3.2.1. La pedofilia on line: l’identità negata del minore e il crimine senza frontiere.
Nello svolgimento dell’indagine la Commissione ha dedicato un’ampia e approfondita attenzione al problema della pedopornografia on line, procedendo a due audizioni di rappresentanti delle forze dell’ordine impegnate nella lotta a questo fenomeno e svolgendo un’apposita missione di studio presso la sede della Polizia postale.
La pedopornografia on line è un fenomeno criminale contraddistinto da una marcata connotazione internazionale, che deriva dalla natura stessa del suo vettore: Internet. Proprio la caratterizzazione aterritoriale di Internet, dovuta all’assenza di confini geografici e alla presenza di una pluralità eterogenea di operatori, disseminati nelle varie parti del mondo, rende molto difficile il tentativo di regolamentare a livello nazionale fenomeni quali l’adescamento a fini sessuali, le immissioni incontrollate di contenuti pornografici o di contenuti che istigano alla violenza (compreso il bombardamento di pericolose finestre pubblicitarie non richieste e la trasmissione di altri contenuti impropri, ecc.): tutti fenomeni che si verificano quotidianamente in rete e che possono riguardare anche gli utenti più esperti, ossia coloro che in teoria dovrebbero sapere come tutelarsi da questo genere di messaggi e che purtuttavia ne vengono spesso in contatto.
In nessun altro ambito come nella guerra alla pedofilia on line, infatti, appare nella sua enormità l’insufficienza della norma nazionale come strumento di contrasto ad un fenomeno assolutamente sopranazionale, che si alimenta proprio della dimensione di assenza di confini spaziali attraverso l’uso della rete, cui corrisponde una evidente inadeguatezza della norma nazionale a valicare i confini (incredibilmente ristretti) del territorio nazionale. In questo senso la Commissione infanzia e adolescenza ha constatato l’assoluta necessità di incentivare tutti gli strumenti della cooperazione internazionale fra gli Stati, volti a rendere più incisiva ed efficace la politica di governance della Rete.
A proposito del rafforzamento della sicurezza e delle libertà fondamentali su Internet, occorre segnalare la Raccomandazione del 26 marzo 2009 del Parlamento europeo al Consiglio, che esorta gli Stati membri dell’Unione europea «ad aggiornare la legislazione a tutela dei minori che utilizzano Internet, in particolare introducendo il reato di grooming; a promuovere programmi volti a proteggere i bambini e ad educare i genitori in relazione ai nuovi pericoli legati a Internet, in particolare dei giochi on line; a spronare tutti i fabbricanti di computer dell’Unione europea a preinstallare software per la protezione dei bambini facili da attivare». Per promuovere un’utilizzazione più sicura di Internet da parte dei minori, a livello di Unione europea sono state avanzate molte proposte: l’istituzione di un numero verde europeo per indicare le fonti di informazione disponibili e i sistemi di filtraggio; il raggruppamento in rete degli organismi di autoregolamentazione per valutare l’efficacia dei codici di condotta; l’introduzione di sistemi di filtraggio con simboli di riconoscimento comuni o messaggi di avvertimento riguardanti la fascia d’età, tali da orientare gli utenti a valutare il contenuto dei servizi in linea; una maggior sensibilizzazione dei genitori, degli insegnanti e dei formatori nell’apprendere e nell’insegnare l’uso delle nuove tecnologie.
Nel quadro di analisi del fenomeno dell’abuso in rete a danno dei bambini, i soggetti auditi dalla Commissione – in particolar modo i rappresentanti della Polizia postale – hanno unanimemente individuato come priorità nella lotta alla pedofilia on line la necessità di identificare con urgenza assoluta i bambini abusati, per sottrarli al perdurante abuso virtuale che subiscono con la pubblicazione via Internet delle loro immagini, oltre che alla continuazione degli abusi fisici sottostanti. Successivamente si impone il non facile obiettivo del loro reinserimento sociale e del loro recupero psicofisico.
