2.2. La normativa europea.
L’Unione europea riconosce nella protezione dei minori da contenuti nocivi per il loro sviluppo psichico e morale un interesse pubblico fondamentale, nel cui rispetto deve esplicarsi il diritto alla libertà di espressione; tale obiettivo deve essere perseguito dagli Stati membri con l’adozione di adeguate misure, come stabilito dalla direttiva «Televisione senza frontiere» (89/522/CEE) e come confermato dalla direttiva «Servizi Media e Audiovisivi» (2007/65/CEE).
Nel campo specifico della tutela dei minori nei media la Commissione ha adottato il 10 marzo 2010 la direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi). Si tratta di un atto normativo di grande rilievo, in quanto estende le norme di protezione dei minori, precedentemente riservate ai programmi televisivi, ai servizi di media audiovisivi a richiesta in rapida espansione, in particolare su Internet .
In particolare, in base all’art. 9 della direttiva (CAPO III – Disposizioni applicabili a tutti i servizi di media audiovisivi) gli Stati membri sono tenuti ad assicurare che le comunicazioni commerciali audiovisive non arrechino pregiudizio fisico o morale ai minori, e pertanto non esortino direttamente i minori ad acquistare o prendere in locazione un prodotto o un servizio sfruttando la loro inesperienza o credulità, né li incoraggino direttamente a persuadere i loro genitori o altri ad acquistare i beni o i servizi pubblicizzati, né sfruttino la particolare fiducia che i minori ripongono nei genitori, negli insegnanti o in altre persone, né mostrino senza motivo minori che si trovano in situazioni pericolose. Inoltre, Gli Stati membri e la Commissione sono tenuti ad incoraggiare i fornitori di servizi di media a elaborare codici di condotta concernenti le comunicazioni audiovisive commerciali non appropriate che accompagnano i programmi per bambini o vi sono incluse, relative a prodotti alimentari o bevande che contengono sostanze nutritive e sostanze con un effetto nutrizionale o fisiologico, in particolare quelle come i grassi, gli acidi grassi trans, gli zuccheri, il sodio o il sale, la cui assunzione eccessiva nella dieta generale non è raccomandata.
Il capo VIII della direttiva 2010/13/UE prevede che gli Stati membri adottino le misure atte a garantire che le trasmissioni televisive delle emittenti soggette alla loro giurisdizione non contengano alcun programma che possa nuocere gravemente allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori, in particolare programmi che contengano scene pornografiche o di violenza gratuita. Tali misure si applicano anche agli altri programmi che possono nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori, a meno che la scelta dell’ora di trasmissione o qualsiasi altro accorgimento tecnico escludano che i minori che si trovano nell’area di diffusione vedano o ascoltino normalmente tali programmi. Inoltre quando tali programmi siano trasmessi in chiaro, gli Stati membri assicurano che essi siano preceduti da un’avvertenza acustica ovvero siano identificati mediante la presenza di un simbolo visivo durante tutto il corso della trasmissione. Tale simbolo esiste nelle emittenti che hanno sottoscritto il Codice di autoregolamentazione, ma l’esperienza di lungo periodo dimostra che è del tutto inefficace se non controproducente.
Occorre poi fare riferimento al Programma «Safer Internet 2009-2013», stabilito con la decisione n. 1351/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008, volto a promuovere un uso più sicuro di Internet e di altre tecnologie di comunicazione, in particolare a favore dei bambini, e a lottare contro i contenuti illeciti e i comportamenti dannosi in linea. Si tratta di un documento di rilievo, ripetutamente citato nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza.
Tra gli ultimi atti rilevanti adottati dalla Commissione europea spicca la comunicazione recante il Programma dell’Unione europea in materia di diritti dei minori (COM(2011)60), presentata il 15 febbraio 2011, che propone una speciale azione di supporto agli Stati membri, volta a potenziare la prevenzione, a rendere i minori più responsabili e partecipi per poter beneficiare al massimo delle tecnologie on line, e a contrastare il cyberbullismo, l’esposizione a contenuti dannosi e altri rischi connessi alla navigazione in rete, specie tramite il programma «Safer Internet».
