Audizione di rappresentanti di Cittadinanzattiva, di Transparency International Italia e dell’Associazione nazionale costruttori edili (ANCE)

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QUINTILIANO VALENTI, Rappresentante di Transparency International Italia. Buongiorno. Sono Quintiliano Valenti, vicepresidente di Transparency International. È con me il collega professor Zaniboni, con il quale dividerò l’intervento. Io parlerò in termini più generali, mentre il professor Zaniboni parlerà più in particolare dei problemi che interessano le Commissioni.

Noi definiamo la corruzione come l’abuso del potere istituzionale per vantaggi privati. Il problema della corruzione è un problema generale, mondiale, che non può essere risolto nell’ambito di un singolo Stato. La soluzione, se mai ci sarà, o la riduzione dei fenomeni di corruzione la si potrà ottenere – ne siamo convinti – in un contesto internazionale.

Noi siamo il Paese dei favori e delle raccomandazioni. Per Transparency International i favori e le raccomandazioni sono atti corruttivi, quindi occorre fare un cambio culturale notevolissimo se si vuole risolvere il problema.

La corruzione entra anche nei fenomeni finanziari che ci stanno assillando ultimamente. Dobbiamo pensare che, per esempio, un cambiamento dei nostri indici di percezione della corruzione influenza direttamente il costo del debito, quindi il costo globale per l’azienda Italia; un quarto di punto di variazione del currency CDs comporta un costo, per l’azienda Italia, di 4 miliardi di euro. Quando noi valutiamo il grado di corruzione di un Paese, questa valutazione entra nei rating dei vari istituti bancari e in conseguenza penalizza o premia il Paese.

Noi siamo i rappresentanti della società civile che si sono occupati della corruzione in maniera formale, standardizzata, da circa venti anni. Abbiamo visto che per combattere il fenomeno bisogna prima poterlo misurare.

Quanto alle dimensioni della corruzione, in particolare, per quanto riguarda l’Italia, dare un numero che quantifichi cosa vuol dire la corruzione oggi è estremamente difficile. Noi ci asteniamo dal darlo, però sappiamo che in Italia esiste questo problema culturale, una corruzione endemica che è estremamente difficile da combattere.

Noi sappiamo che per risolvere un problema dobbiamo prima misurarlo. I nostri indici di misurazione (Corruption perception index, Bribery index e Global corruption report) sono documenti noti a livello mondiale che sono stati da noi emessi.

Come ci comportiamo per il contrasto alla corruzione? Innanzitutto abbiamo un approccio preventivo, vale a dire cerchiamo di incoraggiare nelle scuole il ritorno all’etica dei comportamenti come elemento di studio. Inoltre, abbiamo una serie di indicazioni di dettaglio, che però valgono per la generalità dei processi, le business practice per il contrasto della corruzione. In ogni processo c’è la fase di concezione fino alla parte realizzativa; noi analizziamo queste fasi e per ognuna di esse cerchiamo di individuare l’aspetto preventivo e l’aspetto sanzionatorio. Quando un’azienda ha adottato questo sistema di business practice di Transparence international, automaticamente i rischi aziendali sono posti sotto controllo, dunque si ha un effetto sulla bottom line, sul risultato economico dell’iniziativa.

In Italia abbiamo in essere una collaborazione con ANCI e SAET, che prevede la diffusione di questi concetti, inclusi i patti di integrità, che sono un nuovo metodo della contrattualistica generale.

Dicevo prima che i problemi della corruzione si risolvono se li mettiamo in un contesto internazionale, mondiale. Noi abbiamo ratificato la Convenzione UNCAC (United Nations Convention against corruption).

Siamo oggetto di controlli da parte del GRECO, il gruppo europeo di Stati contro la corruzione; il mio collega elaborerà le nostre raccomandazioni riguardo a questo controllo.

Abbiamo la necessità e ci appelliamo a tutti voi perché le azioni che ci sono richieste a livello internazionale, e che abbiamo già ratificato, abbiano il seguito adeguato per un’applicazione di dettaglio che ci dia la credibilità necessaria per non incorrere in quelle penalizzazioni finanziarie che adesso sono estremamente severe.

Bauman diceva che l’etica è quell’approccio mentale di una mente calcolatrice dopo aver fatto bene i propri conti. In altre parole, a lungo termine l’etica, l’anticorruzione pagano, non sono un costo, anzi danno un ritorno, ma bisogna crederci ed essere credibili verso le autorità internazionali che si muovono con noi.

In Italia stiamo raccomandando di rivedere le attività nelle amministrazioni dello Stato, individuare i punti negativi presenti, cercare di pianificare queste operazioni di pulizia e di diffusione dell’etica, in modo da ottenere sulla scena internazionale una credibilità e una reputazione che sono fondamentali per l’azienda Italia in questo particolare momento.

Lascerei la parola al professor Zaniboni.

PRESIDENTE. Mi scusi, professor Zaniboni. La pregherei di contenere il suo intervento in tempi ristretti, poiché le Commissioni devono svolgere altre audizioni. La ringrazio.

EUGENIO ZANIBONI, Rappresentante di Transparency International Italia. Grazie, presidente.

Il nostro vicepresidente ha sottolineato il contesto internazionale in cui va collocato il disegno di legge in discussione. Non dimentichiamo che stiamo parlando di un fenomeno che è stato quantificato dalla Corte dei conti, solo due anni fa, in 50-60 miliardi di euro.