Sul fronte della strategia di lotta alla criminalità pedopornografica on line, la Polizia postale poi ha ripetutamente sottolineato la necessità di disarticolare le organizzazioni criminali che sfruttano i bambini per produrre materiale pedopornografico, partendo da un’azione capillare volta a rintracciare gli enormi flussi finanziari legati a questo turpe commercio che transitano da e per l’Italia, uno dei Paesi maggiori consumatori al mondo di pedopornografia.
Particolarmente preoccupanti sono i dati degli ultimi cinque o sei anni sulla crescita delle forme di abuso sui minori legate ad Internet, come la pedofilia, la pornografia infantile e il turismo sessuale (strettamente legato alla pedofilia on line): colpisce soprattutto il costante aumento dei clienti e consumatori italiani di pedofilia on line, “consumo” che si attua quotidianamente e diffusamente attraverso lo scambio di immagini e video pedopornografici nei programmi cosiddetti peer to peer, ovvero quelli che connettono i computer degli utenti direttamente fra loro senza intermediari.
La tracciabilità finanziaria dei pagamenti in rete diventa un essenziale strumento di contrasto nelle mani della Polizia postale e di tutte le forze di polizia nazionale impegnate nella lotta alla pedopornografia. Al legislatore nazionale spetta perciò il compito di individuare con tempestività ogni meccanismo idoneo a ricostruire il percorso informatico che conduce dal consumatore di materiale pedopornografico al produttore dello stesso, passando attraverso i provider che ne consentono il flusso, normalmente collocati nello spazio nazionale di Paesi che hanno una normativa permissiva sul punto (come la Russia e la Cina), tenendo conto della necessità di adattare costantemente la strategia di contrasto alla realtà in continua evoluzione di decine di siti pedopornografici che rapidamente si spostano da un Paese all’altro in conseguenza di relativi oscuramenti o a causa dell’introduzione di normative variamente repressive.
Infine, è necessario che anche il legislatore si ponga alcuni quesiti a livello più profondo, quesiti che riguardano l’analisi del sostrato culturale e psicologico sottostante all’esplodere e al diffondersi degli abusi sessuali sui minori on line e alle possibili misure di prevenzione del fenomeno. Tale sostrato sembra infatti contenere una serie di elementi concorrenti, che vanno dalla più recente evoluzione – anche sociale – dei rapporti fra sessi, alla emersione in rete di quelli che in passato erano forse solo impulsi inconfessabili (e non condivisibili con alcuna community virtuale) e che ora invece, grazie alle enormi potenzialità di trasmissione di Internet, hanno trovato un terreno di coltura fertile, risultando amplificati ed esaltati (per non dire moralmente sdoganati) dall’effetto della trasmissione senza frontiere, che tutto giustifica in nome della comunicazione e della trasparenza ad ogni costo di qualsivoglia contenuto.
Nelle numerose audizioni svolte dalla Commissione sono frequentemente state poste in luce le premesse culturali psicologiche che creano la domanda di materiale pedopornografico, in particolare la predisposizione di alcuni soggetti maschi adulti a disporre fisicamente di un partner sessuale psicologicamente subalterno, data la personale difficoltà a gestire una relazione paritaria con l’altro sesso, anche in conseguenza della crisi del rapporto di coppia tradizionale. L’aspetto più inquietante del fenomeno consiste nella reificazione del corpo del minore, privato della sua identità (in rete tutti i bambini sono uguali e la loro crescita negli anni ne impedisce l’identificazione), che prescinde dalla sua mercificazione per fini di lucro e sembra piuttosto il frutto della necessità dell’abusante (autore stesso dell’immagine che viene poi diffusa in rete) di trovare una comunità con cui condividere – e quindi giustificare e rafforzare – le proprie inclinazioni. L’esercizio di una forma di potere umiliante su un essere più debole testimonia comunque un evidente disagio psicologico, le cui cause non è evidentemente questa la sede per esplorare e prevenire, ma che in ogni caso pongono alcuni seri interrogativi sul futuro di una società globale, presuntivamente ritenuta migliore solo perché più trasparente.