La Commissione europea dedica un’attenzione particolare al comparto dell’industria delle tecnologia dell’informazione e delle comunicazioni, proponendosi di controllare attentamente il processo di recepimento negli ordinamenti nazionali degli Stati membri della direttiva sui servizi di media audiovisivi e promuovendo la cooperazione con l’industria incentrata sulle iniziative di autoregolamentazione (2009-2014). Tali iniziative hanno infatti lo scopo precipuo di assicurare maggiore protezione ai giovani utenti di telefonia mobile e di social network, anche nell’ambito del sistema di classificazione in base all’età PEGI (Pan-European Game Information) di videogiochi e di giochi on line.
Sul fronte della lotta alla pedopornografia via Internet è di rilievo l’iniziativa della Commissione europea che ha dato vita alla coalizione finanziaria europea contro la pedopornografia in Internet, finanziata dallo stanziamento di 427.000 euro deciso il 3 marzo 2009 La coalizione intende contribuire ad individuare e proteggere le vittime, a localizzare e arrestare i criminali – pedofili e quanti traggono profitto dalla vendita delle immagini – e, soprattutto, a confiscare i proventi di tali attività criminose. Sarà così impedito l’acquisto di materiale pedopornografico con carte di credito.
Posta sotto la guida del Child Exploitation and Online Protection Centre (CEOP, l’organo di polizia britannico per la tutela contro lo sfruttamento sessuale dei minori) e finanziata dalla Commissione europea, la coalizione è un gruppo informale composto da attori pubblici e privati (autorità di polizia, operatori finanziari, fornitori di servizi Internet, ONG e altri partner) che collaborano alla lotta contro la pedopornografia. MasterCard, Microsoft, PayPal, VISA Europe e l’ONG Missing Children Europe sono alcuni dei membri fondatori della nuova coalizione. Per quanto riguarda l’attività di contrasto, figurano tra i membri fondatori della coalizione Europol e la Polizia postale e delle comunicazioni italiana.
Appare poi utile citare alcune delle conclusioni adottate dal Consiglio giustizia e affari interni del 23 ottobre 2009 nel campo della lotta alla pedopornografia, in quanto esse coincidono ampiamente con alcune delle conclusioni che la Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza ha potuto trarre dalla parte dell’indagine conoscitiva dedicata alla tutela dei minori dai fenomeni di pedopornografia. Anche il Consiglio ha infatti sottolineato, fra le altre, alcune priorità: assicurarsi che siano sviluppati e definiti i processi d’identificazione delle vittime; attuare un sistema di monitoraggio con il sostegno delle parti coinvolte nei sistemi di pagamento su Internet e ostacolare l’aspetto commerciale di tali attività in espansione; aiutare i fornitori di servizi finanziari (più in particolare le società di carte di credito, le banche ed altri fornitori di servizi di pagamento) e i fornitori di servizi Internet o di posta elettronica a combattere l’utilizzazione illecita dei loro sistemi al fine di acquistare immagini pedopornografiche, promuovendo procedure di governance e modificando opportunamente i termini e le condizioni applicabili; coinvolgere i fornitori di servizi finanziari, le banche e i fornitori di servizi Internet nell’elaborazione di strategie coordinate, permettendo infine alle autorità preposte all’applicazione della legge di rintracciare ed arrestare i criminali che approfittano della diffusione.
Occorre infine accennare ai contenuti della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale del 25 ottobre 2007 (Convenzione di Lanzarote): entrata in vigore il 1° luglio 2010, è il primo strumento internazionale con il quale si prevede che gli abusi sessuali contro i bambini siano considerati reati. Oltre alle fattispecie di reato più diffuse in questo campo (abuso sessuale, prostituzione infantile, pedopornografia, partecipazione coatta di bambini a spettacoli pornografici) la Convenzione di Lanzarote disciplina anche i casi di grooming (adescamento di minori attraverso Internet) e di turismo sessuale.
