano. E, dunque, consolidamento e sostenibilità degli obiettivi di risanamento devono marciare insieme al rafforzamento, già a breve termine, della crescita. Siamo, infatti, ad un passo dall’avvitamento nella spirale perniciosa tra applicazione necessaria del fiscal compact e peggioramento delle prospettive dell’economia reale.

Come ha osservato il presidente Mario Monti, la crescita è il “tallone d’Achille” dell’Europa. Ne deriva l’urgenza di una vigorosa integrazione tra fiscal compact ed economic compact, a partire dal decollo operativo dei project bonds. Ma la crescita è, ancora di più, il “tallone d’Achille” dell’Italia. E lo è anche rispetto alla sua credibilità nei confronti dei mercati. Per questo, soprattutto sul versante delle ragioni della crescita, bisogna che ciascuno faccia la propria parte. Certo, la crescita non si costruisce per decreto o in laboratorio. Ma tocca a chi governa assumere decisioni coraggiose e tempestive.

Spending review, anzitutto. Una rigorosa revisione della struttura quantitativa e qualitativa di circa 800 miliardi di euro di spesa pubblica l’anno serve. Serve già nel breve (e auguri, dunque, al Commissario ai tagli di spesa, Enrico Bondi) per contribuire a disinnescare, attraverso i risparmi che si potrebbero conseguire, la mina degli ulteriori e programmati aumenti delle aliquote Iva. Tra il 2011 e il 2014, gli aumenti dell’imposta rischiano, infatti, di causare una perdita cumulata di spesa per consumi di circa 38 miliardi di euro.

E spending review, ancora, perché anche da qui passa, in una più ampia prospettiva, la possibilità di procedere, in parallelo al recupero di evasione ed elusione, ad una progressiva riduzione della pressione fiscale complessiva.

La delega per la riforma del fisco ha archiviato (per il momento) l’ipotesi del fondo “taglia-tasse”, alimentato da almeno una quota parte dei risultati della lotta all’evasione ed all’elusione e dedicato alla riduzione delle aliquote legali di prelievo fiscale. Si è detto che sarebbe stata una sorta di assai poco “tecnica” promessa da marinaio. Obietto che si trattava (e ancora si tratta) di dare una chiara e programmatica indicazione di marcia. Non è, infatti, sufficiente la previsione di una attuazione della delega a parità di gettito e, dunque, senza ulteriori incrementi di pressione fiscale. Non lo è perché intanto, nel 2012, la pressione fiscale ufficiale si attesterà oltre il 45% e quella reale – a carico di chi le tasse le paga – si collocherà intorno al 55 percento.

Sono livelli record, che zavorrano drasticamente la possibilità di contrastare la recessione e di tornare ad imboccare un percorso di crescita. E purtroppo, a leggere il DEF, sono livelli da record che si manterranno fino al 2015.

Si tratti di abbattere più rapidamente il debito pubblico e/o di reperire risorse a sostegno della crescita (per esempio, allentando le maglie troppo strette del patto di stabilità interno ed onorando tempestivamente i crediti vantati dalle imprese nei confronti delle pubbliche amministrazioni).

C’è, poi, un altro tema cruciale che richiede incisive decisioni: rilancio delle privatizzazioni e smobilizzo del patrimonio immobiliare pubblico. È vero: le attuali condizioni dei mercati non sono le più favorevoli per simili operazioni, bisogna pur tenere conto di interessi strategici e vi sono stime assai oscillanti sul valore di ciò che sarebbe effettivamente e rapidamente alienabile. Ma, sull’altro piatto della bilancia, sta la prospettiva di un progressivo impoverimento di lungo termine del Paese.

Nella nota premessa al Programma Nazionale di Riforma, il presidente Monti osserva che «c’è, ancora, una breve, straordinaria, finestra di opportunità che il Paese non può lasciar cadere». È una giusta constatazione. È una ragione in più per scelte coraggiose a sostegno della crescita. Bastano queste scelte: la “bacchetta magica” non c’è e neppure serve.

 

Carlo Sangalli, Presidente nazionale di Confcommercio, Il Sole 24 Ore

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