3.2.2. I social network : la perdita di identità reale a favore di una realtà virtuale.
E’ ormai innegabile nella realtà odierna che Internet sia una parte costitutiva essenziale dell’identità sociale e personale degli adolescenti, i quali attraverso l’uso della rete e il contatto reciproco per mezzo dei social network costruiscono la propria comunità di amicizie e di interessi intorno ad un punto di incontro, analogamente a quanto avveniva ai loro genitori al tempo in cui incontravano i loro coetanei nelle piazze o nei bar del quartiere. In questo senso il tentativo di arginare la diffusione di Internet e dei social network in nome dei possibili rischi derivanti ai ragazzi da un eccessiva esposizione alla rete appare impraticabile, oltre che poco ragionevole.
Non esistono ancora studi statistici sufficientemente estesi nel tempo e nello spazio che possano confermare o smentire adeguatamente i timori connessi ad un uso non controllato della rete da parte dei minori. Tuttavia è possibile svolgere alcune considerazioni, estrapolandole dai contenuti delle audizioni svolte dalla Commissione e dalle opinioni espresse dagli esperti di psicologia. Non è un caso che proprio la funzione medica e sociale degli specialisti del settore stia tentando di adeguarsi ad una platea di minori che sta cambiando in relazione ad una società in profonda trasformazione: troppi minori soffrono di profondi disagi, è l’epoca – è stato detto – delle «passioni tristi», di adolescenti che hanno perso (o non hanno mai effettivamente acquisito) la capacità di comunicare, a cominciare dall’interno della famiglia stessa, che dovrebbe invece rappresentare per eccellenza lo spazio primario di espressione del ragazzo. Per questo motivo, oltre che per la naturale tendenza dei ragazzi a “fare gruppo”, i social network rappresentano spesso una valvola di sfogo ad una carente comunicazione familiare, senza tuttavia riuscire a colmare questo vuoto comunicativo, che viene piuttosto sostituito da una falsa comunicazione di contenuti inconsistenti o addirittura virtuali (i profili creati dai minori per i social network sono spesso la proiezione delle loro aspirazioni sociali ed estetiche, piuttosto che lo specchio della loro identità reale e psicologica).
In questo senso, si parla del pericolo di una cosiddetta nicchia mediatica: alcuni ragazzi si rifugiano su internet – e in particolare nei social network – per recuperare una dimensione affettiva e un senso di appartenenza di cui evidentemente avvertono la mancanza nella realtà familiare o scolastica. In questi casi, l’unica prevenzione possibile del disagio psicologico che è all’origine (e non la conseguenza) di una eccessiva esposizione a Internet consiste nello sviluppo di una maggiore capacità di comunicazione fra genitori e figli, dovendo i genitori spogliarsi di ogni forma di pregiudizio e diffidenza verso la rete e i social network, per domandarsi invece preventivamente se l’utilizzo di Internet sia semplicemente integrativo o piuttosto sostitutivo di relazioni affettive reali o di attività ulteriori da parte del ragazzo (come lo studio o l’esercizio fisico). Come sempre, perciò, l’antidoto ad eventuali pericoli per i figli è costituito da un’attenta osservazione da parte dei genitori delle abitudini di vita del ragazzo, dalla valutazione di un adeguato soddisfacimento delle sue esigenze affettive e relazionali, in breve da una migliore comunicazione fra genitori e figli, cui non sia estranea anche un’adeguata educazione ad uno stile di vita sano ed equilibrato.