2.3. La normativa italiana vigente.
Oltre ai contenuti della Convenzione di New York, che vincola il nostro Paese al rispetto del catalogo dei diritti a tutela dell’infanzia e dell’adolescenza in essa contenuto, il riferimento costituzionale per il nostro ordinamento è rappresentato dall’art. 31 della Costituzione, che impegna la comunità nazionale, in tutte le sue articolazioni, a proteggere l’infanzia e la gioventù.
Dell’ampia ricognizione che la Commissione ha potuto svolgere del quadro normativo a tutela dei minori vigente nel nostro ordinamento spiccano punti di forza ed elementi di debolezza.
Tra i primi vengono anzitutto in rilievo le disposizioni di tutela dei minori in relazione all’utilizzo di Internet che sono state introdotte dalla legge 6 febbraio 2006, n. 38, (Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet), che ha a tal fine novellato la legge 3 agosto 1998, n. 269 (Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù). Nel complesso, le norme anzidette hanno avuto il pregio di dotare il nostro Paese di una legislazione all’avanguardia in materia di repressione di fenomeni collegati all’abuso sessuale di minori a mezzo Internet, costituendo ancora oggi una significativa pietra miliare nel quadro giuridico dei Paesi industrializzati avanzati
In primo luogo, la legge in questione ha istituito (art. 14-bis) il Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia sulla rete Internet con il compito di raccogliere tutte le segnalazioni, provenienti anche dagli organi di polizia stranieri e da soggetti pubblici e privati impegnati nella lotta alla pornografia minorile, riguardanti siti che diffondono materiale concernente l’utilizzo sessuale dei minori avvalendosi della rete Internet, nonché i gestori e gli eventuali beneficiari dei relativi pagamenti. E’ previsto quindi (art. 14-ter) l’obbligo per i fornitori dei servizi resi attraverso reti di comunicazione elettronica di segnalare al Centro, qualora ne vengano a conoscenza, le imprese o i soggetti che, a qualunque titolo, diffondono, distribuiscono o fanno commercio, anche in via telematica, di materiale pedopornografico. I fornitori di connettività alla rete Internet, poi, al fine di impedire l’accesso ai siti segnalati dal Centro, sono obbligati (art. 14-quater) ad utilizzare gli strumenti di filtraggio e le relative soluzioni tecnologiche conformi ai requisiti individuati con decreto del Ministro delle comunicazioni. E’ in attuazione di queste norme, che è stato successivamente emanato il decreto del ministero delle comunicazioni 8 gennaio 2007, recante Requisiti tecnici degli strumenti di filtraggio, requisiti che i fornitori di connettività alla rete Internet devono utilizzare, al fine di impedire l’accesso ai siti segnalati dal Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia.
La Commissione ha potuto audire in due occasioni rappresentanti del Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia sulla rete Internet, costituito presso la Polizia postale, acquisendo un ampio quadro informativo sull’attività svolta da questo settore della Polizia di Stato e ricavando una valutazione ampiamente positiva dell’operato di questa parte delle Forze dell’ordine impegnata a contrastare il fenomeno della pedopornografia via Internet. Con le stesse finalità informative, la Commissione ha anche visitato nel dicembre 2009 la sede del Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia sulla rete Internet, verificando direttamente la professionalità e l’impegno della Polizia postale nello svolgimento delle funzioni assegnatele per la repressione e la prevenzione di questo tipo di reati.
La stessa legge n. 38/2006 ha inoltre istituito (art. 20) presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità – l’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, cui la legge assegna il compito di acquisire e monitorare i dati e le informazioni relativi alle attività, svolte da tutte le pubbliche amministrazioni, per la prevenzione e la repressione della pedofilia.
