6. Politiche di sostegno al lavoro delle donne, all’imprenditoria femminile e all’assunzione delle donne e dei giovani
Vorrei ora affrontare, a questo punto della mia presentazione, il tema dei diritti sociali e delle libertà positive che sono ad essi correlate.
Il secondo Rapporto sull’imprenditoria femminile, promosso dal Dipartimento per le pari opportunità insieme con il Ministero per lo Sviluppo economico e a Unioncamere, presentato a gennaio 2011, ha evidenziato che le imprese femminili sono cresciute in termini di stock, dal 2003 al 2008, dell’8,7% e rappresentano circa il 23% del totale delle imprese. In valore assoluto le imprese femminili sono oltre un milione e quattrocentomila, un numero di per sé significativo se si considera che è diffuso in maniera omogenea sull’intero territorio nazionale, anche se con intensità diverse tra regione e regione.
In tale quadro, intendiamo strutturare azioni che abbiano come obiettivo quello di contribuire alla crescita delle imprese femminili e favorirne l’accesso al credito in un momento di generale difficoltà del sistema economico nazionale e di elevata criticità per le donne ad inserirsi nel mercato del lavoro e ad accedere a finanziamenti bancari. Gli obiettivi che ci poniamo sono i seguenti:
1. attivare, con il coinvolgimento del sistema bancario, uno strumento agevolativo per l’imprenditoria femminile che sfrutti l’effetto moltiplicatore tipico dei fondi di garanzia associato a finanziamenti in conto interessi o con modalità agevolative di altro tipo;
2. sostenere le attività regionali in favore dell’imprenditoria femminile;
3. eliminare le discriminazioni nell’accesso al credito. Le donne hanno un accesso al credito più difficoltoso e pagano tassi di interesse più alti, e ciò indipendentemente dalle loro capacità di ripagare il debito.
Vorrei altresì ricordare in questa sede che tra gli interventi varati con il decreto “Salva Italia” si sono previste agevolazioni fiscali nei confronti di chi assume a tempo indeterminato personale femminile e giovani al di sotto dei trentacinque anni di età, con particolare riferimento alle assunzioni in meridione. Sono stati inoltre appostati fondi a valere sul prossimo triennio per incentivare l’occupazione giovanile e femminile. Il decreto “Cresci Italia” ha inoltre previsto la possibilità di costituire una società semplificata con contratto o atto unilaterale da parte di persone con meno di trentacinque anni e a fronte di un capitale sociale non inferiore ad un euro.
La scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro è un fattore cruciale di debolezza del nostro sistema: in Italia, l’occupazione femminile è più bassa che in quasi tutti i paesi europei soprattutto nelle posizioni più elevate e per le donne con figli. Nella consapevolezza che il tempo di cura della casa, dei bambini, di adulti malati, di disabili o di anziani a carico delle donne resta in Italia più elevato che negli altri paesi, e che la mancanza di servizi di supporto (e il loro costo elevato) nelle attività di cura, rappresenta un ostacolo per il lavoro a tempo pieno per migliaia di donne che lavorano part time e per l’ingresso nel mercato del lavoro di altrettante, sarà mio impegno garantire maggiori servizi e una organizzazione del lavoro tali da consentire ai genitori una migliore assistenza dei propri figli, senza per questo interrompere necessariamente l’orario di lavoro.
In questo quadro il ruolo di coordinamento del Dipartimento per le Pari opportunità sarà rafforzato e si orienterà verso azioni che dovranno garantire una diffusione equilibrata, su tutto il territorio nazionale, dei servizi per la conciliazione per evitare fuoriuscite dal mercato del lavoro delle giovani madri, anche con sussidi monetari per la frequentazione di asili nido, per incoraggiare le donne disoccupate alla ricerca attiva di lavoro e, soprattutto, creare nuove e qualificate opportunità di lavoro nel settore della cura delle persone e dei servizi per la famiglia e la comunità.