Il Progetto Timshel (frutto di un protocollo di intesa fra Ministro della Salute e Ministro della Gioventù) promuove su un sito apposito via Internet iniziative di informazione e di sensibilizzazione della popolazione in particolare giovanile su uno stile di vita attiva quale efficace strumento per la prevenzione dei rischi alla salute. Iniziative analoghe o altrimenti volte a favorire ed incentivare la pratica sportiva e l’esercizio fisico, anche nell’ambito della scuola dell’obbligo, sarebbero senza dubbio una risposta efficace ad alcuni dei problemi e dei rischi derivanti da Internet citati in questo paragrafo. E’ necessario infatti che la scuola – soprattutto statale – diventi uno spazio di aggregazione reale non solo per la pratica dello studio, ma anche per l’esercizio di attività ulteriori, finalizzate alla tutela della salute fisica e psichica del bambino e dell’adolescente. La scuola, nei suoi spazi fisici di aggregazione, potrebbe così assumere le funzioni di una agenzia educativa di concreto supporto alla famiglia, agendo come una comunità di intenti che non esaurisca il suo ruolo nella verifica del mero rendimento scolastico, ma che rafforzi il senso di appartenenza del minore ad una comunità di coetanei, la sua identità fisica e psichica, il suo senso dei autodisciplina. Nel mondo di oggi infatti appare evidente che tale funzione non può più essere svolta unicamente dalla famiglia nucleare, spesso frammentata e a volte inadeguata (anche economicamente, oltre che culturalmente) a svolgere il complesso compito di educazione del bambino alla vita sociale e relazionale.
3.2.3. Contenuti sessualmente inadeguati, formazione dell’immagine corporea e distruzione del pudore.
L’uso di Internet da parte di una platea di utenti minori di età presenta alcuni rischi che sono più specificamente connessi alla formazione dell’identità corporea del bambino e dell’adolescente, di cui è necessario che genitori ed educatori siano consapevoli, ma riguardo ai quali è molto difficile intervenire efficacemente sul piano legislativo. Rispetto infatti ai contenuti potenzialmente dannosi veicolati dalla rete, vale quanto già detto a proposito della ipersessualizzazione di certi messaggi televisivi (v. supra), con l’unica differenza che riguardo a questa problematica Internet presenta lo svantaggio ulteriore di fornire un’offerta di immagini e contenuti pressoché illimitata e sostanzialmente incontrollata, non consentendo peraltro ai genitori di bambini e adolescenti l’applicazione di molti efficaci sistemi di filtraggio in grado di bloccare contenuti inadeguati alla maturità psicofisica del bambino.
Viene qui in rilievo il grave pericolo rappresentato dalla diffusione dei siti e dei blog “pro-ana” (di istigazione all’anoressia), nonché tutti quei contenuti e messaggi della rete che interferiscono sull’identità corporea del minore diffondendo modelli di alimentazione e/o di vita che incidono negativamente sulla salute fisica del minore. In alcuni casi (come in quello di alcuni blog “pro-ana”), alla trasmissione di un messaggio deviante in termini di salute psico-fisica e di crescita e formazione dell’autostima adolescenziale, si aggiungono ulteriori contenuti di natura implicitamente sessuale, che indicano un determinato modello fisico-estetico come sessualmente attraente, attraverso la proposizione di immagini non direttamente pornografiche ma decisamente ammiccanti alla sessualità.
Il bombardamento di immagini e contenuti inadeguati alla maturità psicofisica del bambino e perciò spesso dannosi alla formazione della sua identità fisica presenta anche altri rischi, di carattere culturale e psicologico. Si è già accennato al fenomeno cosiddetto del sexting, che consiste nel disvelamento dell’intimità fisica e sessuale del minore per mezzo del telefono cellulare – spesso praticato fra gruppi di coetanei adolescenti con motivazioni di vario tipo, anche per gioco – o della trasmissione di tali immagini su Internet. La violazione della sfera dell’intimità fisica con intenti spesso sessualizzati e l’annacquamento dell’immagine corporea che ne derivano contribuiscono ad attutire nell’adolescente il senso della riservatezza del proprio corpo (quello che in passato poteva essere il pudore) e a svalutare il primo contatto con la sessualità, di cui si sperimenta un approccio estremamente riduttivo, assimilabile a quello offerto dalla pornografia.
