Audizione di rappresentanti della Banca d’Italia

 

Lascerei alla dottoressa Bianco il compito di svolgere alcune riflessioni più specifiche sull’intervento di riforma. Concluderemo poi con due brevissime notazioni sul campo strettamente penalistico.

MAGDA BIANCO, Dirigente del servizio studi di struttura economica e finanziaria della Banca d’Italia. Svolgo alcune osservazioni molto sintetiche sull’intervento di riforma nel disegno di legge approvato dal Senato, modificato rispetto al disegno di legge originario che avevamo commentato in precedenza.

Un’osservazione generale, che riprende quella che ha svolto poco fa il dottor Donato, è che riteniamo molto importante un intervento in questa materia in un momento in cui tutte le misure che offrono ricadute in termini di crescita sono particolarmente importanti in generale nel nostro sistema e anche come meccanismo all’esterno per rafforzare la nostra credibilità sul piano internazionale.

Crediamo che questo sia un intervento importante e che vada approvato con grande urgenza. Esso deve essere accompagnato, come affermavamo all’inizio, da interventi sui fattori di contesto, alcuni dei quali molto difficili da affrontare come la criminalità organizzata, ma altri su cui si può agire e su cui qualcosa si sta facendo. Mi riferisco all’intervento sugli oneri burocratici a carico delle imprese e sulla semplificazione normativa. Sul primo fronte si è agito in parte con la manovra e occorre procedere in quella direzione.

Sulle misure specifiche contenute nel disegno di legge abbiamo alcune indicazioni per alcuni versi preliminari e comunque molto sintetiche.

La prima riguarda la scelta di attribuire le competenze dell’Autorità nazionale anticorruzione alla CiVIT, che riteniamo migliorativa rispetto alle scelte contenute nel testo precedente, in quanto organismo indipendente. Le raccomandazioni del Consiglio d’Europa deponevano per un’Autorità ancora più indipendente e capiamo che ci sono alcuni trade-off in questo caso. La costituzione di autorità nuove e completamente indipendenti è costosa e difficile in un sistema in cui ogni intervento richiede un finanziamento.

Affidare l’incarico alla CiVIT comunque pone sicuramente al momento un problema di risorse da dedicare a questo compito impegnativo, che addirittura richiede compiti aggiuntivi. Si porrà un problema, ma se ne aggiunge uno anche sul sistema delle nomine, che forse va rafforzato per rendere effettivamente la CiVIT in misura maggiore un’Autorità indipendente, con un sistema più simile a quello delle altre Autorità.

Come osservavamo ancora in precedenza, occorre in ogni caso una valutazione delle molte richieste che in quest’ambito direttamente dalla CiVIT o attraverso la funzione pubblica vengono rivolte alla pubblica amministrazione per evitare il rischio di introdurre ulteriori adempimenti che rimangano puramente formali, come il Piano annuale anticorruzione. Sono tutti meccanismi importanti, che devono essere disciplinati in modo adeguato perché non siano un’aggiunta al Piano triennale per la trasparenza e al Piano triennale per la performance e non diventino per la pubblica amministrazione solo ulteriori oneri burocratici da adempiere in modo puramente formale.

La gestione di queste molteplici richieste, ciascuna delle quali svolge una sua funzione, alla pubblica amministrazione va coordinata per evitare che essa si trovi un eccesso di oneri burocratici da gestire in modo puramente formale.

Come asseriva il dottor Donato, la questione della trasparenza, nella pubblica amministrazione per noi è importantissima ed è un meccanismo fondamentale per combattere la corruzione. Le disposizioni contenute nell’articolo 2 sono rilevanti e vanno nella direzione giusta. Anche secondo quanto riporta il Compliance Report del GRECO forse non sono ancora sufficienti e adeguate. Sia pure in presenza di previsioni normative, le quali dovrebbero imporre meccanismi di trasparenza, non sempre le disposizioni vengono completamente rispettate o comunque incontrano ostacoli soprattutto a livello locale nelle pubbliche amministrazioni. Forse occorrerebbe un rafforzamento sia della disciplina, sia delle possibilità di sanzioni per i responsabili delle procedure che non adempiono adeguatamente alla disponibilità di informazioni in modo da assicurare sufficiente trasparenza almeno sulle procedure che riguardano i diretti interessati.

Sul conflitto di interessi la disciplina è adeguata. Riteniamo che anche questo sia un miglioramento significativo della situazione esistente, la quale richiedeva sicuramente un intervento, soprattutto in merito alla disciplina del conflitto di interessi per i soggetti che escono dalle pubbliche amministrazioni. Anche in questo caso occorre una cautela sia in difetto, sia in eccesso. È un problema importante, non facilissimo da affrontare e che richiede una disciplina attenta perché sia effettivamente efficace e consenta di tenere conto di tutte le situazioni potenzialmente in conflitto di interessi, senza naturalmente eccedere e finire per diventare un aggravio e un peso per situazioni, che, invece possono essere fisiologiche.