Sempre in materia di occupazione femminile, l’Ufficio della Consigliera Nazionale di Parità è impegnato a sviluppare ed incrementare i provvedimenti adottati in sede comunitaria per promuovere attività di informazione e formazione, coerentemente con i piani strategici “Europa 2020” e “Italia 2020”. E’ a regime l’Osservatorio sulla Contrattazione decentrata e una Banca dati sull’attività giudiziale e stragiudiziale che attua un monitoraggio costante su tutta l’attività di conciliazione e di contrasto alle discriminazioni, supportata da un’assistenza di carattere giuridico. Nell’ambito dell’Osservatorio , una parte fondamentale è dedicata alla possibile applicazione del salario di produttività inteso come strumento di flessibilità, utile alla conciliazione vita/lavoro. Il razionale di questo processo è la valorizzazione della flessibilità concertata, mentre l’idea cardine è quella di fare leva su strumenti alternativi di sostegno al reddito per creare un modello innovativo e complementare ai sistemi di remunerazione più tradizionali. Ricordo infine la Carta delle pari opportunità e uguaglianza promossa da tutte le consigliere di parità e sottoscritta da numerose parti sociali ed aziende.
7. Politiche per la conciliazione dei tempi di vita e lavoro
La conciliazione tra tempi di vita e di lavoro rappresenta senza dubbio una delle politiche che meglio coniuga le diverse competenze del mio mandato e mi consente di affrontare, e di riprendere in maniera unitaria, la questione dell’occupazione femminile e quella del lavoro di cura familiare, delle responsabilità personali e di quelle professionali, troppo spesso vissute come antitetiche. Vorrei tuttavia evidenziare che considero il problema della conciliazione non solo ed esclusivamente femminile: mi piace pensare che la cura dei figli e i conseguenti congedi parentali/genitoriali siano profili condivisi all’interno della coppia, in una scelta che può essere pertanto anche maschile.
Un recentissimo studio dell’Istat, pubblicato a fine 2011, su “Conciliazione tra lavoro e famiglia” rileva l’entità del fenomeno: sono circa 15 milioni 182 mila (il 38,4% della popolazione di riferimento) le persone che nel 2010 dichiarano di prendersi regolarmente cura di figli coabitanti minori di 15 anni, oppure di altri bambini, di adulti malati, disabili o di anziani.
In questo quadro si inseriscono le iniziative che intendo assumere a breve per sviluppare ancor di più le politiche di conciliazione (e condivisione) dei tempi di cura e di lavoro e per avviarne di nuove. Il ruolo di coordinamento del Dipartimento per le Pari opportunità sarà rafforzato e si orienterà verso azioni che dovranno garantire una diffusione equilibrata, su tutto il territorio nazionale, dei servizi per la conciliazione per evitare fuoriuscite dal mercato del lavoro delle giovani madri, per incoraggiare le donne disoccupate alla ricerca attiva di lavoro e, soprattutto, creare nuove e qualificate opportunità di lavoro nel settore della cura delle persone e dei servizi per la famiglia e la comunità.
Nell’ambito del Piano Italia 2020 per l’occupabilità, è stato sottoscritto l’Avviso comune 8 marzo 2011 con le parti sociali per individuare e condividere una serie di strumenti utili nell’ambito del mercato del lavoro, per favorire la flessibilità lavoro/famiglia e quindi la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Essendo necessario incentivare procedure e prassi virtuose legate alle relazioni industriali attraverso la sperimentazione di strumenti flessibili per sostenere le donne nel mercato del lavoro. In tal modo la promozione della flessibilità organizzativa può tradursi in maggiore e miglior bilanciamento tra tempi di vita e di lavoro e può consentire alle aziende, ai lavoratori e alle lavoratrici, di essere maggiormente produttivi e di concorrere così al buon andamento dell’impresa. Un tema che mi sembra innovativo e paritetico attiene infine all’incentivo al congedo parentale anche maschile, in una corretta divisione degli oneri e della curatela dei figli all’interno della coppia.
In questo contesto, vorrei inoltre rassegnare l’impegno a diffondere l’informazione e la consapevolezza su istituti che già esistono nella nostra legislazione, ma di cui le persone a cui sono diretti non hanno sempre concreta consapevolezza. Mi riferisco, per esempio, alla già citata legislazione, composta da numerosi atti normativi, sulla tutela della maternità, della paternità e sui congedi parentali. Tali norme prevedono specifiche misure ed incentivi alla tutela universalistica della maternità, della conciliazione tra lavoro e famiglia, del sostegno delle madri che non hanno mai lavorato, del riconoscimento dei diritti e doveri dei padri. Ricorderei, in questa sede, anche le importanti provvidenze previste per i genitori di ragazzi disabili, con un congedo pagato fino a due anni per coloro che hanno figli con handicap grave.