Per questa inflazione della sfera dell’intimità fisica si stanno coniando in altre lingue neologismi, come il francese “extimité”, che rende meglio di ogni altro l’idea di una esposizione e condivisione verso l’esterno di una sfera che in passato era considerata rigorosamente privata. Questa condivisione ed esteriorizzazione della proprio intimità peraltro non riguarda più soltanto il corpo, ma si estende alla sfera emotiva ed affettiva dell’adolescente, che, sostituendo al concetto di interiorità quello di intimità, si illude di colmare un bisogno interiore di parlare o condividere con sentimenti o pulsioni altrimenti inesprimibili. Ancora una volta, il mezzo di comunicazione (come il reality show televisivo) surroga a livello superficiale una carenza di comunicazione profonda, sostituendo illusoriamente all’assenza di comunicazione una comunicazione di non-contenuti o di falsi contenuti.
Queste considerazioni hanno stimolato in seno alla Commissione infanzia e adolescenza ulteriori osservazioni, che, anche prescindendo da valutazioni di ordine individuale espresse in quella sede, hanno ampiamente condiviso la necessità di un approccio alla tutela dell’infanzia e dell’adolescenza nel vasto mondo dei media che sappia affrontare anche temi culturalmente desueti, come la sacralità della sfera intima fisica, la dignità e la riservatezza dell’immagine corporea, il rispetto per il corpo e l’immagine della donna, che appaiono particolarmente danneggiati dai fenomeni descritti.
Secondo alcuni studi va sottolineato che l’uso inflazionato di contenuti esplicitamente sessuali (da cui il minore è quotidianamente bombardato nell’uso dei mezzi di comunicazione) può danneggiare il bambino anziché educarlo ad un corretto uso della propria sessualità, al valore della relazione interpersonale e al senso di responsabilità verso l’altro. In questo senso, una corretta educazione alla sessualità del bambino e dell’adolescente non può prescindere da una buona educazione all’affettività, all’espressione e alla gestione del sentimento nei rapporti con gli altri e con se stesso.
In questo ambito concettuale, occorre fare un breve riferimento al nuovo modello comunicativo di preadolescenti e adolescenti rappresentato dalle chat.
L’uso delle chat da parte di adolescenti e soprattutto di preadolescenti rileva in particolare sotto il profilo della formazione dell’identità sessuale e relazionale del minore. E’ dimostrato che, in casi non del tutto infrequenti, le chat, oltre a costituire una rischiosa occasione di esposizione dei minori all’azione di pedofili o adescatori in rete, consentono ai minori (a partire da un’età di 9-10 anni) di avere un contatto estremamente prematuro con la sessualità, contatto che tende ad invertire il normale percorso delle loro capacità relazionali. Quando questo avviene infatti, il preadolescente o adolescente percepisce che il suo primo contatto di relazione si realizza non per il tramite della sua persona ma mediante un contenuto sessuale veicolato dalla rete o dalla televisione: ciò rischia di determinare in generale una lesione del valore della completezza della persona, intesa nella sua unicità e insostituibilità. Laddove invece la chat rappresentasse il primo contatto eccessivamente prematuro con una sessualità esplicita mediata da un adulto sconosciuto, il danno per la psiche infantile sarebbe da ricondurre all’impossibilità o all’estrema difficoltà di gestire contenuti e comportamenti a cui il bambino è ancora assolutamente impreparato. In questo senso, siamo nuovamente di fronte ad un problema di inadeguatezza dei contenuti proposti in rete rispetto alle capacità di elaborazione della psiche infantile e preadolescenziale.
3.2.4. L’influsso della rete sulle capacità cognitive del bambino. Usi positivi di Internet.
Recenti ricerche dimostrano che, se ben utilizzate, le nuove tecnologie sono in grado di potenziare le capacità del bambino (linguistiche, cognitive e relazionali), laddove un uso eccessivo e incontrollato e l’esposizione a contenuti inadeguati (violenza, razzismo, sesso) possono favorire percorsi di crescita disadattivi, caratterizzati da aggressività, insuccesso scolastico e isolamento sociale. Il problema delle nuove tecnologie, dunque, non si esaurisce nell’inappropriatezza o violenza del loro contenuto: sono infatti le modalità di utilizzo, eventuali vulnerabilità presenti nel bambino e il contesto relazionale a determinarne la nocività .