La disciplina del sistema radiotelevisivo prevede specifiche norme a tutela dei minori. Se la prima legge di sistema (legge 6 agosto 1990, n. 223) poneva limitati e generici divieti alla trasmissione di programmi nocivi (art. 15, commi 10,11,12 e 13), è stato necessario attendere il Decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, recante il Testo unico della radiotelevisione, che con gli artt. 3, 4, 34 e 35 ha dato alla tutela dei minori nelle trasmissioni radiotelevisive un impianto normativo più strutturato.
In particolare l’art. 34 ha sancito sul piano normativo l’obbligo per le emittenti televisive ed i fornitori di contenuti di osservare le disposizioni a tutela dei minori previste dal Codice di autoregolamentazione Tv e minori. Il Codice, approvato il 29 novembre 2002 (e nel 2007 ridenominato Codice di autoregolamentazione media e minori), nasce da un impegno delle imprese televisive per migliorare la qualità delle trasmissioni dedicate ai minori, per aiutare le famiglie ed il pubblico più giovane ad un uso corretto della televisione e per sensibilizzare chi produce i programmi al rispetto delle esigenze dei minori. Per l’applicazione del Codice è stato istituito un Comitato, formato da 15 membri, nominati con decreto dal Ministro delle Comunicazioni d’intesa con l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in rappresentanza, in parti uguali, rispettivamente delle emittenti televisive firmatarie del Codice – su indicazione delle stesse e delle associazioni di categoria – delle istituzioni e degli utenti.
Il Decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44, ha innovato il Decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, ora Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, modificando anche i citati artt. 34 e 35 (Tutela dei minori nella programmazione audiovisiva).
Ai sensi della normativa così risultante, sono vietate le trasmissioni che, anche in relazione all’orario di diffusione, possono nuocere gravemente allo sviluppo fisico, psichico o morale dei minori o che presentano scene di violenza gratuita o insistita o efferata ovvero pornografiche, salvo le norme speciali per le trasmissioni ad accesso condizionato che comunque impongano l’adozione di un sistema specifico e selettivo e che vengono consentite tra le ore 23.00 e le ore 7.00. Inoltre le trasmissioni televisive non contengono programmi che possono nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minorenni a meno che la scelta dell’orario di trasmissione o qualsiasi altro accorgimento tecnico escludano che i minori che si trovano nell’area di diffusione assistano normalmente a tali programmi. I film vietati ai minori di anni quattordici non possono essere trasmessi sia in chiaro che a pagamento, né forniti a richiesta, sia integralmente che parzialmente prima delle ore 22.30 e dopo le ore 7.00. Le emittenti televisive, diffuse su qualsiasi piattaforma, sono tenute ad osservare le disposizioni a tutela dei minori previste dal Codice di autoregolamentazione media e minori e ad assicurare misure specifiche a tutela dei minori tra le ore 16.00 e le ore 19.00. L’impiego di minori di anni 14 in programmi televisivi è disciplinato con regolamento del Ministero dello sviluppo economico che, insieme al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, dispone anche campagne scolastiche per un uso consapevole del mezzo televisivo. Alla verifica dell’ osservanza di queste disposizioni provvede la Commissione per i servizi ed i prodotti dell’Autorità, in collaborazione con il Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione media e minori, che può deliberare l’irrogazione di sanzioni amministrative da 25.000 euro a 350.000 euro. L’Autorità presenta al Parlamento una relazione annuale sulla tutela dei diritti dei minori, sui provvedimenti adottati e sulle sanzioni irrogate.
3. Gli esiti dell’indagine aggregati per singoli media.
La Commissione ha audito un ampio numero di soggetti pubblici e privati in grado di fornire elementi utili all’indagine: da rappresentanti di organismi privati attivi nel settore della tutela all’infanzia e all’adolescenza, a rappresentanti istituzionali, esperti di nuove tecnologie, professori universitari in materie attinenti alla comunicazione e alle sue problematiche, medici e pediatri.
