Pertanto, un approccio organico alla tutela del minore nel suo rapporto con i mass media, anche per quanto riguarda l’uso del cellulare e dei videogiochi, implica, ancora una volta, che non solo i bambini, ma anche i loro genitori, insegnanti e formatori, imparino a conoscere e ad utilizzare al meglio le tecnologie di comunicazione nelle loro forme evolutive, considerando che una buona conoscenza degli eventuali rischi ad esse connesse rappresenta sempre il miglior antidoto contro paure immotivate da parte dei genitori ed usi impropri o eccessivi da parte dei figli.
E’ pertanto necessario che si apprestino nuove forme di tutela giuridica commisurate alle tipologie di videogiochi e alla difficoltà di negarne o limitarne l’accesso ai minori in presenza di una sostanziale inesperienza o scarsa competenza dei genitori sulla materia.
Per quanto riguarda il campo dei videogiochi, in particolare, le cosiddette piattaforme «di ultima generazione» (che offrono non più soltanto giochi ma intrattenimento multimediale) hanno sviluppato un’offerta di contenuti per giocatori di ampie fasce di età che rende necessario apprestare idonee forme di tutela, affinché gli utenti minorenni non entrino in contatto con messaggi potenzialmente nocivi per un loro equilibrato ed armonico sviluppo. Per tali motivi, l’Unione europea già dal 2003 ha adottato un sistema di classificazione dei videogiochi, denominato Pan European Game Information (PEGI), che utilizza cinque categorie di classificazione in base all’età, tenendo conto dei seguenti aspetti: linguaggio scurrile, discriminazione, droghe, paura, gioco d’azzardo, sesso, violenza.
Anche in questo campo esistono videogiochi che incitano alla violenza e all’aggressività, oppure alla mistificazione del proprio corpo, inducendo ad una scarsa autostima della propria identità corporea, che per i preadolescenti e gli adolescenti è tanto più dannosa in quanto si unisce ad un vero e proprio bombardamento di immagini e modelli (soprattutto femminili) fortemente sessualizzati. Valgono anche per queste problematiche osservazioni analoghe a quelle svolte per i contenuti dei programmi televisivi e di Internet: si sottolinea pertanto ancora una volta la necessità di adottare una strategia educativa concertata fra più soggetti e condivisa con il ragazzo, sulla base di regole semplici di utilizzo e di una particolare attenzione alla comunicazione fra genitori e figli.
Esiste un ampio dibattito sul rapporto fra l’esposizione a contenuti violenti di un videogioco e l’aumento di comportamenti aggressivi nella vita reale dei giovani: l’aggressività infantile e adolescenziale, che non può essere negata né eliminata, ha effettivamente bisogno di trovare forme di espressione socialmente accettabili, che tuttavia dovrebbero trovare rispondenza in attività adatte ai minori, cosa che non sempre si può dire per molti videogiochi in commercio. Senza considerare che anche in questo caso, come nel caso di Internet, l’utilizzo eccessivo del videogioco, oltre a indurre fenomeni di isolamento o di alienazione dalla vita reale, può distogliere il ragazzo da attività certamente più utili alla sua formazione. I giochi on line presentano inoltre il rischio aggiuntivo di mettere in contatto i minori con presenze estranee in rete o di esporli a seri pericoli di dipendenza (ad esempio dal gioco d’azzardo).
Recenti indagini hanno evidenziato che un uso massiccio e continuo dei cellulari da parte dei minori induce disturbi nella loro vita relazionale, distrae l’attenzione a scuola e riduce il livello di concentrazione nelle applicazioni scolastiche più complesse. Inoltre, poiché i minori che utilizzano il telefonino sono anche esposti alle pratiche scorrette degli operatori che pubblicizzano gli abbonamenti a loghi e suonerie, nonché a bombardamenti di pubblicità indebite e/o dannose, gli operatori di telefonia mobile sono ora tenuti ad adottare sistemi di protezione con dei codici a controllo parentale, analoghi a quelli previsti per la televisione ad accesso condizionato.
4. Conclusioni e interventi per una migliore tutela dei bambini e dei ragazzi.
Il punto di partenza per le conclusioni cui è pervenuta la Commissione al termine dell’indagine conoscitiva sulla tutela dei minori nei mezzi di comunicazione è che la condizione di solitudine dei giovani appare spesso aggravata – non confortata – dall’uso delle nuove tecnologie di comunicazione, le quali consentono solo di sviluppare relazioni molto mediate: per questo motivo la Commissione sottolinea preliminarmente l’obiettivo che i media diventino strumento di effettiva crescita culturale e relazionale e non di riduzione delle capacità comunicative dei minori.
Sulla base di questa considerazione generale, la Commissione ha elaborato i seguenti spunti di riflessione.