8. Prevenzione, salute, sicurezza e vigilanza
Il recente Testo Unico in materia di prevenzione e sicurezza sul lavoro consente di garantire interventi appropriati che realizzino le condizioni per l’equità di genere, ambito fortemente trascurato dalla legislazione previgente. E’ stata introdotta nell’ambito della valutazione dei rischi lavorativi una necessaria attenzione al genere: la valutazione della diversità è divenuta un obbligo rivalutando in particolare la ricerca scientifica e la discussione sul tema della differenza di genere e sulla loro incidenza nel campo della salute nel suo complesso e nel lavoro come fattore derivato.
Sono stati predisposti e avviati gruppi di lavoro e Commissioni per seguire tutto l’iter dei regolamenti attuativi delle linee guida, così come è stata strutturata una rete di partnership con Inail, la Direzione generale ispettiva del Ministero del Lavoro, le associazioni impegnate nella tutela della diversa abilità lavorativa. I tavoli tecnici di studio ha ritenuto opportuno approfondire la tematica dei rischi connessi alle differenze di genere e fornire alcune indicazioni agli operatori del mercato del lavoro, con l’intento di aprire un confronto e fornire un contributo alla Commissione preposta, che ne ha recepito i contenuti. E’ pertanto fondamentale ora assicurare e vigilare sull’applicazione della risoluzione concordata in sede di commissione consultiva, approvata il 21 settembre scorso, rispetto la realizzazione di attività di prevenzione, per la validazione delle buone prassi, così occorre verificare che nei moduli formativi sempre in tema di prevenzione e sicurezza sul lavoro siano presenti i temi della cultura e criteri di genere. I nostri Uffici sono attivi in questa opera di applicazione di regole nell’ambito di una materia decisamente sensibile e rilevante.
In particolare, gli Uffici della Consigliera nazionale di parità hanno attivato un tavolo con le parti sociali e le organizzazioni del volontariato per sviluppare politiche attive a tutela dei lavoratori e lavoratrici affette da patologie oncologiche e invalidanti. Si sono in tal senso già realizzate attività sia di impatto contrattuale, sia sui luoghi di lavoro.
Tengo ad evidenziare come il Ministero del Lavoro dedichi particolare attenzione all’attività ispettiva, volta all’accertamento delle discriminazioni sui luoghi di lavoro e alle violazioni delle disposizioni concernenti la tutela, nello specifico, delle lavoratrici madri e dei lavoratori disabili, con riferimento sia ai profili di tutela economica, sia a quelli di tutela fisica. Il nostro personale ispettivo è chiamato a svolgere la vigilanza speciale sull’osservanza delle disposizioni di legislazione sociale poste a tutela dei lavoratori in situazioni di specifica sensibilità, con attenzione per esempio alle lavoratrici in stato di gravidanza. La rilevazione di fenomeni discriminatori sui luoghi di lavoro, oltre a rientrare nell’ambito dell’ordinaria attività di vigilanza posta in essere dagli ispettori del lavoro, costituisce oggetto di verifiche nell’ambito di vigilanze straordinarie rivolte a settori e contesti maggiormente caratterizzati dall’esistenza di fenomeni discriminatori.
Per quanto concerne il profilo della tutela delle lavoratrici madri, ricordo che su tale tematica è costantemente concentrata l’attività ispettiva degli Uffici territoriali, con particolare attenzione al fenomeno delle dimissioni della lavoratrice madre/lavoratore padre. Tali dimissioni devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio nel periodo di vigenza del divieto di licenziamento, ossia nell’arco temporale compreso tra l’inizio della gravidanza ed il compimento del primo anno di vita del bambino.
Un tema a cui tengo moltissimo, che inserisco in chiusura ma che ritengo di grande importanza, e pertanto vorrei ribadire come prioritario nell’azione del Ministero, è relativo alle cosiddette dimissioni in bianco, in un’ottica di affermazione della libertà contro ogni forma di soggezione e costrizione dei lavoratori e delle lavoratrici. Vogliamo riprendere questo tema per arrivare ad una regolamentazione che , in modo corretto ed efficace disincentivi e contrasti l’uso di questa pratica purtroppo ancora diffusa su tutto il territorio nazionale.