Dall’ampia messe di documentazione acquisita e dagli interventi svolti in sede di audizione sono emerse alcune macro-problematiche: alcune di carattere per così dire inter-mediale, cioè riferibili a contenuti veicolati da diversi mezzi di comunicazione, contemporaneamente o distintamente (ad es. i messaggi pubblicitari) , altre invece più specificamente riferibili solo ad una tipologia di media e alle sue caratteristiche proprie (ad es. la pedopornografia on line).
Gli esiti che la Commissione ha potuto desumere da questo complesso lavoro di indagine sono pertanto di due tipi: un primo ordine di conclusioni è anzitutto riferibile alle specificità dei contenuti veicolati dai singoli media e in quanto tali sollevano problematiche che necessitano di azioni correttive mirate, spesso anche di carattere microsettoriale; un secondo ordine di conclusioni, comunque derivante dagli esiti predetti, è invece di carattere generale, si fonda prevalentemente sui contributi psicopedagogici resi alla Commissione da esperti del settore e richiama spesso interventi di matrice più prettamente educativa e/o culturale, che possano avvalersi degli apporti più differenziati di tutti i soggetti operanti nel vasto campo della tutela, dell’assistenza e dell’istruzione fornite all’infanzia e all’adolescenza (cosiddetta alleanza educativa, v. infra).
Il primo aspetto che viene in rilievo nella disamina svolta dalla Commissione investe anzitutto il grado di diffusività dei nuovi media e del mezzo televisivo: il primo dato evidente che coinvolge i media nella loro generalità è infatti rappresentato dall’enorme ampliamento delle possibilità di circolazione di contenuti mediatici (programmi televisivi, immagini, audio, audiovideo, chat, giochi on line) dovuto alla diffusione delle nuove tecnologie di trasmissione e allo sviluppo della convergenza dei media (televisione, Internet, terminali mobili di videofonia). Questo comporta un’enorme facilità per ragazzi e adolescenti di accedere anche a contenuti nocivi per il loro sviluppo psicofisico e morale e un alto grado di invasività (in particolare del mezzo televisivo) nella vita individuale e familiare del bambino e dell’adolescente.
3.1. La televisione.
Partendo dalla televisione, il mezzo di comunicazione più tradizionale (ormai anche il più desueto nella quotidianità e nella vita sociale dei minori, in particolare degli adolescenti), la Commissione ha potuto acquisire una serie di contributi, dai quali sono sistematicamente emersi alcuni nodi critici ricorrenti.
Questi nodi critici riguardano essenzialmente: la scarsa o quasi assente protezione della fascia di programmazione riservata ai minori; il livello qualitativo molto basso dei contenuti della programmazione televisiva, in particolare quella della TV generalista; la necessità di definire efficacemente la funzione del servizio pubblico radiotelevisivo attraverso una rigorosa riedizione e applicazione del Contratto di Servizio; una rivisitazione complessiva del ruolo della televisione in genere affinché diventi da (attuale) veicolo di contenuti spesso dannosi per i minori a portatrice di modelli educativi.
3.1.1. La TV baby-sitter e il ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo.
Il rilievo che assume l’uso della televisione da parte dei minori dipende anzitutto dalla universale diffusione del mezzo televisivo nella popolazione italiana, dalla sua generalizzata accessibilità, soprattutto da parte dei bambini, dalla diffusività e pervasività della sua fruizione nell’ambito della vita familiare e sociale del bambino.
E’infatti innegabile che la televisione ha assunto in molte famiglie italiane un ruolo sostitutivo della comunicazione interpersonale e familiare in genere, divenendo un dannoso accompagnamento dei sempre più rari momenti di aggregazione della comunità familiare. La funzione di supplenza del mezzo televisivo si accentua particolarmente nel caso delle famiglie con bambini piccoli (è risaputo infatti che gli adolescenti ricorrono maggiormente all’uso di Internet), al punto che si parla correntemente di TV baby-sitter. In tutti questi casi la televisione, oltre ai rischi propri derivanti dalla trasmissione di contenuti inadeguati, favorisce l’isolamento fra i membri della famiglia, diventando una sorta di organizzatore dei tempi e dei comportamenti del nucleo familiare: in sostanza, anziché costituire un sostegno culturale e uno stimolo allo sviluppo psico-fisico del minore, la TV si trasforma spesso in un ostacolo allo sviluppo emotivo e relazionale del bambino, accentuato dall’alto grado di passività che caratterizza la fruizione della TV generalista.