Non mancano studi in cui si evidenzia che la simultaneità e la complessità dell’informazione offerta da Internet (nonché il cosiddetto rumore che accompagna ogni ricerca) indeboliscono la facoltà di apprendimento del bambino, aumentano le difficoltà di concentrazione, depotenziano la memoria, rispetto alla parola scritta e veicolata dai media tradizionali. In sostanza, alcuni disturbi dell’attenzione, secondo alcuni esperti, sarebbero attribuibili ad un uso eccessivo di Internet.
E’ altresì vero che la nocività di un uso non corretto di Internet nasce dal fatto che il flusso sconfinato e caotico di informazioni che proviene dalla rete richiede di essere codificato e selezionato secondo capacità di elaborazione ed organizzazione dei dati di cui normalmente i minori non dispongono; in tal senso, l’eccesso confuso di informazioni – ove non debitamente fruite – può portare ad una nuova forma d’ignoranza e di passività mentale, che sottrae al minore il bene dell’esperienza, sostituendolo con la semplice parvenza di una realtà esclusivamente virtuale.
Il nuovo ambiente costituito dai media è il nuovo agente che si introduce nella comunità educativa più larga e diffusa, a tal punto che oggi si parla di multitasking generation, ovvero di quella generazione nata e vissuta nell’ambiente mediatico che raggruppa vecchi e nuovi mezzi di comunicazione di massa. Ma è anche una generazione sola… : le tecnologie, i nuovi saperi, rappresentano straordinarie opportunità di conoscenza e si rivelano importanti veicoli della comunicazione tra persone, eppure, esse possono presentare una serie di rischi, il più importante dei quali è che possono rivelarsi tecnologie della solitudine.
I giovani possono avvertire – in tutto questo rumore comunicativo – un silenzio e una solitudine di fondo. È nostro dovere di adulti e di istituzioni democratiche tenere conto delle opportunità e dei rischi, e valutarne tutti gli sviluppi. È necessario evitare ogni forma preconcetta di demonizzazione del nuovo ambiente mediatico, e tuttavia operare per alzare le soglie di controllo e di tutela che evitino i tanti rischi connessi con il suo uso.
Una corretta educazione all’uso delle fonti informative tecnologiche dovrebbe privilegiare un utilizzo consapevole della rete, lo sviluppo di un consumo critico e la lotta al conformismo culturale, favorendo un apprendimento quanto meno passivo possibile e la formazione di uno spirito critico e selettivo. Come realizzare questi obiettivi ambiziosi non è dato definirlo a priori, ma è evidente che la soluzione del problema può essere solo affidata ad una “alleanza” educativa fra scuola e famiglia, che indirizzi il minore a forme di apprendimento responsabili e critiche nell’utilizzo delle nuove tecnologie .
Nonostante quanto detto sinora, non si può tuttavia escludere un uso positivo di Internet finalizzato alla risoluzione di problemi che riguardano il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza: programmi per comunicare a distanza e social network possono offrire supporto allo sviluppo di relazioni “digitali” fra minori accolti in istituto o in stato di abbandono, rafforzare programmi di adozione a distanza, agevolare i procedimenti adottivi e programmi di post-adozione.
3.3. La telefonia mobile e i videogiochi.
Sembra anzitutto che l’evoluzione nella composizione e nella struttura della famiglia tradizionale e nei ruoli dei genitori abbia contribuito a sottrarre ai minori punti di riferimento stabili e chiaramente riconoscibili, modificando i tempi della comunicazione interna alla famiglia e inducendo i minori a cercare nuove aree di comunicazione e di svago, in campi che i genitori spesso non sono in grado di dominare (Internet, videogiochi, terminali di videofonia e messaggistica) e che però sono potenzialmente in grado di turbare la salute psichica e il benessere generale del minore.