4.1. Un rinnovato ruolo pubblico nel settore dei media.
La prima conclusione che la Commissione ha potuto trarre dall’ampia messe di audizioni e materiali raccolti nel corso dell’indagine è che non è più procrastinabile un approfondito intervento legislativo, volto a disciplinare in maniera completa la produzione e la diffusione mass-mediatica con riferimento alla tutela degli interessi dei minori. Tale intervento deve avere le seguenti finalità:
a. evitare che i media rechino danno in alcun modo allo sviluppo psicofisico dei bambini e degli adolescenti;
b. far sì che essi diventino strumento di crescita culturale e relazionale del minore;
c. impedire che l’azione dei media si sostituisca al ruolo educativo nei confronti dei minori, ruolo che in una società ordinata deve essere svolto dai corpi intermedi (famiglia, scuola, lavoro, istanze della società civile in genere).
Poiché i risultati del lavoro svolto dalla Commissione hanno evidenziato che il sistema dei codici di autoregolamentazione si è rivelato da solo inefficace, la Commissione chiede con forza che lo Stato riprenda il proprio ruolo tradizionale, tornando a esercitare, anche nel campo della comunicazione, la propria triplice funzione:
a. legislativa, chiarendo ciò che è legale e ciò che non lo è;
b. esecutiva, facendo applicare le leggi esistenti, esercitando un efficace controllo sui contenuti massmediatici e sulle agenzie educative, combattendo permissivismo e illegalità;
c. giudiziaria, condannando e punendo severamente i trasgressori della legge.
Nell’esercizio di questa funzione tuttavia la Commissione aggiunge che l’intervento pubblico deve in ogni caso presupporre il coinvolgimento e la corresponsabilizzazione degli operatori attraverso gli strumenti dei codici di autoregolamentazione e coregolamentazione.
La Commissione ha poi rilevato che il problema di correggere o impedire la trasmissione di contenuti nocivi per i minori nei media non riguarda l’opportunità della sanzione, ma piuttosto la tipologia della stessa e le modalità della sua irrogazione. E’ perciò indispensabile:
a. inasprire le sanzioni attualmente previste a carico dei fornitori di servizi media audiovisivi che violano i divieti di pubblicità per minori o le regole che disciplinano la cosiddetta fascia protetta per i minori nella programmazione televisiva;
b. prevedere espressamente in questi casi la sanzione dell’oscuramento o – in alternativa – una sanzione pecuniaria molto elevata che produca un sicuro effetto deterrente;
c. dare adeguata pubblicità all’applicazione della sanzione nei confronti dei fornitori di servizi di media audiovisivi, in modo che sia chiamata a darne notizia nella fascia oraria di massimo ascolto;
d. far sì che il telespettatore possa denunciare eventuali violazioni dei codici di autoregolamentazione ad un numero dedicato presso il Comitato media e minori.
4.2. Una tutela organica dei minori.
E’ quanto mai necessaria e urgente una riforma del sistema delle comunicazioni di massa che renda efficace e tempestivo il rispetto delle leggi in materia, innanzitutto concentrando in unico organo le funzioni di controllo finalizzate ad una effettiva tutela dell’integrità dei minori, in grado di fronteggiare il mondo delle nuove tecnologie con i suoi rischi e le sue opportunità.
Poiché è stato di recente istituito il Garante nazionale per l’Infanzia, con legge 12 luglio 2011, n 112, la Commissione ritiene indispensabile accentrare in questo organo le funzioni e i poteri in materia di tutela dei minori nei media, attualmente frammentate fra molti organismi (Ministero dello sviluppo economico, Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Autorità garante nelle comunicazioni, Ministero della Giustizia, Ministero dell’Interno, Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri). Resta naturalmente esclusa da questa considerazione la funzione di repressione e prevenzione dei reati contro i minori, che deve rimanere in capo agli organi attualmente competenti.
La Commissione intende poi promuovere una concezione ampia e onnicomprensiva della tutela giuridica dei minori, attraverso una efficace razionalizzazione delle norme attualmente previste a tutela dei minori nei mezzi di comunicazione, che consenta di configurare un vero e proprio codice di tutela dei minori.
Tale codice, oltre ad includere tutta la normativa esistente in materia di tutela dei minori nei mezzi di comunicazione, dovrebbe anche introdurre:
a. norme che regolamentino la partecipazione dei minori ai programmi radiotelevisivi, particolarmente quelli contenenti cronaca giudiziaria e giornalistica, o riguardanti procedimenti giudiziari in corso;
b. disposizioni che proteggano tassativamente il diritto alla riservatezza dei minori, per evitare che siano coinvolti strumentalmente in forme di pubblicità indiretta (spesso create a proprio vantaggio dagli stessi genitori), fermo restando che resta responsabilità della famiglia la tutela complessiva del bambino e del suo interesse primario.