Una eccessiva esposizione alla televisione da parte del bambino presenta due ordini di rischi: in primo luogo la televisione supplisce (inadeguatamente) alla funzione pedagogica del genitore, che per parte sua abdica ad esercitare un adeguato controllo sull’insufficiente qualità culturale e sui discutibili modelli di comportamento che la televisione offre ai bambini. In secondo luogo, importanti rischi allo sviluppo psicofisico del bambino derivano dall’esposizione a contenuti televisivi inadeguati, perché violenti o implicitamente sessualizzati (v. infra); dall’assuefazione ad un uso eccessivo del mezzo televisivo; da stimoli emulativi nei confronti di modelli comportamentali spesso narcisistici o fondati su valori effimeri, in ogni caso non scelti consapevolmente dal genitore; infine dalla diffusione di modelli culturali stereotipati che favoriscono l’insorgere di attitudini conformistiche.
Gli esperti auditi dalla Commissione hanno evidenziato come il tempo trascorso dai bambini davanti allo schermo televisivo sia di gran lunga eccessivo (si parla anche di 40 ore settimanali). Il primo problema derivante da questa esposizione riguarda il fatto che il bambino, non avendo la capacità di discernere la finzione dalla realtà, interiorizza e assolutizza situazioni fittizie, che possono nuocergli, soprattutto se si tratta di contenuti violenti o inadeguati (v. infra). Oltre a ciò la esclusiva concentrazione sulla facoltà visiva deprime e rallenta il progresso delle altre facoltà cognitive del bambino, senza contare che la semplice quantità di ore trascorse davanti alla televisione sottrae tempo ed energie ad attività culturalmente più stimolanti e sicuramente meno passive, incluse le attività fisiche e relazionali. Appare pertanto imprescindibile un mutamento di orientamento della stessa comunità familiare, una sorta di riconversione alla pluralità degli stimoli che parta dagli stessi genitori, troppo spesso inclini ad abbandonare i piccoli davanti al televisore per mancanza di risorse materiali o culturali.
Quello che pertanto la Commissione ha potuto rilevare è che la questione della tutela dei minori nel mezzo televisivo non può essere affrontata solo sul piano normativo, ma richiede opportuni processi di educazione e sensibilizzazione ad un utilizzo costruttivo dei mezzi di comunicazione in genere (non solo della televisione), in grado di coinvolgere in maniera sinergica famiglia, scuola e gli stessi soggetti in età evolutiva: sarebbe perciò necessario, a giudizio della Commissione, implementare programmi educativo-didattici già nella scuola dell’obbligo, al fine di formare i minori e le loro famiglie ad un uso corretto e consapevole del mezzo televisivo e informatico.
Sotto tale aspetto, il principale partner di questa operazione culturale deve essere individuato in una rinnovata concezione del servizio pubblico radiotelevisivo: il ruolo attualmente occupato nel nostro Paese dalla TV pubblica merita certamente in questa sede un approfondimento particolare che comporta una radicale lettura critica e un serio processo di ridefinizione, culturale e normativo, della funzione di servizio pubblico radiotelevisivo.
La televisione italiana, che in passato ha tanto contribuito alla crescita della società civile, alfabetizzando e unificando culturalmente l’Italia, oggi purtroppo presenta livelli di banalità e di volgarità che la collocano al di sotto di altre televisioni europee : il divario con queste televisioni in termini di approfondimento e di informazione qualificata si fa sempre più crescente ed è purtroppo un fatto che il nostro servizio pubblico televisivo, anziché stimolare e assecondare una nascente domanda di cultura dei giovani, tende ad ignorarla, indulgendo al ripetitivo e ad una programmazione piuttosto orientata ad un pubblico di età media avanzata, oltre che alle esigenze del mercato pubblicitario. In questo senso la recente esperienza rappresentata dal progetto di monitoraggio della qualità televisiva e di raggiungimento degli obiettivi di qualità della programmazione del servizio pubblico che va sotto il nome di Qualitel ha costituito un primo significativo passo nella giusta direzione, ad oggi tuttavia ancora insufficiente.