Noi ci siamo chiesti se questo disegno di legge corrisponda alle esigenze del Paese in questo momento. Da un lato, è vero che il fenomeno della corruzione interessa tutti gli Stati e può essere combattuto soltanto a livello internazionale. Non dimentichiamo che l’articolo 83 del Trattato di Lisbona inserisce la corruzione tra i reati gravi su cui direttamente in Europa si può prendere una decisione sul da farsi.

Abbiamo anche ratificato, come si è detto, la Convenzione UNCAC del 2003 contro la corruzione, che è molto importante. Abbiamo avuto soltanto due mesi fa la visita del GRECO che ci ha detto che ben sette raccomandazioni non sono state prese in considerazione dall’Italia. Poiché l’8 ottobre avremo un’altra visita e il tempo stringe, noi chiediamo semplicemente di adempiere in maniera precisa e puntuale alle raccomandazioni del GRECO, l’organo europeo che si occupa di corruzione.

Quali sono, in sintesi, le raccomandazioni? Innanzitutto, codice di condotta per i politici e per i ministri. Inoltre, norma sul conflitto di interesse; in particolare, noi chiediamo di prevedere norme – non sono presenti in questo disegno di legge – che riguardano il fenomeno delle Revolving Doors o «pantouflage»: si assume un incarico al privato al termine dell’esercizio di un incarico pubblico che può nascondere un fenomeno di corruzione.

Inoltre, chiediamo di rafforzare il fenomeno che noi chiamiamo delle «vedette civiche», in inglese whistleblower. Un articolo inserito al Senato, l’articolo 4, prevede una sorta di immunità soltanto per il dipendente pubblico e non si vede per quale motivo questa previsione non si debba estendere anche al privato.

La corruzione nel settore privato è fondamentale e c’è una convenzione, non ancora ratificata dall’Italia, che potrebbe risolvere molti problemi. Chiediamo di rafforzare il ruolo dell’autorità prevista – e ci associamo, in questo, a quanto si diceva prima sulla possibile non totale indipendenza dell’autorità CiVIT – sul piano investigativo, perché la Convenzione UNCAC ci chiede anche di nominare un’autorità con poteri investigativi, inquirenti in questo settore.

Inoltre, ed è l’aspetto che forse ci sta più a cuore, dalle statistiche sappiamo che nell’84 per cento dei reati finanziari che giungono a compimento di tutti e tre i gradi di giudizio le condanne non sono eseguite per prescrizione.

Il GRECO ci chiede di ampliare – come la convenzione ONU chiede a tutti gli Stati in maniera perentoria – i termini di prescrizione e di decadenza per i reati finanziari, ivi compresa la corruzione. Grazie.

VINCENZO BONIFATI, Rappresentante dell’ANCE. L’ANCE valuta molto positivamente questo provvedimento e ritiene che costituisca un passo in avanti per il contrasto alla corruzione. In particolare, noi siamo interessati all’articolo 5, che tratta un argomento che abbiamo dibattuto più volte e che per il settore dell’edilizia nel nostro Paese è di vitale importanza. Abbiamo distribuito un documento per cercare di essere molto chiari su questo punto.

Di fronte alla riconosciuta inefficacia della certificazione antimafia, il Parlamento, l’Esecutivo e le autorità preposte al controllo del territorio stanno da tempo compiendo un’attenta riflessione sugli strumenti più efficaci per impedire l’infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia. Lo stesso obiettivo è perseguito dalle imprese che, a loro volta, hanno il bisogno di proteggersi dai tentativi criminali delle organizzazioni mafiose.

Premesso che non è intenzione dell’ANCE proporre alcuna sostituzione o modifica delle normali procedure di controllo antimafia attualmente in vigore, si ritiene però necessario ampliare gli strumenti di controllo a disposizione delle autorità concentrando l’attenzione su quelle attività nelle quali risulta più frequente l’incidenza delle organizzazioni criminali.

La realtà dimostra, infatti, che l’infiltrazione malavitosa riguarda principalmente i sub-contratti a valle dei contratti principali, non fosse altro perché il fenomeno mafioso si manifesta attraverso il controllo capillare del territorio, mediante l’esercizio di specifiche attività economiche, commerciali e imprenditoriali, di facile accesso e non particolarmente complesse, anche per fini di riciclaggio. Si tratta di quelle attività strutturalmente radicate sul territorio e potenzialmente idonee a intercettare qualsiasi intervento, pubblico o privato, nelle specifiche zone di influenza di ogni singola organizzazione criminale.

Per tali attività, quindi, appare necessario creare a livello prefettizio, in ciascun ambito territoriale, un elenco dei soggetti per i quali sia escluso il tentativo di infiltrazione mafiosa e tra i quali le imprese operanti in quello stesso territorio possano scegliere il proprio partner commerciale.

Questa strada, che l’ANCE percorre insieme a Confindustria e che è stata condivisa sin dal maggio 2009 anche dalla Procura nazionale antimafia, è stata accolta dal Governo nei provvedimenti per la ricostruzione post-terremoto in Abruzzo, per i lavori relativi all’Expo 2015 e per il Piano straordinario delle carceri, ed è contenuta nell’articolo 5 del disegno in esame già approvato dal Senato il 15 giugno 2011. Si tratta della definizione delle «attività di impresa particolarmente esposte al rischio di inquinamento mafioso» e la loro elencazione finalizzata alla definizione degli elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a rischio di inquinamento mafioso previsti da ultimo dall’articolo 4, comma 13, del decreto-legge 13 maggio 2001, n. 70 convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, il cosiddetto «decreto sviluppo».

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