Un’altra questione che riteniamo apprezzabile è l’introduzione di un meccanismo di protezione degli informatori, dei cosiddetti whistleblower, che non era presente in precedenza. Se è apprezzabile l’introduzione, forse anche in questo caso la norma rischia, però, di essere un po’ generica e, quindi, di non offrire una tutela effettiva ed efficace per i soggetti che agiscono da informatore e di non prevenire possibilità di elusione.

Non viene ancora presa in considerazione una questione che avevamo suggerito in precedenza, ossia la possibilità di introdurre programmi di clemenza, non solo di informazione, ma di rottura dei meccanismi collusivi tra corrotto e corruttore.

Sull’articolo 5 condividiamo l’approccio alla white list nei settori particolarmente a rischio con una precisazione. Temiamo che un elenco preciso dei settori non sia comunque un elenco esaustivo. Si afferma che poi l’elenco verrà aggiornato, però occorre almeno chiarire che è un elenco esemplificativo, ma che ovviamente ci sono altre attività che possono essere esposte al rischio di infiltrazione.

Sottolineiamo poi l’importanza che le banche dati che si creano, in questo caso con le white list, in questi settori si parlino fra di loro, per esempio con la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, che era prevista all’interno del vecchio disegno di legge e che adesso è stata scorporata. Non si deve correre il rischio, che abbiamo visto in tanti altri settori, di creare banche dati localizzate e a volte disperse sul territorio, che non si parlano e che, quindi, non svolgono efficacemente la funzione che era loro attribuita.

Sul fronte della repressione si esprimerà Luigi Donato.

LUIGI DONATO, Capo del servizio rapporti esterni e affari generali di vigilanza della Banca d’Italia. Svolgo due rapidissime battute. In realtà, nel passaggio dai due rami del Parlamento non vi è stato un rafforzamento dell’apparato sanzionatorio. Tornerei sulla mia indicazione iniziale dell’importanza, dal nostro punto di vista, di concepire la corruzione innanzitutto come un reato plurioffensivo e, quindi, di non limitarla alla mera difesa della pubblica amministrazione. A noi sembra che il danno maggiore sia nei confronti dell’economia.

Andrebbe forse valorizzato questo profilo di turbativa dell’ordinato funzionamento di sviluppo dell’economia, configurandolo come una terza gamba di altri reati molto più gravi, quali l’associazione a delinquere di stampo mafioso e l’ingresso nell’economia legale da parte dell’economia criminale e la stessa turbativa dell’illecita concorrenza.

Guardando questi reati, si capisce che il danno della corruzione è forse anche maggiore, ma che l’attenzione da un punto di vista penale non è uguale. Segnalo, per esempio, che da un punto di vista economico non ha molto senso prevedere una gradazione di gravità per cui il peculato è un reato molto più grave della corruzione. Da un punto di vista economico non si giustifica questa attuale situazione di ventaglio sanzionatorio.

Riprendo altre due rapidissime annotazioni che abbiamo svolto al Senato. Ci sembrano anguste le nozioni di pubblico ufficiale e di atto d’ufficio. Riportandoli in un mondo moderno, in cui i confini e gli atti si sono complicati, ci sembra che andrebbe avviata, se possibile, una riflessione per allargare questi due concetti, che sono determinanti per l’applicazione delle norme penali, in relazione anche alla Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione, la quale prevede una nozione molto più ampia di quella italiana.

L’ultimissima annotazione riguarda la condotta del pubblico ufficiale infedele, che viene attualmente sanzionata esclusivamente rispetto all’infedeltà nei confronti della pubblica amministrazione. È assente una sanzione specifica, un punto di attacco per quanto riguarda il comportamento finanziario, quindi la fase finanziaria. Ritorniamo su una richiesta che è già stata avanzata dal Governatore della Banca d’Italia nel luglio 2009 alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia, quella dell’introduzione di un reato di autoriciclaggio.

Al di là dell’importanza di uno strumento del genere per entrare nella dinamica finanziaria di forme di criminalità veramente perniciose come quelle della corruzione, si pone anche il fatto che nella normativa di prevenzione, quella amministrativa del decreto legislativo n. 231 del 2007, la condotta di autoriciclaggio è rilevante per tutto l’apparato di interventi, di controlli e di segnalazioni di operazioni sospette e anche addirittura di sanzioni, sia pure amministrative.

Questo doppio binario andrebbe risolto nel senso che un passaggio davvero strategico sicuramente, a nostro giudizio, sarebbe l’introduzione dell’autoriciclaggio anche nella prospettiva di contrastare i fatti di corruzione.

PRESIDENTE. Grazie, dottor Donato. Se non ci sono domande, ringraziamo i rappresentanti della Banca d’Italia, anche per il contributo scritto che invieranno alla presidenza nei prossimi giorni.

Dichiaro conclusa l’audizione.


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