Nei dibattiti susseguenti alle audizioni svolte sono frequentemente emerse le problematiche connesse alla necessità di una seria e profonda riqualificazione della televisione pubblica, affinché essa sia intesa come effettivo servizio pubblico, rispondente cioè all’interesse della collettività e non ad esigenze di mercato. In ragione di ciò, nel corso dell’indagine conoscitiva la Commissione ha più volte espresso l’intenzione di impegnare il Governo, con gli strumenti di indirizzo a sua disposizione, affinché nella stesura delle linee guida del prossimo contratto servizio della RAI si tengano in debito conto le indicazioni contenute nel presente documento.
3.1.2. Una fascia (poco) protetta: contenuti inadeguati e pubblicità.
A giudizio dei maggiori esperti di psicopedagogia infantile auditi dalla Commissione, il primo e più grave pericolo cui sono esposti i minori nella fruizione dei programmi televisivi è costituito dalla rappresentazione gratuita della violenza, che si riscontra non solo nei contenuti dei film e della cosiddetta fiction televisiva, ma anche nella cronaca nera e giudiziaria.
Dai contributi psicopedagici acquisiti dalla Commissione risulta che un’assidua visione di spettacoli violenti nella mente ancora in fase di formazione come quella del bambino può causare alcuni danni: la difficoltà insita nel bambino a distinguere fra realtà e finzione accentua ed ingigantisce il senso di pericolo e di insicurezza, specie quando non è presente un adulto a spiegare e mediare la scena violenta; il bambino rischia poi di diventare insensibile alla sofferenza altrui, assuefacendosi alla violenza esercitata sugli altri, o può – all’inverso – essere indotto a reificare l’oggetto della violenza che vede, pur essendo questo una persona. In sostanza, i contenuti violenti della programmazione televisiva (ma anche cinematografica evidentemente) possono indurre aggressività nel bambino, disumanizzarlo o trasmettergli un grave senso di insicurezza.
Altri pericoli sensibili, veicolati dal crescente degrado culturale in cui versa molta programmazione televisiva, sono chiaramente individuabili nell’uso del turpiloquio, nell’eccesso di erotismo, nel giustizialismo superficiale ed emotivo di certi programmi giornalistici, nelle modalità di presentazione delle stesse notizie di cronaca nei telegiornali, anche nel servizio pubblico radiotelevisivo.
La Commissione ha inteso soffermarsi con attenzione sulla problematica delle modalità di presentazione delle notizie di cronaca da parte dei telegiornali dello stesso servizio pubblico, in particolare nell’ambito della stessa fascia di programmazione protetta per i minori. Gli esperti di psicologia infantile e scienza delle comunicazioni convocati in Commissione hanno concordemente indicato nelle prevalenti modalità di presentazione dei fatti di cronaca nera da parte dei telegiornali un grave elemento di impatto sulla psiche infantile, nella quale favorirebbero l’insorgere di una percezione ansiogena della realtà, nonché – come si è detto – un fenomeno di assuefazione alla violenza e in generale di desensibilizzazione del bambino rispetto alle sofferenze dei soggetti esterni a sé. Soprattutto la descrizione degli abusi e dei pericoli all’incolumità del bambino che si consumano all’interno della cerchia familiare (quando i congiunti del bambino abusato sono spesso gli autori del misfatto) facilitano la crescita di un senso di diffusa insicurezza nella psiche infantile e di diffidenza nei confronti del mondo esterno, che potrebbe avere importanti ripercussioni nell’età adolescenziale e adulta.