4.3. Spunti critici di intervento.
La Commissione ha constatato con rammarico che in aperto contrasto con le direttive europee si sta realizzando in Italia un allarmante progressivo smantellamento del sistema della protezione dei minori nelle trasmissioni televisive. Su questo punto in particolare la Commissione ha rilevato i seguenti tre punti di criticità.
a. Alcune norme introdotte dal Decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44, consentono la trasmissione televisiva di programmi gravemente nocivi per i minori (pornografia e violenza gratuita, insistita o efferata; film ai quali sia stato negato il nulla osta per la proiezione o la rappresentazione in pubblico o che siano stati vietati ai minori di anni diciotto, nonché programmi classificabili a visione per soli adulti). Tali programmi possono essere trasmessi solo in orario notturno (23.00 – 7.00), ad accesso condizionato (a pagamento) con l’adozione di un sistema di controllo specifico e selettivo che vincoli all’introduzione di un sistema di protezione tutti i contenuti (Testo Unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici , Decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, come modificato dal Decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44, Artt. 34, commi 1,3,5). La Commissione sottolinea che queste disposizioni della legge italiana contrastano con il divieto assoluto per questi programmi previsto dalla Direttiva europea sui Servizi di Media Audiovisivi (Direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 marzo 2010). La Direttiva infatti a tutela dei minori nelle trasmissioni televisive stabilisce che: «Gli stati membri adottano le misure atte a garantire che le trasmissioni televisive delle e mittenti soggette alla loro giurisdizione non contengano alcun programma che possa nuocere gravemente allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori, in particolare programmi che contengano scene pornografiche o di violenza gratuita» (art. 27, comma 1). Se con il Decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44, la legge italiana ha derogato al divieto assoluto alla trasmissione di programmi gravemente nocivi imposto dalla Direttiva europea, preoccupa anche l’applicazione dello stesso decreto da parte dell’ Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che ha ulteriormente allargato l’accesso televisivo alle trasmissioni gravemente nocive per i minori, disattendendo i requisiti richiesti dalla stessa norma.
Pertanto, la Commissione, prendendo atto che la tutela dei minori nella trasmissione televisiva di programmi gravemente nocivi è disattesa dalla deroga introdotta dal Decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44, alla Direttiva europea, richiama il Governo ad attuare integralmente quanto disposto dalla citata Direttiva europea.
b. Una recente delibera dell’Autorità garante per le comunicazioni legittima la trasmissione di film vietati ai minori di 14 anni in orario di televisione per tutti (7.00 – 22.30), non consentita dallo stesso Decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44 (di modifica al Testo Unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, Decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, con il quale invece si stabilisce: «I film vietati ai minori di anni quattordici non possono essere trasmessi, sia in chiaro che a pagamento, né forniti a richiesta, sia integralmente che parzialmente, prima delle ore 22.30 e dopo le ore 7.00» – Art. 34, comma 4). Con una forzata interpretazione della norma citata, Agcom ha parificato indiscriminatamente i film vietati ai minori di 14 anni a quelli semplicemente nocivi, consentendone la trasmissione nelle fasce orarie di trasmissione per tutti purché con l’utilizzo del parental control (Comunicazione del 22/07/2011).
Di fronte a ciò la Commissione come organo parlamentare riconferma il dettato normativo di cui all’art. 34, comma 4, del Testo unico Servizi media audiovisivi, richiamando l’Autorità garante per le comunicazioni ad una corretta applicazione della norma citata.
c. Il processo di indebolimento della tutela dei minori nei media interessa anche i programmi televisivi non specificamente destinati ai minori del Servizio pubblico radiotelevisivo, che deve pertanto essere richiamato all’esercizio della sua funzione di pubblico interesse. Sullo specifico versante della pubblicità televisiva, lo stesso Servizio pubblico radiotelevisivo dovrebbe adottare una linea di maggiore contenimento degli spot nei programmi destinati ai minori (adottando ad esempio una proposta avanzata in passato dal Sindacato dei giornalisti RAI che prevedeva di eliminare integralmente gli spot pubblicitari da questa fascia di programmi).
La Commissione ritiene in particolare che sia necessario intervenire in sede di rinnovo del Contratto di servizio pubblico radiotelevisivo perché siano opportunamente regolamentate le trasmissioni di cronaca nera e giudiziaria e i programmi di genere reality in modo da non recare danno allo sviluppo psicofisico e al benessere dei minori.
4.4. Cinema telefonia e videogiochi.
Per quanto concerne il cinema, la Commissione sottolinea l’opportunità che il Governo promuova una normativa ad hoc sulla tutela dei minori, nell’ambito della quale occorrerebbe mantenere ed anzi rafforzare la censura statale preventiva sulla distribuzione cinematografica.
Nel campo della telefonia mobile, la Commissione rileva le seguenti necessità:
a. occorre tutelare i minori dall’accesso a messaggi telefonici nocivi anche tramite più efficaci sanzioni pecuniarie;
b. è necessario inserire nella normativa di tutela dei minori l’obbligo per i gestori di telefonia mobile di eliminare dal menù di accesso del telefono cellulare i servizi a contenuto sensibile, o in alternativa di criptarli;
c. occorre obbligare per legge i gestori di telefonia mobile ad indicare nei contratti rivolti ai consumatori quali fra i servizi offerti sono adatti solo ad un’utenza adulta.
Quanto al settore dei videogiochi, la Commissione ritiene che esso necessiti di una disciplina giuridica completa e coerente, che valuti e classifichi i prodotti secondo chiari livelli di tutela dei minori e individui un organo cui deferire le funzioni di controllo in materia, nonché gli opportuni poteri di sanzione e dissuasione, affinché questa classificazione venga rispettata da produttori e diffusori.
4.5. Reati contro i minori.
Sul versante della lotta alla pedopornografia e agli abusi sui minori via Internet, la Commissione ha anzitutto apprezzato l’operato della Polizia postale, rilevando la modernità e l’efficacia dell’attuale normativa italiana di contrasto a questo grave crimine. Stigmatizzando l’assenza di una analoga regolamentazione in altri ordinamenti stranieri, la Commissione auspica una opportuna azione del nostro Governo in sede europea, affinché l’Unione europea affronti al più presto questo problema.
E’ perciò necessario promuovere, attraverso le idonee sedi internazionali ed europee (ONU, UE, Consiglio d’Europa) l’introduzione, anche in ordinamenti stranieri, dei reati di grooming (come avverrà nella nostra legislazione una volta ultimato l’iter di ratifica della Convenzione di Lanzarote), di turismo sessuale e di pedofilia culturale, cui appare strettamente legato il consumo di pedopornografia
In particolare, le azioni da intraprendere a livello europeo e internazionale nella lotta alla pedopornografia sono le seguenti: :
a. investire risorse umane e tecnologiche dirette a identificare prioritariamente i minori sfruttati per la produzione di materiale pedopornografico;
b. favorire la creazione di una banca dati internazionale – o di una forma di archivio condiviso – contenente i volti dei bambini abusati che compaiono quotidianamente su Internet;
c. creare a tal fine appositi coordinamenti interforze fra polizie del maggior numero possibile di Paesi;
d. sostenere in sede di Unione europea tutte le iniziative e le azioni comunitarie volte a promuovere la sicurezza dei minori in rete e nei nuovi mezzi di comunicazione, sul modello del piano «Safer Internet Plus Programme».
4.6. L’educazione all’uso dei media.
Dal riconoscimento dell’esistenza di una reale emergenza educativa, dovuta all’influenza sempre più crescente dei mass media sui minori, la Commissione sottolinea la necessità di una vera e propria educazione all’uso dei mezzi di comunicazione, per preparare i giovani a fruire di questi straordinari strumenti con senso di responsabilità e ad “educarsi” con essi. Questo ruolo di educazione ai media compete alla società nel suo complesso e a tutte le sue articolazioni: alle famiglie, alle associazioni, alle comunità, alle forze culturali, politiche, economiche e sociali; alla stampa, ai centri universitari e di ricerca. Ma soprattutto questo compito compete alle istituzioni ed in particolare alla scuola.
E’ opportuno perciò intervenire sulla normativa vigente, introducendo nei programmi delle scuole di ogni ordine e grado dei corsi di educazione ai media, da configurare come un’attività educativa e didattica volta a sviluppare nei giovani una informazione e una comprensione critica della natura e delle categorie dei media, delle tecniche impiegate per costruire messaggi e produrre senso, dei generi e dei linguaggi specifici.
La stessa attività di media education dovrebbe altresì insegnare ai minori a “leggere” anche gli spot pubblicitari e il product placement, cioè la pubblicità “nascosta” nei programmi. Al raggiungimento di questo obiettivo, a giudizio della Commissione, deve partecipare a pieno titolo anche il servizio pubblico radiotelevisivo, organizzando e promuovendo progetti d’azione itineranti per le scuole, per insegnare a bambini e ragazzi a “smontare e “rimontare” programmi televisivi e contenuti Internet.
All’attività descritta è poi necessario affiancare una specifica attività di formazione e aggiornamento rivolta ai docenti e ai genitori, sui rischi che possono derivare ai minori in questo campo, sugli strumenti atti a preservarli e sulle risorse che i media possono offrire, per consentire al l’Italia di recuperare il gravissimo ritardo accumulato in questo campo rispetto a molti Paesi europei.